Vita di contrada
Sagre, giochi, eventi: San Paolo alla prova del fuoco
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Il Chiostro di San Paolo offre un rifugio confortevole, protegge dalla pioggia scrosciante e le risate che provengono dall’interno invitano ad entrare. I lavori in corso rendono la sede poco agibile, in tutte le sale si nota l’opera di restauro, ma questo non ha impedito ai contradaioli di riunirsi. Le sarte sono all’opera, chiacchierano tra di loro misurando coroncine da dama e abbinando i colori delle stoffe, gli sbandieratori provano le coreografie e anche chi non si esercita è lì, scherzando con gli amici che si allenano.
Per Giulia e Michela è una serata speciale, sarà la prima volta che proveranno un esercizio con le torce accese. “Questo è il primo allenamento – mi racconta Andrea, nel gruppo fuoco da anni – e servirà a capire se fa per loro o se hanno paura del fuoco. Se si alleneranno e vorranno continuare, potranno fare la prima uscita subito dopo il Palio”. E’ la loro prima prova di quel genere, ma le due ragazze sono già attive in contrada da tanto. Giulia è cresciuta a San Paolo, è stata figurante, ha suonato il tamburo ed ora suona la chiarina, fa parte del gruppo di danza rinascimentale e ha deciso di imparare a giocare col fuoco. “Ho sfilato per la prima volta nella pancia di mia madre: a maggio lei è stata una figurante con il pancione e a luglio sono nata io, che ho avuto il mio primo vestito d’epoca a soli due anni. Mi piace provare tutto quello che offre la contrada, durante le gare spesso musici e giocoleria di fuoco partecipano insieme, quindi in quel caso dovrei scegliere, ma questo non significa che non posso imparare”.
Michela, invece, è entrata a far parte della contrada sei anni fa, nel 2009, spinta da amici di famiglia che da anni la invitavano a provare. “Quando ero piccola avrei potuto fare solo la figurante, ma sono troppo maschiaccio per queste cose. Ho deciso di provare a far parte del gruppo dei musici, suonando il tamburo, e ho scoperto che non solo mi piaceva suonare, ma anche l’atmosfera del gruppo, il divertimento e l’aria di sfida che si respira durante le gare. Prima di iscrivermi a San Paolo praticavo hip hop a livello agonistico, mi allenavo molto e mi portava via tanto tempo. Mi sono trovata costretta a scegliere tra le due cose, ho scelto la contrada”.
Le ragazze tornano ad allenarsi, seguite da Simone che, negli anni, ha svolto il compito del ‘pifferaio magico‘, attirando i ragazzi nel mondo della contrada. Me lo racconta indicandomi i ragazzi presenti, l’ultimo è tra loro da due anni e decise di provare dopo aver visto uno spettacolo di fuoco. “Si pensa che chi fa parte di una contrada sia confinato tra le mura della sede e i luoghi del Palio – dice Andrea – e questo scoraggia molti, ma io per esempio, proprio grazie alle mie attività a San Paolo, ho avuto la possibilità di viaggiare molto. Sono stato, insieme ad altri del gruppo, in altre città italiane, come a Reggio Calabria, a Salerno o a Lecce, ma anche all’estero, a Frejus e a Parigi, a Londra, Monaco, Garmisch e Capodistria”.
Gli eventi organizzati dal rione San Paolo al di fuori della contrada sono di tutti i tipi, allestiscono il chiostro per la Sagra degli arrosticini, che dura per quattro week end a partire da fine giugno, sono presenti durante i Buskers e divertono i bambini con il villaggio di Babbo Natale durante il periodo delle feste. “Dal primo di dicembre alla befana, in piazza del Municipio, tutti i bambini possono venirci a trovare nelle casette in legno che montiamo e addobbiamo per l’occasione. Con noi possono scrivere le letterine a Babbo Natale da appendere all’albero e farsi una foto con la slitta. Quando la fine delle vacanze natalizie si avvicina, prepariamo uno spettacolo per l’Epifania e bruciamo la befana: noi del gruppo fuoco creiamo il fantoccio della befana e come sputafuoco la incendiamo”.
Accanto al simbolo della contrada, l’Aquila Estense sulla ruota rossa della Fortuna, su uno sfondo bianco e nero, appare Daniele Bregola, ormai in pensione ma sempre presente. Dopo avermi parlato delle attività di contrada, dei cambiamenti nel corso degli anni e dell’ultima vittoria del Palio dei cavalli (avvenuta lo scorso anno dopo ventisette anni), mi racconta, ridacchiando insieme agli altri contradaioli presenti, della Vestizione dell’Ariosto: “Dal 1987 la nostra contrada ha una tradizione. Il sabato prima del Palio, durante la notte, tutti insieme, un po’ alticci, ci rechiamo in piazza Ariostea e, armati di palloncini ad elio, vestiamo la statua dell’Ariosto con i nostri colori, il bianco e il nero. Il primo anno, a dire il vero, non avevamo i palloncini ma delle canne da pesca, lanciammo il filo e uno di noi corse intorno alla piazza per creare un cappio e innalzare la nostra bandiera. E fu un momento particolare, perché la domenica seguente era prevista la messa di Papa Giovanni Paolo II, proprio in piazza Ariostea! Con gli anni le altre contrade hanno trovato molti modi per farcela pagare: un anno, dopo aver innalzato con destrezza i nostri colori, ci girammo e ci trovammo circondati da tutte le altre sette contrade, pronte a colpirci con dei palloncini d’acqua. Ce lo siamo meritati, ma è stato molto divertente”. Gli scherzi tra contrade sono tanti ed ogni anno sempre più fantasiosi, in contrada ne ricordano un paio ai danni di San Giacomo, riguardo una porta murata durante la serata del Giuramento e un carico di letame depositato in sede. “Un anno – dice Simone sogghignando – ho trovato davanti alla porta della sede di San Paolo un sanitario inchiodato, pieno fino all’orlo! Decisamente disgustoso, ma originale. Un’altra goliardia tra contrade, a cui noi non partecipiamo, è il furto delle bandiere, che durante il periodo del Palio i contradaioli appendono per tutto il loro territorio”.
Ridono e scherzano, ormai il tempo degli allenamenti è finito ed è quasi ora di rientrare. Andrea mi mostra lo spazio degli sbandieratori, in cui sono appoggiate anche alcune scenografie.
“Il bello, oltre alla compagnia e alla tradizione, è il poter imparare a fare, costruire, dipingere inventare. Chiunque volesse unirsi ad una contrada ma non avesse tanto tempo da dedicarle, potrebbe fare anche questo genere di attività. Quello di cui sono certo è che non si può continuare a criticare le contrade senza conoscerle, quindi sono dell’idea che si debba provare per credere: se quello che raccontiamo non basta, invitiamo tutti a vivere la contrada per qualche tempo e sono certo che molti cambierebbero idea”.
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Chiara Ricchiuti
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