Alla base dell’operato di Danilo Dolci c’è l’esperienza di partecipazione popolare, attuata soprattutto in quella Sicilia da lui scelta come luogo simbolo per le difficili condizioni di vita, la povertà diffusa ed un degrado urbano giunto al tempo a livelli insostenibili. Un progetto a lungo termine sposato da buona parte di quella stessa cittadinanza allo stremo, riconosciutasi nei valori e negli obiettivi di un uomo che ha deciso di abbandonare tutto, laurea in architettura compresa, per dedicare la propria vita all’attenzione verso i più deboli e gli emarginati. E’ ciò che si ricava dagli interventi di Francesca Leder e Leandro Picarella, ospiti del consorzio Wunderkammer che, nella suggestiva cornice di palazzo Savonuzzi, ha offerto il palcoscenico per un importante evento, tenutosi sabato scorso, dal titolo “Ciascuno cresce solo se sognato” e incentrato appunto sulla figura di Danilo Dolci, attivista della nonviolenza e intellettuale tra i più importanti del dopoguerra, scomparso nel 1997.

Organizzata da Urban Center Ferrara e dalle associazioni “Basso Profilo” e “Farmacia delle Immagini”, la serata è stata introdotta dall’intervento di Anna Rosa Fava, portavoce del sindaco e responsabile del percorso partecipativo “Ferrara Mia”. Fava ha illustrato le principali attività dell’ufficio Urban Center, oltre che dello stesso percorso di “Ferrara Mia” e i suoi obiettivi nell’ottica della cittadinanza attiva.
Ospiti della serata due personalità la cui attività ruota da tempo attorno alla memoria di Danilo Dolci: la docente del dipartimento di Architettura di Unife Francesca Leder, studiosa di tematiche di urbanistica partecipata e appassionata cultrice del pensiero di Dolci, e il regista Leandro Picarella, co-autore del documentario “Dio delle zecche – Storia di Danilo Dolci in Sicilia” proiettato a conclusione dell’evento.
Nei loro interventi, i due esperti hanno contribuito a tracciare una dettagliata biografia dell’attivista triestino, trapiantato in terra siciliana, soffermandosi sulle principali fasi della sua densa opera, basata su non-violenza, digiuni, scioperi e manifestazioni.
E così hanno ricordato i primi scioperi della fame di Dolci a Trappeto nei primi anni ‘50, simbolicamente scelti per attirare l’attenzione circa la denutrizione infantile diffusa in quelle zone, ma anche gli “scioperi alla rovescia”, incentrati sul fatto che “i disoccupati, al contrario degli operai che decidono di non lavorare, possono altresì scioperare lavorando in questo caso al riordino di strade”. Quest’ultimo fatto provocò, davanti all’incredulità di tutta la nazione, l’arresto di Dolci, poi scagionato, difeso nel processo anche da Piero Calamandrei.
Nel ’57 arrivò la vittoria del Premio Lenin per la pace, accettato da Dolci nonostante il suo rifiuto di avvicinarsi a qualsiasi partito politico e i molti tentativi di avvicinamento da parte di varie fazioni. Parallelamente, in quegli anni, si sviluppava anche il suo impegno nella denuncia del potere mafioso.
Ma Danilo Dolci non fu solamente un’attivista, come hanno testimoniato nei loro interventi Picarella e Leder, specificando i ruoli di sociologo, scrittore e soprattutto educatore che lo hanno reso un personaggio incredibilmente ampio e dalle mille risorse. Soprattutto sul versante educativo, importantissima fu l’applicazione del “metodo maieutico”, consistente nell’idea che “chiunque vada ascoltato, coinvolto e assolutamente non escluso dal confronto, in modo da raggiungere la pura verità”. Questo fu il punto di partenza per altre grandi conquiste di Dolci in terra siciliana, come la realizzazione della diga sul fiume Jato, nata dalla partecipazione attiva dei cittadini, e la nascita del Centro Educativo di Mirto.

Dopo gli interventi, è stato poi il momento della proiezione del documentario prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema – Sede Sicilia con registi lo stesso Picarella e Giovanni Rosa. Il protagonista è En Dolci, figlio di Danilo, ripreso durante il suo viaggio dalla Svezia (paese nel quale è cresciuto) alla Sicilia sulle orme del padre. En ha avuto la possibilità di confrontarsi con chi suo padre lo ha conosciuto per davvero, chi con lui ha collaborato e chi lo ha solamente sentito nominare. Particolarmente importanti e significative si sono rivelate le immagini di archivio recuperate dai registi.
Un tributo quindi alla memoria di un uomo che ha sicuramente lasciato il segno in una terra, la Sicilia, che ha trovato anche grazie al suo prezioso contributo la forza di reagire. Un esempio, oggi più che mai, da seguire nella nostra quotidianità e fondamentale per la nostra società, così bisognosa di tornare a dare importanza e centralità alla partecipazione attiva dei cittadini.

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Andrea Vincenzi
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