Le canzoni diventeranno sempre più corte?
Gran parte dell’intrattenimento online ha assunto le fattezze di un prodotto usa e getta: lo consumiamo nel minor tempo possibile e con il minor sforzo possibile, assecondando nel frattempo i nostri gusti e le nostre convinzioni. Che ci piaccia o meno, ci stiamo abituando al ritmo dettato dagli algoritmi delle piattaforme di streaming e dei social network, i quali, tra l’altro, sono nel bel mezzo di una crisi d’identità.
Sta accadendo tutto in fretta, ed è proprio a causa di tale fretta che la nostra soglia dell’attenzione è calata a una velocità sorprendente. Se diamo un’occhiata alla musica del 21esimo secolo, la durata media delle canzoni più popolari è scesa di circa 50 secondi in poco più di vent’anni: si è passati dai 2 minuti e 45 secondi del 2000 al minuto e 57 secondi del 2022, e il dato continua a scendere. [Qui]
L’accorciamento delle canzoni diventa più evidente a partire dal biennio 2017-2018, cioè da quando TikTok si è pian piano intromesso nel nostro rapporto con la musica, mischiandola con l’intrattenimento istantaneo dei social network. Non a caso, le canzoni – o sarebbe meglio dire i ritagli di canzoni – che hanno più successo su TikTok durano in media 19,5 secondi. [Qui]
Inoltre, avere a portata di mano un catalogo musicale sconfinato può renderci meno pazienti, e quindi più inclini a “skippare”, cioè a saltare di brano in brano dopo pochi secondi di ascolto. Se non ci piace una canzone, o comunque non è adatta ad accompagnare ciò che stiamo facendo, sappiamo che ci sono milioni e milioni di alternative.
Di conseguenza, ascoltare un album dall’inizio alla fine sta diventando un’abitudine in via d’estinzione, quasi al pari dell’acquisto degli stessi dischi – fatta eccezione, forse, per il recente revival del vinile. Il mercato va in un’altra direzione, che è quella dei singoli, dei featuring e della ripetizione in loop della stessa canzone. D’altronde, se la durata media di un brano è di due minuti, non ci resta che riprodurlo più e più volte per sentirci appagati.
Ciò che possiamo fare, quindi, è domandarci se e quanto l’accorciamento delle canzoni mainstream continuerà a farci compagnia. Beh, a meno che l’industria discografica non collassi improvvisamente, è probabile che le piattaforme di streaming continuino a dominare e a indirizzare il mercato ancora per un po’. Lo fanno da circa un decennio, e al momento rappresentano circa l’85% degli incassi. Lo stesso discorso vale per TikTok, che, al netto della recente decisione della Commissione Europea, ha avuto un’influenza fin troppo evidente sui suoi concorrenti e sulle nostre abitudini musicali.
Tuttavia, è altrettanto plausibile che tra qualche anno non ci ritroveremo a canticchiare singoli di 35 secondi, né tanto meno a perdere del tutto la nostra capacità di concentrazione. Il futuro lo stiamo già scrivendo, e non è detto che sarà più arido o meno genuino del passato. Seppur con rivisitazioni, ripescaggi di sonorità e ritornelli a tutto volume, si tratterà pur sempre di arte, e non di matematica – a meno che l’intelligenza artificiale non sviluppi la sensibilità artistica di Paul McCartney o Peter Gabriel; in tal caso abbraccerei più che volentieri la retorica del “signora mia, dove andremo a finire?”.
Per il momento, parafrasando una delle scene più “memate” da noi millennial, potremmo dire semplicemente che le cose cambiano, si evolvono. E pure in fretta. Forse troppo in fretta.

Era impossibile che la fruizione di massa della musica – come di qualunque prodotto “culturale” – non cambiasse. Se hai tutto a disposizione, la tua attenzione è continuamente distratta da altro. La curiosità diventa un’ossessione, la concentrazione scompare in qualche secondo. Il “piacere” è legato alla sensazione di pura superficie. Questa cosa cambia i processi non solo di fruizione, ma di apprendimento. Sai tantissime cose, non ne sai nessuna realmente, perchè l’approfondimento è continuamente ostacolato dalle sirene della novità, che non devi più sbatterti a cercare: è lì, pronta, e diventa vecchia – anche lei – in pochi istanti. Questo è terribile e magnifico al tempo stesso, ma temo non vi sia nulla di solo terribile o di solo magnifico. La profondità di pensiero, la speculazione, si insinueranno nelle pieghe dell’usa e getta come un virus, attingendo ad un miscuglio tra cultura novecentesca (o comunque predigitale) e intelligenza artificiale. Non tutto il bene verrà per giovare, ma non tutto il male verrà per nuocere.