EVENTUALMENTE
Vasco Brondi e l’ex Cccp Marco Zamboni galleggiano sull’orizzonte piatto tra via Emilia e il Po
La piattezza della pianura come luogo distintivo della propria identità, delle proprie radici. Sembra banale, ma non lo è. Chi è cresciuto in questa fetta di terra tra la via Emilia e il Po non bada tanto al paesaggio e ai luoghi che ha intorno. La campagna è – appunto – piatta, che spesso vuol dire anche anonima, meticcia, scontata, un’accozzaglia di edifici, capannoni, recinzioni, disposti un po’ frettolosamente da geometri e proprietari pragmatici, impegnati più che altro a far crescere colture intensive, ad allevare animali, a impiantare piccole e grandi imprese. Pochi, qui, sembrano essersi dedicati molto a pensare e progettare la forma delle cose intorno. Tanto più che l’orizzonte è piatto, lo sguardo non spazia molto lontano, e spesso la nebbia lo accorcia fino a cancellare ogni perdita d’occhio.

Non hai il contorno del paesaggio ad accompagnare la vita quotidiana, come chi vive tra le colline, che siano senesi, umbre, venete; per non dire dei luoghi di montagna, punteggiati da casette ed edifici dello stesso stile, fatti di materiali e colori omogenei, armoniosi e ricorrenti. Qui la laboriosità sembra aver messo da parte la riflessione estetica, a meno che non sia finalizzata alle eccellenze che si sfornano negli stabilimenti di Lamborghini, Ducati, Ferrari, in quelli di ceramiche o di aziende che si fregiano dei migliori marchi del mangiare e del bere. Chi fa e fabbrica non bada tanto a farsi vedere. E molto, da queste parti, non si vede proprio: paesi dove il tempo un po’ si è fermato e un po’ no, dove il tempo arriva e si appoggia a casaccio, dove accanto al vecchio pescatore di fiume trovi nuovi abitanti arrivati da Romania e Cina, dove il cemento si tinge dei colori più improbabili, dove gli aironi convivono coi pesci siluro, i tralicci dell’alta tensione con i canneti affondati negli argini.
A raccontare l’irraccontabile di un’area geografica sfuggente e discordante ci si sono messi due maestri della parola e della poesia in musica che, da queste parti, ci sono nati e cresciuti: Vasco Brondi, ferrarese classe 1984, che è l’anima del progetto musicale Le luci della centrale elettrica, e Massimo Zamboni, chitarrista, autore di testi e cofondatore del gruppo storico dei Cccp, nato a Reggio Emilia nel 1957.
Per descrivere un viaggio nelle terre piatte, Brondi e Zamboni si appoggiano al fotografo Piergiorgio Casotti e insieme partono a bordo di una zattera in alluminio, che naviga lungo uno dei canali del Po. Il resoconto che ne esce è fatto di quello che vedono, che incontrano, ma anche delle parole e delle immagini che prima di loro qualcuno ha scritto e immortalato contribuendo a dar forma al senso di identità della gente di pianura: il fotografo Luigi Ghirri, gli scrittori Cesare Zavattini e Giorgio Bassani, cantanti come Francesco Guccini e Lucio Dalla.
Il risultato è nel libro che esce giovedì 14 aprile 2016: “Anime galleggianti, dalla pianura al mare tagliando per i campi” pubblicato da La Nave di Teseo, che è la nuova casa editrice fondata da Elisabetta Sgarbi. Dal giorno dopo via al tour di presentazione in giro per l’Italia: 15 aprile a Ferrara con Paolo Foschini (Corriere della sera), 16 aprile a Roma, 18 aprile a Milano, 19 aprile a Firenze, 20 aprile a Bologna.

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Giorgia Mazzotti
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)