PUNTO DI VISTA
Una storia italiana: gli intellettuali del dopo Parigi
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Mentre l’ondata di sdegno dei primi momenti – corale, unanime, istintiva, umanamente dovuta – contro gli attentati a Parigi, nel Mali, a Beirut, a Tunisi, pare che in questi giorni vada affievolendo, almeno a giudicare da giornali e da alcuni talk–show che impazzano su tutte le reti radio-televisive, si ha la sensazione che in contemporanea nel nostro Paese si stia imponendo una “merce”, spesso abbondante da noi e poco invidiata dal resto del mondo occidentale, vale a dire: l’ipocrisia.
Si ha l’impressione che il profondo smarrimento e dolore per gli attentati terroristici portati a segno dai fanatici terroristi islamici del sedicente stato islamico Isis vengano rapidamente posti in sottofondo dalle alte e conosciute voci di distinguo, levate da chi trova giustificazioni all’orrore attraverso analisi storico-dietrologiche visionarie, ma per alcuni accattivanti, pur di negare gli obiettivi e l’evidenza su chi abbia compiuto questa carneficina. I colpevoli (perché non chiamarli con Il loro nome?), mi pare chiaro, sono terroristi di fede musulmana votati al suicidio con l’obiettivo della distruzione del modello culturale, democratico occidentale il quale, anche in passaggi purtroppo non sempre degni, si sviluppa da due millenni incluso nella storia della cristianità.
Dispiace, ma non sorprende, che questo manipolo di intellettuali nostrani, nostalgici di un certo antioccidentalismo anni Settanta, si contorcano e si arrovellino oggi per trovare ragioni per non pronunciare concetti come ‘scontro di civiltà’ o ‘estremismo islamico da combattere’ o altri assimilabili. Dispiace che non siano accorsi in massa a sostenere quello sparuto (purtroppo) drappello di musulmani scesi in piazza a manifestare a Milano o a Roma contro il terrorismo islamico, e che vede proprio in loro, i musulmani definiti pacifici, le prime vittime di questi sanguinari soggetti che hanno massacrato decine di giovani in nome dello stesso loro Dio.
Sono gli stessi intellettuali salottieri che invece plaudono, al momento, all’unico governante europeo defilato contro questi terroristi, quello italiano e al suo partito, molto più concentrati parrebbe sull’impatto sulle elezioni amministrative di primavera: si evince, anche se non scritto chiaramente (ovviamente), ma detto a denti stretti, che qualche voto in più dei pacifisti a prescindere potrebbe essere determinante in questo scenario politico italiano governato dalle slide promozionali.
E così, stando almeno ai fatti conosciuti, aggiungiamo all’ipocrisia anche una certa dose di cinismo e di opportunismo tutto nostrano.
La preoccupazione, penso si possa affermare in queste drammatiche occasioni, sono i cattivi maestri che si rigenerano sempre e che, ahimè, tentano spesso la mistificazione della realtà, oltre alla sua manipolazione.
Dai salotti di casa loro o dalle redazioni di alcuni giornali o nei talk-show, pretendono, come nel passato per altre storie italiane poi finite tragicamente, di dare in questo frangente lezioni ai cittadini sui comportamenti politicamente corretti da tenere suggerendo per esempio in questi giorni: siate equilibrati, ci vuole equidistanza “per non urtare la sensibilità di chi non si riconosce nel modello occidentale”, ma con toni quel tanto ambigui che lascino intendere che certo il terrorismo (senza l’aggettivo islamico) è da combattere, ma meglio che non si sappia chiaramente chi l’ha armato e messo in atto.
Fino al prossimo drammatico evento.
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Marco Bonora
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