Vita di contrada: lealtà, rispetto e passione nell’anello con diamante di San Benedetto
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Gli stemmi delle contrade ferraresi rappresentano i simboli delle antiche casate Estensi, legati a principi, condottieri o reali, e nel tempo sono stati modificati a tal punto che spesso è quasi impossibile risalire alla loro origine. La storica Micaela Torboli, nel suo libro “Diamante! Curiosità araldiche nell’arte estense del Quattrocento”, ha ripercorso la storia dell’anello con diamante, appartenente alla contrada San Benedetto, ricercandone l’identità originaria.
“L’accoppiata anello con diamante/fiore ricompare in vari momenti nella storia della casata d’Este e il primo ad utilizzarlo fu Niccolò, a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento. Pare che all’inizio il fiore all’interno dell’anello fosse una margherita pratolina, ma sono state date moltissime interpretazioni nel corso dei secoli, alcune anche improbabili, ad esempio l’opinione che questo fiore sia una Zinnia, che però fu importata in Italia dall’America molto tempo dopo. Sappiamo per certo che ha accompagnato la casata d’Este per tutto il XV secolo, trasmesso di generazione in generazione”.
La storica ha collegato l’anello Estense (un’altra interpretazione errata lo definisce anello papale) ad altre casate del Nord Italia, che lo hanno utilizzato nello stesso momento storico. La casata Sforza a Milano, i Medici a Firenze e i Visconti utilizzarono questo stemma araldico per suggellare le loro alleanze, così da riconoscersi e mostrarsi uniti. Oltre al fiore, che probabilmente fu un garofano rosso per Ercole d’Este, è da notare l’incastonatura del diamante, raffigurato al contrario, con la punta verso l’alto.
Massimiliano, in contrada da trent’anni, mi racconta che ricorda lo studio condotto dalla Torboli che fu anche ospitata per la presentazione del libro. Lui iniziò a frequentare San Benedetto quando era ancora parte dell’oratorio e ora fa il maestro di canto ma per la contrada ha fatto tutto, dice, tranne la dama. “Negli anni ’80 tutte le sedi erano all’interno delle parrocchie, ora invece questo cordone ombelicale è stato reciso e sono tutte dislocate. Questo cambiamento ha significato l’uscita dalla clandestinità, ci ha resi indipendenti, dandoci la possibilità di farci conoscere dalla città con la nostra vera natura. Le contrade hanno acquisito un’importanza diversa, diversificando anche le loro attività: prima ci si concentrava solo sugli allenamenti e su ciò che ruotava intorno al Palio, adesso invece ogni contrada è un microcosmo dalle mille sfaccettature, che non si interessa solo alla propria sopravvivenza ma anche a cause importanti. Noi, ad esempio, siamo legati all’onlus associazione Giulia e abbiamo un gruppo di donatori per l’Avis“.
I valori di cui tanto si parla e in cui si rispecchiano oggi i contradaioli non sono soltanto la lealtà, il rispetto e la passione per i propri colori, ma anche l’amore per la città e il benessere comune.
Tanti sono gli eventi in collaborazione con l’associazione Giulia, tra cui una cena ogni anno, il cui ricavato è interamente donato alla onlus, e l’apertura, fatta dai musici, della serata “Un angelo di nome Giulia” organizzata al Palazzetto dello sport. Punta molto sulla preparazione degli eventi il capo contrada, Nicola Pedace, che quest’anno realizzerà una cena propiziatoria in pieno stile senese, bloccando la strada davanti a Palazzo Diamante per festeggiare tutti insieme la notte prima del Palio. Nicola è entrato in contrada solo cinque anni fa, in punta di piedi, ma in poco tempo questo mondo e le sue tante idee lo hanno portato ad impegnarsi seriamente per realizzare ogni evento al meglio. “Degli amici che frequentavano San Benedetto mi invitarono a provare e, visto che le nostre figlie erano amiche, decisi di fare un tentativo. Questo mondo non mi aveva mai affascinato, anche se sono di Ferrara non avevo mai seguito nessun evento relativo al Palio, per questo all’inizio per me vivere la contrada era quasi un gioco. Ho iniziato a fare il musico e ho scoperto che mi divertivo, che le mie bambine stavano bene, e ho iniziato a frequentare la contrada più assiduamente, ma senza provare i sentimenti che nutrivano i miei amici già in contrada da anni. E’ difficile da spiegare, è come quando scoppia l’amore, serve una scintilla che trasformi il semplice stare bene in qualcosa di più”.
Due anni fa, l’amore è scattato anche per Nicola, durante la corsa dei cavalli.
“Eravamo in piazza Ariostea, stavamo tutti guardando la gara, quando il nostro cavallo è arrivato appaiato con quello di San Giacomo. Mi guardai intorno e vidi che i miei amici avevano la mia stessa espressione, stavamo provando le stesse emozioni e, da quel momento, tutto ha acquisito una valenza diversa. Ho iniziato a seguire anche il Palio di Siena ed è stata un’esperienza bellissima perché in quel periodo la città cambia e questo mi è servito per capire che a Ferrara andava fatto qualcosa. Col mio amico e tesoriere Alberto Ajmone, abbiamo iniziato a migliorare l’organizzazione degli eventi, per far sì che le persone si divertissero di più e avessero voglia di tornare, scoprendo che la vita di contrada è fatta di giochi, serate in compagnia, spettacoli e divertimento. Mi piace che partecipi chi è esterno a questo mondo ma l’invito è esteso anche a tutti i contradaioli. E’ bello che ci sia un po’ di rivalità durante le gare, ma siamo amici anche se indossiamo colori diversi, ed è più interessante fare qualcosa insieme. Ad esempio, la serata di chiusura del College è stata aperta da un gruppo di musici formato da ragazzi delle diverse contrade, perché noi condividiamo la stessa passione.”
Tanti i cambiamenti che sono stati fatti negli ultimi anni, ma il problema principale della contrada San Benedetto è l’assenza di ragazzi tra i 20-25 anni, che impedisce la realizzazione di alcuni esercizi. Fabio e Giulia mi raccontano di questo “buco generazionale” con dispiacere, sperando nell’arrivo di qualche nuovo iscritto in attesa della crescita dei più piccoli, che invece sono molti e con tanta voglia di fare. “Io alleno le chiarine under – mi racconta Giulia, che ha 23 anni ed è in contrada da 9 – ed è bellissimo vedere come si divertono imparando qualcosa di nuovo. La contrada è un ambiente sano dove è possibile fare tante cose, imparare a fare qualcosa di pratico come suonare o ballare, ma dove sopratutto si gioca e si cresce insieme. A noi non pesa venire qui, tutto il contrario, ed è un peccato pensare che qualcuno creda che siamo circoli chiusi, restii a far entrare nuove persone. La nostra vera identità, però, si scopre solo venendo qui e provando. Tempo fa abbiamo contattato due maestre per le chiarine, loro sono tutte e due pugliesi e non avevano mai vissuto in una città in cui si facesse il palio, ma alla fine si sono iscritte qui a San Benedetto perché hanno trovato un ambiente in cui stavano bene”.
Tra i tanti momenti di svago o di divertimento, tra cui l’Erculea summer, sagra organizzata nella sede della contrada in giugno, l’emozione più grande, secondo Fabio, è quella che si prova durante la Benedizione dei palii e dei ceri: “E’ una cerimonia che amo molto, in cui ogni contrada parte dalla propria sede e arriva sul sagrato del Duomo. Lì si crea un gruppo unico e i musici suonano tutti insieme prima della messa, durante la quale vengono benedetti i quattro palii e i ceri che ogni contrada ha con sé. Al termine della funzione ci si ritrova tutti fuori e si tenta di toccarne almeno uno dei quattro, con una bacchetta, la chiarina o con la bandiera, come gesto scaramantico. Speriamo sempre porti fortuna!”.
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Chiara Ricchiuti
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