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Kickin’ Up A Fuss è un pop sofisticato e bislacco che si poggia su un’ipotetica telefonata con la reception di un hotel scalcinato. L’ospite fa un po’ i capricci – sì, come Bruno Barbieri in 4 Hotel – ed è alle prese con i suoi demoni. La frase “I don’t want to be somebody else, but I don’t want to be myself” è emblematica: Brian Christinzio, in arte BC Camplight, riassume così i problemi personali che l’hanno accompagnato nell’ultimo periodo e che l’hanno condotto a Manchester, città dalla quale pare aver assorbito il mood umido e disincantato.

Il pezzo fa parte dell’ultimo album del cantautore del New Jersey, The Last Rotation Of Earth, uscito il 12 maggio. Un album che non parla di redenzione, di cure miracolose o del farsi una nuova vita, bensì dell’immutabile condizione umana. È come se Christinzio elaborasse tutto ciò che gli è accaduto nell’ultimo biennio – la morte del padre, la separazione con la fidanzata dopo nove anni di convivenza e un esaurimento nervoso – mettendosi a nudo, senza alcun filtro.

Ne esce fuori un disco pregiatissimo, che sa cullare e spiazzare l’ascoltatore. Basti pensare alle linee vocali della già citata Kickin’ Up A Fuss: si passa dal rassicurante tono baritonale di Jim Kerr ai guizzi stralunati di Brian Wilson, e in mezzo ci sono addirittura degli intermezzi parlati che stanno in bilico tra lo sproloquio e la psicanalisi.
Insomma, come suggerisce il titolo, BC Camplight fa sì il diavolo a quattro, ma lo fa mettendo in fila pensieri, parole e melodie con una lucidità e una saggezza disarmanti.

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Paolo Moneti

Sono un pendolare incallito a cui piacciono un sacco le lingue straniere e i dialetti italiani. Tra un viaggio e l’altro passo il mio tempo a insegnare, a scrivere articoli e a parlare davanti a un microfono. Attualmente collaboro con Eleven Sports, Accordi & Spartiti, Periscopio e Web Radio Giardino.

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