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da: Claudio Riccadonna, Ala (Tn)

Gentile Direttore,
un suicidio ogni giorno e mezzo. E’ un semestre nero, a tinte fosche, quello appena trascorso: nei primi sei mesi del 2015 sono addirittura 121 le persone che hanno deciso di farla finita per motivi di natura strettamente economica (per onor di cronaca 71 i casi di tentato suicidio per le stesse ragioni). E’ un dato drammatico, il peggiore dal 2012, con un incremento quasi pari al 100% rispetto a tre anni fa, con una progressione significativa specialmente nel Mezzogiorno e nel Nord-est, e che ha visto, ancora una volta il Veneto protagonista disperato e, in assoluto, rappresenta l’area maggiormente colpita.
Insomma, rispetto a queste cifre dolorose, alle troppe “vittime”, a che pro i tanti proclami sensazionalistici di ripresa?… Almeno questi “numeri” dissentono dai facili entusiasmi. La politica che, nonostante il propalare di continue e salvifiche promesse, non riesce quindi a fornire delle risposte significative e ad arginare un crescente dramma sociale.
La crisi spinge, ben lo sappiamo, a gesti disperati, di forte impatto emotivo, che lacerano profondamente la coscienza collettiva e che scuotono anche le sensibilità più refrattarie ( come chi sceglie, tragicamente, di darsi fuoco e di morire fra atroci sofferenze); la crisi “uccide nello spirito” quotidianamente e silenziosamente; lo testimoniano i casi di coloro, e sono innumerevoli, che braccati da un sentimento di impotenza e d’incolpevole fallimento si spengono e si annullano lentamente; ormai disillusi, si lasciano “abbruttire” dalla mancanza di motivazioni presenti e di prospettive future e sprofondano in uno stato di dolorosa prostrazione materiale e psicologica.
Giovani laureati e oltremodo specializzati, costretti a ripianificare e a rivedere i propri progetti, ad accettare, nel migliore e più fortunato dei casi, professioni demansionanti ( moltissimi i giovani che risultano sottoinquadrati, cioè che possiedano un titolo superiore a quello richiesto per svolgere quella professione); cinquantenni, che improvvisamente si trovano senza lavoro e sono necessitati ad arrabattarsi per sopravvivere, a condividere, ad un’età un tempo da pensione, con milioni di ventenni/trentenni disoccupati e precarizzati, la stessa condizione di instabilità (forse, tardi, per avere la forza di ripartire da zero e di rimettersi in gioco dal nulla…); troppi accomunati dallo stesso destino, dal doversi trascinare faticosamente in un’esistenza priva di luce e di speranza, senza alcuna via d’uscita.
Quanti casi potremmo porre all’attenzione in questo drammatico ed insanabile busillis!…

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