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di Eleonora Rossi

“Una vita sola non poteva bastarmi”, sorride Matteo Pazzi.
Ecco perchè ha iniziato a moltiplicarsi, a generare esistenze parallele di carta. Sulle orme illustri dello scrittore portoghese Fernando Pessoa, Matteo Pazzi ha creato una realtà ulteriore: gli abitanti di questa nuova dimensione – per ora più o meno 54 – hanno tutti qualcosa da dire o da scrivere. Respiri appena nati, storie che si rifrangono come in un gioco di specchi, in una terra chiamata “Contro”. Circa 1400 pagine pubblicate in appena sei mesi, a partire dall’autunno 2015. Otto volumi per 54 ‘eteronimi’.
Copertina rigorosamente bianca, graffiata di nero, essenziale, senza immagini: gli opposti vicini nel cielo bianconero della pagina poetica. “Contro” (Edizioni Amazon, Progetto “Sconfinamento John Doe”) è un’impresa ‘ai confini della realtà’, che potrebbe recare in sé le premesse per diventare un caso letterario.

Matteo-Pazzi
Matteo Pazzi

Dietro le sei lettere del titolo rimbomba un mondo le cui creature hanno tutte a che fare con Matteo Pazzi.
Classe 1977, nato a Este, ma di casa a Voghiera, Pazzi è penna talentuosa: poeta, saggista, narratore. Dal 2000 ha pubblicato quattro raccolte poetiche e tre opere narrative e ha partecipato a numerose antologie. La sua scrittura è stata apprezzata in moltissimi premi letterari.

Matteo Pazzi non ama farsi fotografare. Di solito si siede nelle ultime file della sala. Indossa maglioni ampi e caldi, come abbracci di lana. Compra e legge libri, voracemente: oltre cinquemila volumi allineati in bella vista negli scaffali di casa sua. E poi scrive, scrive, scrive. Dietro le lenti sottili, l’azzurro sconfinato di uno sguardo cresciuto respirando pagine di cultura. Rispettoso, attento, garbato, ama ascoltare (e sa ascoltare davvero). Ma quale disinvoltura e determinazione quando prende la parola e invita a entrare nel suo universo.

In “Contro” hai dato vita a ben 54 ‘eteronimi’: che cosa sono precisamente?
Gli eteronimi non sono pseudonimi, bensì personalità poetiche autentiche e complete. Il maestro di quest’arte è Fernando Pessoa, che era solito scrivere lettere a se stesso. Creava intorno a sé un mondo fittizio, si circondava di amici e conoscenti che non erano mai esistiti.

Puoi spiegarci che cosa significa per te “Contro”?
“Contro” è un sogno che diventa realtà. Nasce da un lungo ‘esilio recanatese’ ed è stato svezzato dal desiderio di arricchire il panorama letterario ferrarese attraverso l’elaborazione di un’intera letteratura: molti eteronimi abitano a Ferrara o la conoscono.

Quando è iniziata questa avventura?
Ufficialmente il primo eteronimo, Alfonso M. Sanchez, è nato il 23 marzo 1999, quasi 17 anni fa.
“Contro” rappresenta l’ombrello sotto al quale ho raccolto gli eteronimi. Cerco di spiegarmi.
L’ammontare quantitativo della produzione dell’ortonimo Matteo Pazzi supera quella dell’intera opera. Tale produzione dell’ortonimo, di cui è stata pubblicata una piccola parte, può essere suddivisa in stagioni creative. Dai 15 ai 18 anni (1992-95): la disperazione della lettura e della filosofia. Dai 18 ai 21 anni (1995-1998): la scoperta di una strada. Dai 22 ai 37 anni (1999-2015): l’opera dell’ortonimo (dall’apprendistato poetico in poi) e le opere degli eteronimi. Da marzo 2015: l’ultima spinta.
L’idea di raccogliere “Contro” nasce ad aprile del 2015 come necessità di fare i conti con un intero mondo. Un lavoraccio. Molte opere degli eteronimi erano manoscritte. Ho dovuto trascrivere al computer molto materiale. Le opere pubblicate rappresentano una selezione di testi, mi piacerebbe un domani pubblicare una versione ampliata. Chissà se ci riuscirò…

Gli eteronimi ti consentono di entrare nei panni di altre personalità, di assumerne la voce. Come ti sei sentito vedendo queste esistenze prendere forma?
Come se avessi abbracciato sogni che non avrei mai immaginato di sognare. Come se avessi guardato il mondo al di là di quanto siamo stati educati a osservare.
Pensare contro se stessi. Abdicare dalle proprie assurde convinzioni. Gli eteronimi sono stati una lezione di umiltà intellettuale e un grido di realtà. La realtà supera sempre l’immaginazione. Quando si vede dall’esterno la piccolezza della propria vita si diventa umili.

I tuoi eteronimi sono tutti “Contro” qualcosa…
Sono contro chi dice che tutto è finito. Sono contro chi per decenni ci e mi ha fatto sentire una nullità. Sono contro chi sostiene che sia stato già detto e scritto tutto. Sono contro chi spara giudizi solo per il gusto di ricondurre la complessità del mondo a una bacheca virtuale. Sono contro chi apre la bocca solo per darle aria. Sono contro chi umilia le altre persone, magari sfruttando la miserabile piccola posizione di potere più o meno meritatamente acquisita. Sono contro chi non permette all’altro da sé di crescere per paura che il discepolo superi il maestro. Sono contro chi ha paura della diversità perché non capisce che è quella sua paura ad essere l’unica vera diversità. Sono contro chi non ha immaginazione e odia chi ce l’ha.

Queste tue riflessioni ci fanno ricordare che ti stai dedicando anche a un saggio filosofico dedicato alla non conoscenza, “Amathia”. Puoi anticiparci qualcosa?
In effetti, dopo anni di silenzio, sono ritornato a occuparmi di filosofia. Facendo autoanalisi posso affermare come in me sia presente un percorso ossessivo compulsivo. Ogni nuova fase parte da una fondazione filosofica, cui segue quella poetica, narrativa e teatrale.

Perché un testo di filosofia oggi?
La filosofia oggi è una faccenda accademica. Gli accademici italiani sono ottimi divulgatori e ottimi filosofi. Ma chissà se un non accademico come me, usando anche gli attrezzi della narrativa e della poesia, può tirare fuori qualcosa di passabile dal punto di vista filosofico…

È interessante questo approdo alla poesia in un saggio filosofico, soprattutto se si pensa al tuo stile, alle metafore luce che si conficcano come chiodi nella mente. Le tue immagini si fanno breccia interiormente, senza mediazioni. Quando hai iniziato a scrivere? E perché?
Ho iniziato all’età di 14 anni circa, in prima liceo scientifico. La professoressa e poetessa Rita Montanari mi trasmise la passione per la letteratura, mentre il professor Rinaldi l’interesse per la storia e la filosofia. Iniziai a scrivere perché stavo cercando disperatamente qualcosa.
Poi incontrai Gianna Vancini e il Gruppo Scrittori Ferraresi, per me una sorta di culla di amicizie ed esperienze culturali. Quindi l’incontro con il Gruppo del Tasso, un’associazione culturale alla quale tengo perché secondo me assomiglia a un laboratorio creativo di letteratura e scrittura e, soprattutto, è un contesto di amicizia.

Cos’è, invece, il progetto John Doe?
In Italia il mondo editoriale se la passa male. Molti editori per sopravvivere, in particolare se si occupano di saggistica e di poesia, sono costretti a chiedere all’autrice/autore un contributo come compartecipazione al costo del libro. Il progetto John Doe (John Doe è il nome che negli Usa viene dato ai cadaveri senza nome) nasce per le opere non pubblicabili nei canali ufficiali, se non a costi esorbitanti, come per esempio “Contro” e si avvale del sistema Createspace Amazon. Ogni volume ha un codice Isbn, viene commercializzato su Amazon e può essere acquistato sia in cartaceo che in ebook al prezzo stabilito dall’autore (la mia politica è il prezzo più basso possibile). L’autore ha il controllo completo sulla realizzazione del libro. Di fatto è un’opera artigianale.

Che cosa rappresenta in definitiva la scrittura per te?
Rappresenta un modo di svestire il mondo.

E’ vero che, dopo gli otto volumi di “Contro”, stai continuando a scrivere, quasi come fossi sotto dettatura?
È nato un altro eteronimo, Mark G. Santello. Ha pubblicato all’interno di John Doe un poemetto intitolato “Il campo profughi”.

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I volumi di Contro

E così fanno 55. Un’altra creatura di Matteo Pazzi, con un nome e un’identità precisa, si aggira tra le pagine, in un sorprendente effetto domino. C’è l’eteronimo che scrive lettere a una persona reale. O la storia d’amore tra due eteronimi, Francesca Elisa Storari e Sabastian Caroso Xilosof.
“Rammento con fastidio la scomparsa del Conte Simone Francesco de La Fare, sparizione alla quale il me ortonimo ha dedicato una lunga e pessima trilogia narrativa gialla/noir/poliziesca – racconta ancora l’autore -. Con profonda riconoscenza il mio sguardo cerca fra la folla quello di Bernardo B. Angeli, autore di un’opera narrativa intitolata “Il banchetto dell’esistenza”, opera assente in “Contro” (possiamo leggere soltanto le recensioni realizzate da diversi altri eteronimi e da me medesimo) e nel mondo reale, ma presente nella mia mente e nel mio cuore”. C’è la poesia che un eteronimo dedica alla madre, unica strada praticabile da Matteo Pazzi per rivolgersi in versi a sua madre.
Perché, infine, esiste un dialogo pazzesco dentro a ogni persona e lo scrittore sa attualizzarlo, in una rappresentazione senza precedenti: “Sono ancora vivo!/Molte voci incendiano la mia esistenza,/molti sentieri inseguono le mie gambe./Immaginare e sentire, /le leve con le quali/prendere in braccio/il mondo”.
L’eteronimia è una sorta di reazione a catena, di effervescente contagio: un cortocircuito letterario con sconfinamenti oltre la pagina.
Chissà quante vite devono ancora staccarsi da Matteo Pazzi e dalla sua penna: “”Contro” non finirà mai”.

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Redazione di Periscopio

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