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Ferrara film corto festival

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Genocidi

Raphael Lemkin, avvocato e giurista polacco docente dell’Università di Yale, fu il primo a coniare la parola genocidio (ghénos, “razza”, “stirpe”) e dal latino caedo (“uccidere”) definendolo nei seguenti modi:

«per genocidio intendiamo la distruzione di una nazione o di un gruppo etnico (che) intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali, per annientare questi gruppi stessi. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali, e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui che appartengono a tali gruppi. Il genocidio è diretto contro il gruppo nazionale in quanto entità, e le azioni che esso provoca sono condotte da individui, non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale».

Tuttavia nella grande e immane sapienza del web, non esiste un elenco, un dettaglio di tutti i genocidi perpetrati dall’uomo dall’età del bronzo ad oggi. È un mestiere da storici, è una ricerca che attraversa centinaia di ma e mille però. Il XX° secolo è stato il secolo clou per quanto riguarda lo sterminio scientifico, ma siamo sicuri che tutti gli omicidi e le violenze perpetrate ad un popolo abbiano lo stesso peso tra i libri di storia? Siamo sicuri di ricordarcene almeno qualcuno, oltre alla immane ed aberrante violenza dei nazisti nei confronti degli ebrei e alle altrettanto criminali violenze staliniane compiute tra purghe e gulag?

Io, di mio, non ne sono sicuro.

La Turchia ha compiuto almeno due genocidi quasi dimenticati nell’arco di uno stesso secolo contro la popolazione curda e contro la popolazione armena – stiamo parlando di oltre un milione di morti solo di armeni turchi.

E’ sempre l’individuazione dell’altro come estraneo e portatore di insicurezza e pericolo il leit motiv di un’azione di genocidio. Harff e Gurr (1988) individuano tre tipi di azioni che rilevano la presenza di genocidio: l’omicidio deliberato di molti civili, il numero delle morti elevato (calcolabile in migliaia), una campagna di sterminio sistematico che duri almeno sei mesi.

Nel conteggio non viene mai o quasi mai preso in considerazione l’immane massacro perpetrato dagli Europei nei confronti degli Amerindi o Nativi, forse perché tali popoli nemmeno avevano la dignità di esserlo, non erano nemmeno considerati esseri umani. Gli stermini coloniali forse non avevano i numeri o la dignità per “indossare” la parola genocidio? L’annullamento di interi villaggi, di intere tribù, da parte di inglesi, francesi, italiani, tedeschi, olandesi, belgi, che sono, se non genocidi mirati e chirurgici per fare “spazio” alle popolazioni di pelle bianca? Ci ricordiamo i genocidi dei Tutsi in Ruanda dove circa il 25% della popolazione fu annientata da parte degli Hutu, e però non ricordiamo il genocidio delle popolazioni indigene dell’Oceania, dove oltre ad uno sterminio sistematico veniva vietato chirurgicamente alle donne di partorire, venivano strappati i bambini dal grembo materno per farli diventare manodopera minorile o “occidentali”.

Il genocidio in Cambogia da parte dei Khmer è decisamente più famoso del genocidio degli Herero e dei Nama in Namibia, avvenuto ad inizio secolo fra il 1904 e il 1907 ad opera dei colonizzatori tedeschi. Si tratta del primo massacro di tale portata del Novecento, caratterizzato anche dalla comparsa di campi di concentramento e sterminio.

Gli stermini del califfato e tutti quelli compiuti in nome di qualunque divinità, il massacro di Srebrenica da parte dell’esercito serbo-bosniaco, le varie pulizie etniche dei Balcani, sono genocidi o i morti sono ancora sotto soglia?

Non tutte le vite e le etnie hanno pari dignità, non tutte le vite umane hanno lo stesso valore, non tutti gli sterminatori hanno uguale cattiveria. Cosa cambia se a perpetrare un massacro di massa è una nazione totalitaria o democratica? Eppure le bombe, i gas, le pallottole, le malattie, hanno sfumature diverse.

Arrivo alla chiusura per attirarmi gli strali dei benpensanti, perché non è possibile chiamare genocidio ciò che accade in Palestina da quasi ottanta anni? In cosa differisce da ciò lo sterminio di un popolo considerato terrorista nella sua totalità da parte di uno stato democratico, quale è Israele, con il sostegno (o l’acquiescenza) di tutta la comunità internazionale? Dal criminale attacco di Hamas del 7 ottobre, a civili inermi in Israele, alla pioggia di bombe su Gaza sono passati circa otto mesi, oltre la metà delle abitazioni della Striscia sono distrutte, compreso scuole e ospedali, un rapporto delle Nazioni Unite di maggio indica i territori come aree non adatte alla vita umana. I morti da ottobre sono circa quarantamila, più della metà sono donne e bambini. Fonti mediche accreditate dicono che ad ogni morto sotto le bombe corrispondono altre quattro o cinque persone la cui morte è causata indirettamente dalla situazione di guerra.

Perché la parola genocidio, così chiara nella sua definizione, oggi è un vestito che non tutte le salme possono indossare?

Poi non chiedetemi perché sogno un mondo senza confini e senza frontiere.

 

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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