Tutti gli accorgimenti per una spesa intelligente
di Valeria Balboni
Anche fare la spesa richiede competenza. Avendo alcune accortezze si può agire razionalmente ed evitare abbagli. L’occasione di mettersi alla prova e fare pratica è stata offerta dal festival di Altroconsumo [vedi]. Un gruppetto di mattinieri accompagnati da due ‘guide’ esperte dell’assocaizone, a loro completa disposizione per dare consigli e rispondere a dubbi e domande. Luogo ‘dell’escursione’, la Despar di Porta Reno. C’eravamo anche noi ed ecco tutto ciò che abbiamo appreso.
Innanzitutto, una raccomandazione: seguire sempre una lista, che deve essere stesa secondo una programmazione dei pasti della settimana, o almeno dei primi giorni.

Prima sosta al settore ortofrutta: in ogni cestone deve essere indicata la denominazione del prodotto, l’origine e il prezzo al chilo. Sembra banale ma bisogna sempre fare i confronti considerando il prezzo al chilo e non quello posto sulla confezione dei pomodorini o sul sacco delle patate, che può trarre in inganno. Per la salute, e per l’ambiente, meglio scegliere verdure di stagione. Occhio alle verdure di quarta gamma (le insalate pronte, in busta): sono più delicate perché già lavate e tagliate, quindi bisogna conservarle sempre in frigo, mangiarle prima possibile e, una volta aperto il sacchetto, entro due giorni. Attenzione poi al prezzo, perché sono comode ma costano anche tre-quattro volte di più delle verdure sfuse.
Prodotti senza glutine: fondamentali per che soffre di celiachia, ormai sono di moda e sono scelti anche da tanti che non hanno questo disturbo, convinti di mangiare qualcosa di più salutare. In realtà il glutine fa male a poche persone (si stima che soltanto l’1% della popolazione sia allergico), gli alimenti che non lo contengono sono molto costosi e non portano nessun vantaggio a chi non è intollerante.
Succhi di frutta e spremute: i succhi che si trovano nel banco-frigo sono gli unici ottenuti direttamente dalla spremitura dei frutti, gli altri sono preparati a partire da succo concentrato. Attenzione alle etichette: ananas, mela, arancia e pompelmo di solito sono succhi di frutta al 100%, tutti gli altri sono allungati con acqua. Questa diluizione cambia il sapore, quindi i succhi allungati (che si dovrebbero chiamare nettari, o bevande a base di frutta, a seconda della composizione) sono sempre addizionati con zucchero e a volte anche aromi, antiossidanti e addensanti. I succhi di arancia sono un caso particolare: quasi tutti i marchi producono succo di arancia bionda al 100%, e succo di “arancia rossa” (con confezione molto simile) che contiene intorno al 20-30% di succo, poi acqua, zucchero e aromi. Le confezioni sono simili ma contengono prodotti diversi: spesso i bambini preferiscono il secondo tipo…chissà perché?
Merendine e biscotti: qui vale la pena leggere con attenzione l’elenco degli ingredienti, ricordando che il primo è il più abbondante e via via seguono gli altri in ordine di quantità decrescente. Nei biscotti e nelle merendine la farina è sempre il primo ingrediente, poi se la giocano zuccheri e grassi – con la nota predominanza dell’olio di palma [vedi] – e le differenze ci sono. Confrontando elenco degli ingredienti e tabelle nutrizionali possiamo scoprire, per esempio, che un biscotto può avere 30 calorie ma può anche averne 90.
Attenzione alle offerte, di solito sono messe in evidenza all’interno di cestoni: sono molto attraenti, ma sono un affare solo quando acquistiamo qualcosa che avremmo comunque comprato. Altrimenti si rischia di fare spese inutili. Anche in questo caso è importante fare confronti: spesso il prodotto di marca in offerta non costa meno del prodotto analogo a marchio del supermercato, venduto a prezzo intero. Altroconsumo ha condotto un’indagine da cui risulta che, facendo la spesa con solo prodotti di marca in offerta, il risparmio annuo, rispetto alla media dei prodotti a scaffale, sarebbe del 2-3%, acquistando solo prodotti a marchio del supermercato il risparmio sale al 19%, mentre comprando solo prodotti di primo prezzo sale al 33%. Considerando anche i risultati qualitativi dei test effettuati dall’associazione, il consiglio è di acquistare quando possibile i prodotti con il marchio della catena, che risultano buoni e convenienti.
E arriviamo all’olio: l’extra-vergine di oliva riporta in etichetta il frantoio e l’origine delle olive che può essere italiana, comunitaria, extracomunitaria o, come accade spesso, una miscela. È uno dei prodotti più soggetti a frodi e le valutazioni per stabilire se un olio è davvero extravergine si basano su analisi chimiche e sensoriali. Purtroppo, secondo una recente inchiesta, un buon numero di prodotti sarebbero da declassare da “extravergini” a “vergini” [vedi].
Carne e pesce: se vogliamo sapere cosa mangiamo bisogna controllare l’origine e la presenza di additivi. La nuova normativa sulle etichette dei prodotti alimentari (in vigore da dicembre 2014, leggi il pdf ) prevede l’indicazione di origine per tutti i tipi di carne non lavorata (non c’è sui salumi) e per il pesce. Per quest’ultimo deve sempre essere indicata la tipologia, se fresco, surgelato, congelato o decongelato, se allevato o pescato, in quale zona e con quali strumenti di pesca [vedi]. I pesci che vanno di più, come orate, branzini e salmone, provengono da allevamenti. Occhio poi agli additivi: nei gamberetti, per esempio, abbiamo trovato antiossidanti per conservarli, ma anche coloranti.
Uova: quelle in vendita sugli scaffali dei supermercati riportano per legge una data di scadenza che cade 28 giorni dopo la deposizione. Sulla confezione e sul guscio è stampato un codice che ci permette di risalire al tipo di allevamento (0 = biologico, 1= all’aperto, 2 = a terra, 3 = in gabbia), segue la sigla dello stato di produzione, poi un numero riferito al comune di produzione, la sigla della provincia e il codice dell’allevamento [vedi].
E siamo arrivati al banco frigo: da lasciare a fine spesa per evitare danni ai prodotti deperibili. Il latte fino a pochi anni fa si trovava solo fresco (pastorizzato) oppure a lunga conservazione (Uht, trattato ad alte temperature); il primo scade, per legge, sette giorni dopo la mungitura, quello Uht dura fino a sei mesi. Oggi si trovano anche tipologie intermedie, che durano più di una settimana ma, rispetto a quello a lunga conservazione, mantengono sapore e composizione nutrizionale più simile al latte fresco: il latte pastorizzato ad alta temperatura dura fino a tre settimane, quello microfiltrato circa due settimane. Questi, come il latte fresco, devono essere conservati in frigo, il latte Uht invece si conserva a temperatura ambiente, ma naturalmente solo finché è chiuso. Una volta aperta la confezione, tutti i tipi di latte devono stare in frigo ed essere consumati entro tre giorni.
Per finire, i surgelati: da acquistare per ultimi per non rischiare che si scongelino. Prima di tutto controllare la temperatura del freezer, che deve essere inferiore a – 18 gradi. La maggior parte dei prodotti surgelati, se non sono trattati con additivi, mantiene le stesse caratteristiche nutrizionali del fresco, occhio però ai piatti pronti: meglio leggere le etichette perché gli ingredienti non sono sempre il massimo per la salute. Le verdure miste a volte sono addizionate con grassi, per essere pronte da spadellare, e i famosi bastoncini di pesce contengono una percentuale di questo alimento che si aggira intorno al 60%, il resto è panatura.
Abbiamo fatto il pieno di consigli preziosi. La cosa più importante però è sempre la stessa: informarsi e leggere le etichette, solo così possiamo sapere cosa compriamo e cosa mangiamo.
Valeria Balboni è biologa, ha frequentato il Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara. Da 15 anni lavora nell’editoria parascolastica (per AlphaTest) e dal 2011 collabora con il Corriere della sera. Appassionata di divulgazione scientifica, si occupa in particolare di alimentazione, ambiente e sostenibilità.
va.balboni@gmail.com

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Redazione di Periscopio
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)