Dancing in the Moonlight (Toploader, 2000)
Ricordo una sera di maggio di tanto tempo fa.
Era il tempo della leggerezza, della spensieratezza, di un‘irresistibile bellezza.
Uscii a ora di cena con la pancia in subbuglio. In tasca ventimila lire, in mano le chiavi della Uno, negli occhi il suo viso appena accennato, nella testa un desiderio non confessato.
Guidai in riserva, tanto casa sua era vicina. Cinque minuti di strada e già ero arrivato. Col cuore in gola controllai la sua finestra illuminata e aspettai che sbucasse dal portone.
Giunse di corsa, chiusa nel suo giubbotto di jeans. Vestito a fiori, gambe magre sotto la gonna, scarpe da tennis e catenina alla caviglia. Poco trucco e frangetta, capelli e occhi neri, neo da far sognare e bocca da baciare.
Bella come nessuna, sconosciuta quanto basta. Un’isola misteriosa, ancora da scoprire ed esplorare, conquistare e possedere.
Incontrata per caso due settimane prima. Quella sera, finalmente, ero Messner arrivato in cima.
Di quella sera rivedo tutto, ogni particolare, come fosse ieri.
Ricordo ogni attimo respirato, con lei sempre al mio fianco. Una magia appena nata, distrattamente vissuta, dalla nebbia del passato riaffiorata. La vivo ora come allora.
Nell’aria bollicine d’aranciata, nel buio scintille di luce colorata. Zucchero filato al luna park. Le mani appiccicate succhiando liquirizia. Lecchiamoci le dita, siamo a metà della partita.
Intorno la musica a tutto volume, il vociare degli amici. Suoni scatenati di radiosa baldoria.
Ma i suoni, prima esagerati poi sempre più discreti, si eran come scansati. Perché era lei al centro della storia, e solo lei destinata alla gloria.
Così scappammo via. Cercammo un posto per nasconderci, trovarci e afferrarci.
A poca distanza c’era un luogo appartato. Era un parco isolato con un piccolo parcheggio non illuminato. Eccolo lì il buio tanto desiderato!
Proseguì la serata e s’avverò ciò che fino allora avevo solo sognato.
Ci guardammo per un tempo infinito, poi parlammo e ridemmo, prendendo a calci il silenzio imbarazzato. All’improvviso, inevitabilmente ci toccammo, c’accarezzammo, ci baciammo, spogliandoci di tutto. Ci restò solo batticuore e pelle d’oca, coraggio e timore, fame e pudore.
Così tremammo, ci stringemmo, e uniti in un sol corpo ci scaldammo.
E golosi divorammo interminati istanti. A sentirci, stordirci e consumarci come spossati amanti.
E poi abbandonarci e quietamente consolarci.
Per giocare ad esser esperti e navigati come adulti. Vergognandoci un po’, ma forse no.
E solo alla fine riscoprimmo il silenzio dell’amore, dopo il desiderio e il suo sfacciato rumore.
Zucchero filato e liquirizia. Di quella sera, in bocca ho ancora il sapore.
Sostieni periscopio!
Carlo Tassi
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it