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A cura di Sergio Gessi e Francesco Monini

– seconda parte –  leggi qui la prima parte del dibattito

Abbiamo invitato nella redazione di Ferraraitalia i candidati a sindaco del centrosinistra per rivolgere loro alcune domande. Andrea Firrincieli, Roberta Fusari e Aldo Modonesi hanno gentilmente accolto l’invito. Solo Alberto Bova ha declinato l‘invito, ritenendosi equidistante tra i due schieramenti in campo a Ferrara.

FRANCESCO MONINI
10 anni fa, appena eletto, il sindaco Tagliani ha trovato nelle casse 160 milioni di debito, al termine del secondo mandato il debito si è praticamente dimezzato, 80 milioni se non erro. Sembra un risultato ottimo, ma intanto abbiamo perso circa 200 posti nell’Amministrazione Comunale e nel 2019 ne perderemo un altro centinaio con quota 100. Siamo quasi a limite: tutti dicono che se scendiamo sotto la soglia dei 1.000 dipendenti, la macchina comunale si inceppa.
Intanto molte famiglie sono scese sotto la soglia di povertà. Colpa naturalmente della ‘Grande Crisi’ che ha portato, anche a Ferrara, impoverimento, disagio, malessere sociale. Allora voglio farvi qualche domanda scomoda. Non si è guardato troppo alla riduzione del debito? Non si è introiettata, anche nelle scelte della politica locale, una specie di ‘ossessione del debito’? C’erano certo da rispettare i vincoli rigidi dettati dall’Europa e dai governi romani, ma la politica della riduzione del debito non ha avuto un carattere depressivo sull’economia ferrarese e, soprattutto, non è stata pagata a caro prezzo dalle fasce deboli della società?
Cosa immaginate per il prossimo futuro? Pensate a una Ferrara che ricomincia ad allargare la borsa del bilancio comunale o il debito deve essere ulteriormente ridotto? Immaginate una città risparmiosa o che dovrà investire di più sui servizi?

ANDREA FIRRINCIELI
Una Ferrara risparmiosa? La risposta è abbastanza scontata: non può esserlo, perché sappiamo bene che risparmiare è un qualcosa che non porta sviluppo, non porta a nulla. Noi dobbiamo cercare di rendere la città più attrattiva. Dobbiamo cercare di fare delle spese più oculate e strategiche, investire nei settori che possono dare un ritorno importante: l’obbiettivo deve sempre essere puntato al benessere sociale e individuale. Il Bilancio Comunale è una leva importante, ineliminabile, ma dobbiamo cogliere tutte le occasioni, utilizzare al massimo quello che ci può venire dall’Europa, partecipando di più e meglio ai bandi europei.

ALDO MODONESI
Io parto dal bilancio, perché bisogna pur sempre partire da lì. Nel senso che le regole di bilancio ci sono, valgono per questa legislatura e, a parte le modifiche normative, valgono anche per la prossima. E sono molto semplici oggi per gli enti locali, un po’ meno per lo Stato che invece si è tenuto dei margini diversi. La regola è semplice: oggi sulla parte corrente tanto incassi tanto spendi. Ci deve essere una quadratura di questo tipo. O aumenti le entrate, cioè aumenti le tasse, cosa che non abbiamo fatto fino ad ora e a me non interessa fare in futuro, o devono aumentare i trasferimenti statali, e in questi anni sono invece sempre andati a calare per le Amministrazioni Comunali.
Terza possibilità: bisogna fare un lavoro sulle uscite, che in questi anni abbiamo fatto lungo due direzioni. La prima obbligata perché il blocco del turn-over, quindi i risparmi sul personale ci sono stati imposti. Nel momento in cui c’è stata la possibilità di fare nuove assunzioni le abbiamo fatte. Penso che siano decine e decine i ragazzi e le ragazze nuovi assunti, non solo vigili o educatori, ma tanti negli uffici tecnici, sia del mio settore che nel settore di Roberta. La seconda direttrice di marcia: tenendo sotto controllo il debito siamo passati da 160 milioni a 80 milioni di deficit, ma abbiamo comunque continuato a fare investimenti: 250 milioni per l’esattezza, di cui solo 5 coperti da un mutuo. Vuol dire che gli altri 145 erano soldi o di parte corrente o oneri di urbanizzazione, o contributi che ci venivano dalla Regione per la programmazione europea o per il sisma, o contributi che ci venivano dallo Stato… Che significa aver ridotto il debito da 160 a 80 milioni? Significa che anziché pagare 16 milioni all’anno di rata più gli interessi, oggi ne paghiamo 8. Vuol dire che abbiamo liberato 8 milioni di euro freschi da spendere: un po’ in servizi e un po’, purtroppo, per colmare le minori entrate che ci venivano dallo Stato.
Ecco, bisogna continuare così. Bisogna continuare ad investire. Lavorare sulle capacità di progettazione della macchina comunale. Perché se ottieni tutta questa mole di finanziamenti esterni vuol dire che fai dei bei progetti, vuol dire che vinci dei bandi, vuol dire che quando ci sono delle occasioni di finanziamento vieni premiato, che si tratti di piste ciclabili, di piano periferie, di riqualificazione di spazi, eccetera. Spendere in servizi è il modo per me per dare risposte ai bisogni.

SERGIO GESSI
Parliamo allora di servizi. Di priorità e di precedenze. Lo slogan della Lega è “prima gli italiani”, che a Ferrara si traduce in un “prima i ferraresi”. Vi sta bene un simile criterio?

ALDO MODONESI
Parliamoci chiaro, noi non condividiamo quello slogan. Che non ci porta da nessuna parte, che è stupido oltre ad essere sbagliato. A fronte di una società che è cambiata, sono cambiati anche i bisogni: sia per quanto riguarda gli anziani, la casa, i servizi educativi… La risposta della Lega è: prima gli italiani. Bene, ma vediamo cosa succede nella pratica. Ci sono, ad esempio, 250 bambini in lista di attesa? Cambiamo i criteri: chi era ultimo va avanti, chi era penultimo diventa ultimo, ma sempre 250 rimangono in lista di attesa. Con questo slogan non risolvi un problema di tensione sociale, lo vai ad acuire, perché crei nuovi penultimi e nuovi ultimi. Io invece dico: prima chi ha bisogno. E ai bisogni si risponde non con una delibera che cambia o ribalta i criteri di accesso, ma si risolve solo in un modo: con più offerta. Con più sezioni di asili nido, con più educatrici che vai ad assumere, con un aumento delle convenzioni dei posti nido con il privato sociale.
I bisogni degli anziani, dei disabili, dei più deboli li risolvi anche in questo caso con maggiori servizi. I bisogni della casa li risolvi con un maggior numero di appartamenti. Sono 600 gli appartamenti dell’Acer oggi non utilizzati a Ferrara. Con 3.600.000 Euro si possono sistemare e le persone in lista di attesa sono 650.
Sugli anziani, per non eludere la domanda specifica che avete fatto, io penso che oggi ci sia necessità, da un lato di immaginare una diversa organizzazione dei servizi soprattutto legata alla domiciliarità, perché ha ragione Andrea Firrincieli a ricordare che a Ferrara oggi gli anziani sono tanti e sono soli e bisogna potenziare i servizi domiciliari. Altra cosa: ci vuole una rete territoriale, perché questi anziani soli, nella stragrande maggioranza dei casi, abitano nelle frazioni, nei quartieri periferici. Una rete territoriale che sia una rete territoriale di supporto. Noi abbiamo lanciato questa idea dell’‘infermiere di comunità’, che è una figura di riferimento che copre 3/4 frazioni in stretto contatto con i medici di famiglia e con le strutture sanitarie

ROBERTA FUSARI
Sono d’accordo con Aldo, perché si fa presto a parlare, ma nei fatti la capacità di essere attivi e operativi bisogna misurarla sul serio. Allora l’abbattimento del debito è servito per liberare risorse per i servizi. Il lavoro fatto è stato impegnativo e ha colmato quella misura oltre la quale non è più tanto utile proseguire. Liberare quel debito, quei milioni è stato utilissimo perché si sono liberate risorse ordinarie annuali da poter utilizzare sui servizi alle persone.

FRANCESCO MONINI
Vuoi dire che l’imperativo della riduzione del debito non sarà più così imperativo: occorrerà ridurre ancora, magari passare da 80 a 40 milioni?

ROBERTA FUSARI
No perché l’efficacia di quanto è già stato abbattuto in ritorno economico da fornire sui servizi è stato molto alto. Non avrebbe la stessa efficacia passare da 80 a 40. Quindi alla domanda precisa: si continua in quel modo? Non avrebbe più tanto senso continuare in quel modo. Sapendo però che non si deve tornare indietro e ricominciare a fare mutui.
In un contesto di scarsità di risorse gli amministratori devono saper scegliere. Allora facciamo le scelte su come investire, su che tipo di investimenti fare, quali mutui conviene fare, quali sono i servizi necessari. Partendo dal presupposto che il mutuo è l’ultima delle scelte. Perché le risorse prima vanno trovate in altri contesti.
Né si può pensare di risparmiare soldi contenendo i servizi pubblici. Sono un baluardo, un presidio. Parliamo tanto di vicinanza delle persone, presidi sociali, attenzione agli anziani, alle loro fragilità, necessità di fare rete, avere dei punti di vicinanza. I servizi pubblici, proprio perché gestiti dal pubblico, sono dei presidi. E allo stesso tempo sono quei servizi pubblici che consentono di alzare il livello anche di quelli privati. Tra l’altro fa impressione pensare che da anni sul tema degli anziani ci siano dei servizi che il pubblico non riesce ad offrire e possono diventare delle occasioni di lavoro anche per i privati. Penso ai casi che si vedono anche a Milano, a Torino, occasioni di lavoro giovanile per cui: la portineria di quartiere, che è un punto di riferimento per tutte le famiglie, per gli anziani, per fare tutta una serie di cose, gestita da giovani diventa occasione di lavoro per i giovani e presidio sociale per le persone anziane che ci vivono. Quindi non sto dicendo ‘solo pubblico”. Io dico pubblico e anche privato. Sto dicendo però che la qualità dei servizi pubblici, dalle scuole alle farmacie, quel tipo di servizi detta, come è sempre stato anche qui a Ferrara, il livello qualitativo a cui devono tendere anche i servizi gestiti dal privato.
Sul tema degli anziani c’è tutto il tema della fragilità. Si diceva anche al fatto che vivono in un territorio ampio, nelle frazioni anche difficili da raggiungere e quindi come il welfare deve avvicinarsi a loro e non pensare che siano sempre loro a dover venire, a dover avere un riferimento. Ma anche, un tema che non abbiamo mai toccato, come il numero. Le persone anziane sono molto numerose, sono fragili, ma anche un valore enorme, perché hanno una esperienza incredibile, del tempo, che non è cosa da poco, è molto prezioso e una capacità di trasmettere ai più giovani tutta l’esperienza che hanno accumulato. E quindi capire come valorizzare le persone anziane anche in un contesto in cui si trasmette l’esperienza e la capacità accumulata durante una vita di lavoro, penso a certe capacità artigiane, certe capacità di fare, diventa secondo me molto interessante proprio in un’ottica di valorizzare anche le persone anziane che non sono solo fragili e hanno bisogno di servizi, ma c’è anche molto di più.

FRANCESCO MONINI
Beni comuni. Novembre 2017 scaduta la concessione a Hera per la gestione dei rifiuti; nel 2024 scadrà quella per il servizio idrico. Come affrontare a Ferrara il tema dei beni comuni e della costruzione di una gestione in-house direttamente pubblica?

ROBERTA FUSARI
Io credo che l’amministrazione pubblica debba garantire la salute. Il tema della qualità dell’acqua, del miglioramento delle infrastrutture esiste, quando parliamo di acqua dobbiamo fare i conti con le nostre reti e le perdite che ci sono. Il tema dei rifiuti, di come riuscire a ridurne la produzione, di come gestirli al meglio, di come riuscire a creare economia circolare sulla raccolta differenziata e di come far sì che vengano gestiti nel modo più opportuno e attento. Allora premesso che l’amministrazione debba garantire ai cittadini una informazione e una trasparenza completa: resta molto da fare su questo punto, per far sì che tutti noi cittadini sappiamo esattamente che fine fanno i materiali che differenziamo e l’impatto che la raccolta differenziata produce. Detto questo poi capiamo cosa vuol dire rinnovare quei servizi e capire chi è il gestore migliore: se è una società esterna o una struttura pubblica. Da un lato i beni pubblici debbano essere considerati tali, dall’altro ci deve essere una capacità di fare investimenti, per esempio sulle reti, che il pubblico non sempre ha.

ALDO MODONESI
Penso che questo tema vada affrontato senza filtri ideologici, né dal punto di vista che il privato è meglio, né dal punto di vista che è meglio il pubblico. Va affrontato dal punto di vista della gestione di un servizio ai cittadini, valutando in maniera puntuale i pro e i contro di qualsiasi tipo di modello. Quello che si è provato a fare pur alla fine della legislatura con il tema della gestione dei rifiuti senza un grande successo, proprio perché probabilmente era la fine della legislatura, con un controllo partecipato. Se in giro per l’Italia ci sono altre esperienze queste esperienze vanno verificate. Vanno valutati i pro e i contro sia dal punto di vista della gestione dei servizi che della gestione di un controllo patrimoniale. Alla fine stiamo parlando di beni comuni che sono un patrimonio di tutti noi, sia da un punto di vista della gestione economica e di un quadro di efficienza. Alla fin fine devo comunque dire – perché è così – che alla gestione attuale riconosco più meriti che difetti. Il che non vuol dire che ci siano solo meriti, ma che questi sono comunque superiori ai difetti.

ANDREA FIRRINCIELI
Riguardo al bene comune mi riallaccio a quanto detto da Aldo, in quanto al di là dell’aspetto patrimoniale e ovviamente all’aspetto etico morale legato a quel concetto, credo che sia fondamentale in questi casi essere molto umili e cercare di capire. Dalle realtà che ci circondano, dalle altre città, dalle altre esperienze quale sia la scelta più idonea per arrivare a un risultato positivo per la gente, considerando il bene comune. La ricaduta positiva deve essere sul cittadino.

FRANCESCO MONINI
In un ipotetico secondo turno, chi di voi tre avrà più voti, avrà da parte degli altri due appoggio o no?

ALDO MODONESI
Questo dibattito rende evidente che ci sono due diverse idee della città. Una che, con tutte le sfumature del caso, è rappresentata da me, da Andrea e da Roberta e io non ho dubbi che sulle questioni fondamentali la pensiamo assolutamente nello stesso modo. E poi c’è una visione diversa che è quella rappresentata dalle posizioni populiste del centrodestra. Io penso che si debba lavorare per tenere unito un territorio, tenere unita una comunità, dare risposte ai bisogni e non invece lavorare per separare, far leva su quelle che sono le paure, per far leva su ciò che divide e non su ciò che unisce. Se a questa cosa ci si aggiunge una evidente inesperienza e non conoscenza dei problemi della classe politica che mira a governare questa città, qualche elemento di preoccupazione, anche forte, ce l’ho. Non ho dubbi che in un secondo turno ci sia lo spazio per mettere insieme le persone, le idee e le forze che si sentono alternative a questa pericolosa idea di città.

ANDREA FIRRINCIELI
Devo dirlo in tutta onestà: mentre il percorso di Aldo e di Roberta ha un’impronta politica, parlo degli ultimi dieci anni e più in generale di un’esperienza vissuta nelle giunte e nei partiti, la mia è una figura nuova che si è stagliata all’orizzonte quasi per caso. Io ero stato chiamato inizialmente dal Pd come candidato esterno. Ma di fronte a uno dei paletti che ho posto per accettare e poter operare nel segno del cambiamento – indisponibilità ad accettare figure in continuità con il passato – è stata fatta una scelta diversa io, per coerenza se non dovessi arrivare al ballottagio lascerò libera la mia lista e i miei elettori di votare secondo coscienza.

ROBERTA FUSARI
L’avversario è la destra e io conto di vincere al primo turno, quindi non mi pongo il problema di cosa succede dopo.

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