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Ferrara film corto festival

Ferrara film corto festival


 

Immergersi nell’atmosfera natalizia non è solo fare lunghe file fuori i negozi per accaparrarsi l’ultimo regalo. E neppure cominciare dal 22 di dicembre a comprare prelibatezze per i cenoni che la tradizione culinaria italiana ci impone. Esiste anche altro. Come la musica. Perché solo la musica riesce a creare un’atmosfera particolare. Anche se non appartiene propriamente alla nostra tradizione, i cori gospel in Italia stanno acquistando nuovi e sempre più numerosi estimatori. La musica dal vivo poi è un’altra esperienza. Così, vuoi per l’energia dei coristi, vuoi per l’intesa tra coro e pubblico, martedì 21 dicembre al Teatro Nuovo ho deciso di immergermi nel calore che la musica gospel soprattutto in questo periodo dell’anno può regalare.

Virginia Union Gospel Choir

Inutile dirlo, ma io ho cominciato ad amare questo genere musicale, ascoltando le straordinarie doti vocali dei coristi nei film di Whoopi Goldberg della serie Sister Act. E forse è successo così per molti della mia generazione. Storicamente i due stili del gospel americano, quello della ‘musica nera’ e quello della ‘musica bianca’, ovvero la musica nata nelle chiese afroamericane negli anni 30 e quella suonata successivamente da cantanti di qualunque comunità (soprattutto negli stati del sud degli Stati Uniti), rimangono formalmente distinti. Ma entrambi derivano dagli inni cristiano-metodisti degli afroamericani, e ancora più indietro, dai canti spontanei della schiavitù nei campi di cotone degli Stati Uniti D’America.

E come ogni corrente musicale dal blues al jazz, si è stata sviluppata ed evoluta fino ad arrivare a noi con caratteristiche anche molto diverse. In particolar modo il Virginia Union Gospel Choir diretto da J. David Bratton che ho ascoltato mercoledì, partendo dall’inconfondibile tradizione classica che vede la modalità solo vs coro (ad una sola frase di un cantore risponde un coro), si arricchisce di elementi musicali diversi che si fondono nel corso dell’esibizione. A giri di batteria particolarmente ritmati (simili ai canti tribali africani) si aggiungono attacchi jazz, la carica del blues e le straordinarie performance delle voci soliste dei cori. Non sono mancate le classiche canzoni natalizie americane (ormai entrate a far parte anche della nostra tradizione) come Amazing Grace, Let it be dei Beatles, So Merry Christmas e Oh, Happy Day

Nella recente storia del genere, questi cantanti si esibiscono non solo in chiesa, ma anche (per alcune correnti) nei night club. Non a caso infatti molti dei più famosi cantanti della scena musicale mondiale, hanno esordito proprio con questa musica da Carrie Underwood a Mary J. Blige, da Aretha Franklin a Whitney Houston e Mariah Carey. Ascoltando le incredibili capacità canore di ognuno dei membri se ne può bene capire il perché.

In Italia la musica gospel ha conquistato e trovato una sua dimensione di tutto rispetto. Cori di grande qualità musicale, nati spesso per studio della tradizione di origine afroamericana o in collaborazione diretta con i cori americani più affermati, sono cresciuti numerosi e senza fatica si sono imposti a sottolineare eventi sacri di caratura nazionale. Mentre in America il fenomeno coinvolge la quotidianità della comunità religiosa di riferimento anche delle più piccole città, in Italia sembra che lo spazio deputato ai cori gospel sia limitato alle grandi festività, soprattutto natalizie. E questo naturalmente non deve sorprenderci, data la sua diffusione da rintracciarsi più nelle radici teatrali e spettacolari che nella tradizione religiosa.

Virginia Union Gospel Choir 3

Una cosa è certa la qualità più rilevante di questo tipo di musica è quella che porta a coinvolgere il pubblico in sala, ed è quello che io ho personalmente sperimentato. Perché la caratteristica spettacolare e teatrale è forse, in America come in Italia, nelle chiese come nei teatri, la più pregnante. Per questo consiglio a chiunque di farsi trascinare dall’energia di questa musica. Il pubblico durante l’esibizione è protagonista attivo, si fa coinvolgere (e questo succede anche per il pubblico italiano più restio) alza le mani, le batte e canta a squarciagola, come è successo in questa occasione. Certo, complice anche il fatto, di tornare finalmente a godersi un buon concerto. E augurandoci che con il nuovo anno, un nuovo lockdown non ci blindi eventi culturali e spettacoli di vario genere, vi lascio con uno dei cori gospel più famosi del cinema mondiale.

Ferrara film corto festival

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Ambra Simeone

Ambra è nata in un paese di mare e ogni volta che si trova in un posto nuovo, lì lascia qualche goccia salmastra. Quando scrive si lascia trasportare dalle brezze marine, quando disegna non usa squadre o righelli, e per entrambe le cose la bussola fa più di un giro. Quello che legge e ascolta non è assimilabile ad un solo genere, perché per lei le parole e la musica non seguono nessuna corrente.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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