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Ferrara film corto festival

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Non bisogna lasciare che la fatica entri nel cuore. Può darsi che la fatica controlli il tuo corpo, ma fai del tuo cuore una cosa tua.
(Haruki Murakami)

 

È il corpo stesso quando saturo di liquidi
a lasciarsi scivolare addosso
quelli nuovi ricevuti dall’esterno.
Come fosse cosparso di unguenti e invece
sono gli intenti purificatori a farsi resistenti
all’acqua che scende sull’osso dello sterno.

 

La pelle si rende superficie d’eccezione
per quel bisogno che parla secondo obbligo espresso:
sembra quasi equazione di tensioni e rilasci
l’andare dritto della goccia – senza mai
deviare – nell’incavo liscio tra inguine e coscia.
Il toccare lo stato ultimo di compromesso
cui ogni forma esatta è chiamata ad arrivare.

 

*

 

A forma di mezzaluna è il segno
dell’unghia che sulla carne rimane
appena sotto al costato: ricordi ti abbiano insegnato essere
quello il punto adatto dove fare pressione.
Se il diaframma è contratto
diceva tutto rischia di finire
spostato altrove.
Eppure non è mai stato un dramma
per te svegliarsi col dolore – un respiro mancato.
Infila dunque diceva le dita
e spingi con forza fin dentro le ossa,
fin oltre quel setto stretto di vano
– fossa cava dove arginare
ogni pensiero che fosse deglutito.
Insieme a quel poco di vino rimasto per cena.

 

*

 

La fine di giornata: è la luce che rimane
sulla tovaglia usata.

 

*

 

Lo stigma della mosca

 

Il dormire delle mosche è morire
apparente su una parete bianca.

Tenti spostando con mano pendolare
la prima luce l’ombra la luce
sugli occhi composti della mosca domestica
a testarne lo stato vigile, o il rigido trapasso:
nessun palpito del labbro inferiore – dei suoi palpi
mascellari che tanto riconosci quando passa l’insetto
muovendoli a pasteggiare sulla tovaglia usata.
La mosca come tutti ha uno stigma,
sulla pleura – appena sopra il prosterno, con cui le è permesso
respirare: nulla che preveda
l’espiare una colpa, un’estasi di salvezza.
La fermezza del corpo esiguo suggerisce
non venire o andare niente per quei fori anteriori: il suo stare
ambiguo tra sonno eterno e veglia, mentre fuori alla finestra resta
il giorno. E tu che guardando cominci a sanguinare.

 

*

 

A volte sistemo le cose
davanti allo specchio, forse a cercare
forme di moltiplicazione; a tentare il conto
di ciò che sempre rimane
in sospeso e sempre
sbagliare. Non c’è tempo speso
che dica quanto sia
importante il riflettere su tale misura non lineare;
il capire quando sia
ultima quella ratio cui si cede
– cui si crede ogni volta di arrivare.

 

Arianna Vartolo è nata nel 1998 a Roma. L’aiuto a non morire (Cultura e Dintorni Editore, 2019) è la sua opera prima in versi. Compare nell’antologia Abitare la parola: poeti nati negli anni Novanta per Giuliano Ladolfi Editore (2019). Di lei è stato scritto, tra gli altri, su ClanDestino, Pangea, Laboratori Poesia – della cui redazione fa inoltre parte dal 2021. Alcuni suoi inediti e lavori sono apparsi su riviste cartacee e online tra cui Atelier e Inverso (per cui ha collaborato), nonché su La bottega della Poesia del quotidiano La Repubblica – Roma. Nel 2021 è rientrata tra i finalisti del Premio di Poesia Città di Borgomanero – Achille Marazza e del XXII Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa “Guido Gozzano”. Poesie di Arianna Vartolo sono state pubblicate in Parole a Capo il 6 ottobre 2022.

La redazione di “Parole a capo” informa che è possibile inviare proprie poesie all’indirizzo mail: gigiguerrini@gmail.com per una possibile pubblicazione gratuita nella rubrica. 

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio. Questo che leggete è il 247° numero. Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.

 

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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