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A PROPOSITO DI BOLOGNA 30

Quello che ha fatto Bologna fa parte di quelle strategie vincenti messe in campo da molte città europee, da ormai più di venti anni, per realizzare una mobilità veramente sostenibile e non può che essere giudicato in termini positivi.

È solo l’inizio di questo percorso (cartelli stradali e controlli) che, se vogliamo raggiungere il traguardo di una vera sostenibilità e della conversione ecologica, dovrebbe evolvere verso un ridisegno della città e verso forme di mobilità che lascino sempre meno spazio alle automobili, soprattutto per gli spostamenti brevi che sono, statisticamente, i più numerosi.

I dati evidenziano che il 73,9% dei percorsi a Bologna ha origine e destinazione entro i confini comunali, sottolineando l’importanza di concentrarsi sulla mobilità locale. La distribuzione degli spostamenti per lunghezza mostra una chiara prevalenza a breve e medio raggio, con il 32,4% a distanze inferiori a 2 km e il 42,7% a scala urbana (2-10 km).

Il progetto “Città 30” è dettagliatamente delineato nel Volume Due del Piano Particolareggiato (aprile 2023), che fornisce analisi approfondite e modalità di implementazione. Si prevede di eliminare il traffico di attraversamento, ridurre le velocità su scala urbana e proteggere attrattori sensibili come le ‘zone scolastiche’. L’obiettivo è individuare e riqualificare le ‘zone residenziali’, oltre a identificare e migliorare i luoghi di incontro/socializzazione.

Come ecologisti possiamo capire che per tanti bolognesi, abitanti orgogliosi della Motor Valley tanto promossa e difesa da Bonaccini & C., possa essere doloroso modificare qualcosa nella nostra ossessiva dipendenza dall’automobile. D’altra parte, come dice il sito turistico della Regione Emilia-Romagna, “in questa regione la passione per le corse e i motori scorre nelle vene”.
È proprio questa ossessione il nostro problema ed è la patologia da curare, non da far progredire, dando fiato alle posizioni più estreme e forcaiole della destra bolognese che cavalca i dubbi e l’ignoranza di tanti cittadini. Ovviamente guidati dal ‘Capitano’ che fra una pasta da difendere e un salame da abbracciare è oramai in pieno stato confusionale (richiamato alla realtà anche dai suoi sindaci e dai 13 milioni stanziati per questi progetti dal Ministero di cui è a capo).

È opportuno riflettere sull’andamento incoerente che ha caratterizzato per anni il dibattito sulla mobilità sostenibile, ricordiamo il referendum sulla pedonalizzazione nel centro di Bologna, da una parte, l’eccessiva presenza di veicoli e del loro utilizzo, la fervida volontà, dall’altra, di promuovere ad ogni costo il Passante di Mezzo, l’ennesimo e inutile, ampliamento del fascio tangenziale – autostrada. Una scelta che risulta non solo poco praticabile, ma anche estremamente dannosa e inquinante, come emerge chiaramente dai dati relativi agli spostamenti precedentemente citati.

L’Amministrazione comunale di Bologna sicuramente avrebbe potuto e dovuto fare meglio, da luglio a oggi, costruire una visione, a trasferire orgoglio civico ai cittadini per una transizione energetica ed ecologica della città (Bologna aderisce anche alla Missione Clima dell’Europa per una città decarbonizzata al 2030 invece che al 2050). Tutte critiche che è giusto avanzare, ma questo non può oscurare un progetto che dimostra la fattibilità di un modello diverso di mobilità e di città anche in Italia e in Emilia-Romagna, un modello ambientalmente e socialmente sostenibile, con un buon sistema di trasporto pubblico e con ampie possibilità di migliorare la pedonalità e la ciclabilità.

Rete Giustizia Climatica e Ambientale Emilia Romagna

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