Fino a domenica 16 gennaio, al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara va in scena lo spettacolo musicale dedicato a Enzo Jannacci. Il protagonista principale di questo evento è Stefano Belisari (in arte Elio) che, senza il gruppo Storie Tese, è accompagnato in questa escursione tra memoria e canzoni da un gruppo di bravi musicisti.
“Ci vuole orecchio (Elio canta e recita Enzo Jannacci)” è il titolo dello spettacolo diretto da Giorgio Gallione. Il perché di questo tributo a Jannacci forse sta in quello che Elio ha detto di recente in una intervista. “Enzo era in classe con mio padre e ne ho sentito parlare fin da quando ero piccolo”.
In una novantina di minuti, Elio traccia un proprio ritratto di Jannacci alternando monologhi e numerose canzoni del vasto repertorio del cantautore milanese scomparso nove anni fa. Ovviamente, la scelta delle canzoni, sempre molto ben eseguite, è soggettiva e difficilmente contestabile anche se, del poliedrico cantautore appare poco la sua anima trasgressiva, ‘politica’ che lo ha visto incappare più volte nei fulmini della censura. Famosa la bocciatura della canzone Ho visto un re a Canzonissima nel 1968 da parte della commissione RAI che la giudicò intrisa di significato politico e dai toni polemici. A supporto di questa piccola annotazione critica, la canzone di apertura (e di chiusura) dello spettacolo è Saltimbanchi che nel testo dice: “Saltimbanchi, Saltimbanchi/ È facile se si è/ Gente che è fetente/ Come questa qua/ E Saltimbanco non guardare/ Saltimbanco non toccare/ Saltimbanco non pensare/ Non tentare di capire”. Diverso, invece, è il mio punto di vista sui monologhi. A parte qualche eccezione, come quello “sulla coscienza e l’insalata di mare” dove tocca momenti ironici molto divertenti, gli altri monologhi sono stati lunghi, infiniti e qualche volta scontati. Se si fosse dato spazio, ad esempio, alla versione non censurata di “Vengo anch’io. No, tu no”, accorciando o togliendo alcune escursioni di inutile scurrilità, lo spettacolo di Elio ne avrebbe guadagnato.
Jannacci cantava “cose strane” in dialetto meneghino come El purtava i scarp del tennis e T’ho cumpra i calzett de seda che hanno fatto la storia della canzone d’autore italiana e che sono state eseguite da Elio. Elio è un grande estimatore di artisti non omologati come, ad esempio, Frank Zappa.
In una intervista di alcuni anni fa, Elio dice di Zappa che è stato un esempio di quel che deve fare, essere un artista. “Applicarsi al massimo, cercare nuove idee e nuovi spunti e non omologarsi mai”. Una riflessione che può valere anche per Jannacci che, nella sua vita d’artista, non si è mai adagiato su cliché di canzoni monotone e…mononote.
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Pierluigi Guerrini
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