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In Ucraina, sotto le bombe, molte madri surrogate con i loro figli in grembo, sono state trasferite in un bunker per tutelare ‘la mercanzia umana’ commissionata dalle coppie occidentali.

“L’Ucraina è la seconda meta mondiale per la Gravidanza per altri (Gpa), con un numero variabile tra i 2.000 e i 2.500 bambini nati ogni anno. Secondo alcune stime, attualmente, sarebbero circa 800 le donne incinte per conto di coppie straniere e oltre 2mila le coppie straniere che hanno congelato embrioni nelle 33 cliniche che offrono servizi di Gpa“ (Fonte: IO DONNA Repubblica).

Dunque, ai primati di materie prime e commerciali dell’ l’Ucraina , di grande interesse per l’economia  globale capitalista si aggiunge anche quello dello maternità surrogata, della riproduzione artificiale, del mercato di ovuli e sperma.

Per me oggi sarebbe bene ribaltare le categorie economiche e avere il coraggio di dire che l’economia fondata sui corpi intesi come macchine modificabili a piacimento, integrabili con intelligenze artificiali, modificabili geneticamente, curabili e implementabili attraverso  ogni forma di medicina da remoto, saziabili con  alimenti prodotti nei laboratori, è diventato l’obiettivo primario del capitalismo transumanista.

La maternità surrogata, raccontata come una pratica d’amore e di salute pubblica (si faranno bambini su commissione con diagnosi pre-impianto e modificabili geneticamente a seconda dei gusti, dunque sani e belli – chi lo dice?- in realtà eugenetica pura) è la via scelta dai transumanisti per rendere accettabile all’opinione pubblica tutto il loro progetto sull’umanità. Un progetto che prevede che l’uomo diventi dipendente  totalmente dalla tecnologia e dunque da laboratori biologici e tecnologici.

L’ industria della riproduzione artificiale, con tanto di mercato di pezzi di corpo,  introdotta molto tempo fa, sempre attraverso una accurata narrazione di cura, quando cura non è, è diventata  sempre più fiorente e considerata dai transumanisti una delle strade in grado di frenare il collasso del sistema economico mondiale.   Come non vedere che la riproduzione artificiale, la  pratica della maternità surrogata, la manipolazione genetica dei corpi  è l’apoteosi del sogno onnipotente patriarcale del controllo dei corpi che secolarmente si è fondato sul corpo delle donne?

Il patriarcato, infatti, come dice bene Adriana Guzman (femminista attivista boliviana) “è il sistema che produce tutte le oppressioni, tutte le discriminazioni e tutte le violenze che vive l’umanità e la natura, ed è costruito storicamente sopra il corpo delle donne!”.

Questa tragica guerra è una guerra tra due visioni del mondo patriarcali, continua a non cambiare nulla, e per chi vuole vedere le cose come stanno, il mercato della maternità surrogata lo evidenzia in modo eclatante.
Lo schieramento binario produce il divide et impera,  tecnica efficace e già collaudata durante la pandemia, che impedisce qualsiasi confronto dal quale nascerebbe pensiero critico alla filosofia che governa le scelte dei potenti del mondo.  La questione delle madri surrogate e dei bambini nati da surrogata oggi sotto le bombe, definita “tragedia nella tragedia”, mette a nudo l’ipocrisia di tutti quelli che si dichiarano pacifisti ma che usano parole di guerra e restano convinti della sua inevitabilità.

Ma, sempre Adriana Guzman: “Non si possono prendere decisioni nel mondo senza le parole delle  donne, senza lo sguardo delle donne. Abbiamo un modo di guardare al mondo , un modo di sentire il mondo diverso e tutto nostro. E questo è il mondo che non c’è,  questo è il motivo per il quale  gli errori in questo mondo si ripetono, si riproducono e  si sostengono: perché manca lo sguardo delle donne, perché non ci sono ne luoghi ne le parole delle donne ne tantomeno la naturalezza delle donne e dunque non c’è equilibrio possibile. Se non c’è il mondo delle donne non è possibile nessuna giustizia sociale né alcuna convivenza pacifica. Le donne devono essere presenti in tutte le decisioni. Non basta che le donne partecipino devono potere prendere delle decisioni!....”.

Una delle strade è che il popolo si riconosca potere, non accetti passivamente la propaganda che ormai da tempo ci invade, si metta di traverso, produca pensiero e azione critica e apra finalmente alle parole e alle decisioni delle donne.

Alle madri russe e alle madri ucraine, le donne che quotidianamente si adoperano per mediare le relazioni in famiglia, chiedo di mettersi attorno a un tavolo. Solo loro possono trovare il modo di non mandare in guerra i loro figli, i loro mariti i loro fratelli. Perché nessuno vuole questa guerra e nessuno vuole morire per i grandi e occulti interessi di pochi che, per di più, hanno in mente un disegno per l’umanità che cancella il senso stesso di essere umano.

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Roberta Trucco

Classe 1966, genovese doc (nel senso di cittadina innamorata della sua città), femminista atipica, felicemente sposata e madre di quattro figli. Laureata in lettere e filosofia con una tesi in teatro e spettacolo. Da sempre ritengo che il lavoro di cura non si limiti all’ambito domestico, ma debba investire il discorso politico sulla città. Per questo sono impegnata in un percorso di ricerca personale e d’impegno civico, in particolare sui contributi delle donne e sui diritti di cittadinanza dei bambini. Amo l’arte, il cinema, il teatro e ogni tipo di lettura. Da alcuni anni dipingo con passione, totalmente autodidatta. Credente, definita dentro la comunità una simpatica eretica, e convinta “che niente succede per caso.” Nel 2015 Ho scritto la prefazione del libro “la teologia femminista nella storia “ di Teresa Forcades.. Ho scritto la prefazione del libro “L’uomo creatore” di Angela Volpini” (2016). Ho e curato e scritto la prefazione al libro “Siamo Tutti diversi “ di Teresa Forcades. (2016). Ho scritto la prefazione del libro “Nel Ventre di un’altra” di Laura Corradi, (2017). Nel 2019 è uscito per Marlin Editore il mio primo romanzo “ Il mio nome è Maria Maddalena”. un romanzo che tratta lo spinoso tema della maternità surrogata e dell’ambiente.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it