RACCONTI LIDESCHI (TERZO) ovvero I DIARI VENTURI
Arrivo in spiaggia presto portandomi dietro un succulento Maigret d’antan Maigret e l’affare strip-tease, Mondadori 1967. Senza carta scrivo queste ultime note lidesche tra le pagine del libro.
L’ombrellone confina a destra con la passerella così, offrendomi al sole per la prima volta in tre anni, ho una perfetta visuale di “gente che va, gente che viene… che va… tutto senza scopo”: come recita una battuta nel famoso film del 1932, Grand Hotel, un capolavoro della commedia hollywoodiana con la sublime Greta Garbo. Alle orecchie metto le cuffie e tra l’ombra rosata delle palpebre chiuse risuona monumentale il tocco di Glen Gould che esegue L’arte della fuga. Condizione perfetta, se non fosse per uno scalpiccio insistente che mi scuote dalla meditazione musicale. Sono le casalinghe (non solo quelle di Voghera immortalate da Arbasino) tutte munite di permanentina fresca, che s’affrettano all’appuntamento quotidiano presso gli allettanti banchetti dei “vu cumprà” in fase di saldo come un gigantesco outlet che copre la linea del mare. Richiudo gli occhi e Bach come afferma Ramin Baharami mi placa e mi conforta. Una bambinetta arriva di corsa: “buongiorno!” esclama tutta eccitata occhieggiando le cuffie. Accetto la sfida e gliele metto alle orecchie, ma il risultato – ahimè! – è una smorfia disgustata. Così, rotto l’incanto, mi dedico all’osservazione del passeggio. Due signore discutono sul com’è difficile andare in villeggiatura a causa delle badanti che si prendono le ferie proprio in agosto e rendono così la vita impossibile. Proprio ieri Guido Ceronetti scrive un impagabile inno alle preziose badanti, vestali di difficili vecchiaie e custodi integerrime di una lingua italiana destinata al declino. Ma “gente che va” lascia il posto ad altre visioni e altri commenti: villeggianti che percorrono la passerella atteggiando il viso a quel disgusto che aleggia sui visi delle modelle come quelle di oggi che esibiscono la loro noia sponsorizzata riempiendo le pagine dei quotidiani per offrire borse e pellicciotti. E nel passaggio la “ggente” si offre non solo nel lato A ma anche in quello B malamente coperto da strisce minuscole di stoffa che a malapena s’inseriscono tra imponenti chiappe che sobbalzano per l’almodovariana “carne tremula”.
Il gentilissimo signore tedesco che occupa l’ombrellone alla mia sinistra e che parla un perfetto italiano s’interroga e m’interroga sulla situazione italiana che non riesce a capire. Tagli alle pensioni? “Mah!” anche se oggi ci si affretta a smentire qualsiasi intervento. I Bronzi di Riace all’Expo? “Mah!” anche se ci si chiede se fosse il caso, prima di “spedirli”, di elaborare una legge accettabile sulla sicurezza e la necessità dei viaggi delle opere d’arte. La grandezza di Verdi? “Non ci sono dubbi”.
Le vacanze(?) stanno per finire e la natura lentamente sta riappropriandosi dei suoi ritmi; così alla fine immagino l’imminente e prossimo viaggio.
Qualcuno mi chiede dei Buskers. Di fronte al terrore palese espresso dal mio viso, desiste mentre fugacemente mi passano davanti antiche ossessioni di musica da strada suonata sotto le mie finestre (allora abitavo proprio sotto il campanile del Duomo) che m’indussero a fuggire in campagna.
All’imminente ritorno in città m’attendono Dosso a Trento, le collezioni Cini a Venezia da preparare per gli Amici dei musei e poi Boldini a Forlì, il bimillenario di Augusto, il Barocco a Roma. Tutte meravigliose storie che gli amici organizzatori mi promettono di presentare a Ferrara.
E così il Lido degli Estensi non più Laido mi saluta con una giornata perfetta, dandomi appuntamento ad un altro anno e ad altre considerazioni.
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Gianni Venturi
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