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Quando riceviamo la notizia di un incidente automobilistico, chiediamo immediatamente lo stato di salute del conducente e dei viaggiatori. Nessuno si preoccupa del danno all’auto e dei frammenti dei componenti eiettati nei dintorni, dei gas di combustione dell’incendio e dei liquidi usati dai pompieri per spegnerlo, dell’olio e delle benzine, ossia di tutte le sostanze riversate nell’area dell’incidente.

Sendai, capoluogo del Tohoku, regione del Giappone settentrionale, dista dalla città di Fukushima circa 200 km. Da quando sono partito per Sendai, mi sono sentito spesso chiedere: “Ma come sono messi con le radiazioni?”. Ora sono tre mesi che vivo a Sendai e questa domanda ha continuato sempre a farmi lo stesso effetto di: “Ma dopo l’incidente automobilistico, che fine hanno fatto i liquami delle auto?” Un’altra domanda però mi si è parata davanti al finestrino, con la stessa prepotente velocità con cui viaggia lo shinkansen (il treno ad alta velocità giapponese, detto anche treno proiettile), quando sono arrivato a Sendai ed ho visto i gelidi container in cui ancora vivono alcuni sfollati del terremoto, ed è stata: “Ma come stanno i sopravvissuti?”

I danni del terremoto e dello tsunami in termini di vittime
Alle 14:46 dell’11 marzo 2011, un fortissimo terremoto di magnitudo 9.0 si abbatté sulla costa nord-orientale del Giappone e sviluppò un devastante tsunami nelle aree adiacenti del Tohoku e Kanto. Fu il terremoto più forte mai avvenuto in Giappone ed il quinto in assoluto a livello mondiale dal 1900. Il risultato fu una catastrofe senza precedenti, con più di 16.000 morti e oltre 3.000 dispersi (stime del maggio 2012). Fra bambini e giovani (dagli asili all’Università) vi furono 654 vittime, 79 dispersi, 262 feriti, mentre fra il personale delle scuole 38 morti, 8 dispersi e 67 feriti. Sono purtroppo ancora stime, e tali rimarranno, in quanto non sarà mai possibile ritrovare e riconoscere i cadaveri devastati dalle onde del mare cariche di rottami e seppelliti da metri di detriti. Nel marzo 2012 gli orfani di entrambi i genitori al di sotto dei 18 anni erano 241. Furono danneggiati più di 12.000 edifici tra scuole, centri sociali, palestre e centri culturali distribuiti in 24 prefetture. Fra questi, 100 scuole devono essere completamente ricostruite e 22 scuole pubbliche sono state adibite a centri di recupero e di rifugio.

Ad oggi, a seguito dello tsunami, sono morte circa 18.500 persone. Questi cinque numeri di morte sono il risultato degli effetti diretti e indiretti dello tsunami.

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Tre anni dopo il terremoto di Tohoku: danni e conseguenze

A distanza di tre anni, circa 136.000 persone sono ancora evacuate dalle aree colpite dallo tsunami. Fukushima, Miyagi e Iwate sono state le tre prefetture maggiormente colpite dallo tsunami. Dati ufficiali dichiarano che nella prefettura di Fukushima sono morte 1.656 persone, in Miyagi 879 ed in Iwate 434, per stress o altre infermità conseguenti l’incidente. Circa il 90% di queste vittime avevano più di 66 anni (dati del Settembre 2013). Le morti indirette sono dovute allo stress fisico e mentale derivante da lunghi soggiorni nei rifugi, dalla mancanza di cure iniziali negli ospedali e dai suicidi. Lo tsunami non rade al suolo solo le case e le campagne, ma azzera il proprio passato, esaurisce le proprie energie. Dal momento in cui ci si rende conto di essere sopravvissuti ai propri cari, si deve iniziare una nuova vita.

I danni in termini di contaminazione
Il terremoto e lo tsunami causarono danni enormi alla centrale nucleare di Fukushima. Quando lo tsunami colpì la Centrale nucleare Daiichi di Fukushima, danneggiò i noccioli dei reattori causando la dispersione delle particelle radioattive nell’atmosfera e nell’oceano, contaminando le acque sotterranee, i suoli ed il mare.
A seguito della catastrofe provocata dal terremoto e dallo tsunami le informazioni riguardanti i danni e le conseguenze delle radiazioni furono spesso superficiali e sbagliate. A seguito dello tsunami i reattori rilasciarono radioattività, iniziò il meltdown e l’acqua radioattiva di raffreddamento percolante raggiunse l’oceano Pacifico. Gli isotopi radioattivi rilasciati nell’aria, successivamente passarono dalle piogge all’oceano. Queste due vie preferenziali, drenaggio e piogge, introdussero nell’area circostante la centrale principalmente Iodio-131, Cesio-137 e Cesio-134, ma dispersero anche Tellurio, Uranio e Stronzio.

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Mappa delle radioazioni nell’oceano Pacifico

Non ci sono stime inconfutabili sulle quantità di questi isotopi rilasciate nell’oceano in quanto la Tepco, la compagnia proprietaria della centrale, non ha pubblicato informazioni ufficiali. Le stime correnti sono di circa 538.100 terabecquerels (TBq), quantità superiore ai livelli di Three-Mile Island (Pennsylvania, 1979), ma inferiore a quelli di Chernobyl (1986).
Dopo alcuni mesi dall’incidente nucleare il Woods hole oceanographic institution (Whoi) americano organizzò una crociera scientifica alla quale presero parte 17 scienziati di 8 istituzioni diverse, allo scopo di campionare le acque antistanti la centrale di Fukushima. Gli scienziati scoprirono elevati livelli di Cesio radioattivo, inferiori tuttavia a quelli pericolosi per la vita umana. I livelli di Cesio diminuirono verso il largo delle coste, in quanto questo isotopo si diluì velocemente nelle acque oceaniche. Gli scienziati misurarono la quantità di Cesio ed altri radionuclidi anche nel plankton e nei pesci e, nelle crociere successive, campionarono i sedimenti dei fondali e le alghe marine. Fino a quel momento, le ricche aree pescose al largo di Fukushima rimasero interdette alla pesca, in quanto i livelli di Cesio erano superiori ai limiti previsti dalla legge giapponese.

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La mappa della radiazione di fondo del Cesio-137 nell’oceano prima di Fukushima [vedi] mostra che i valori di Fukushima precedenti il disastro nucleare sono solo di 4 Bq/m3. Analizzando questa mappa probabilmente non mangeremmo più le pillole di olio di pesce delle aringhe dal mar Baltico né il caviale del mar Nero (valori rispettivamente di 125 Bq/m3 e 52 Bq/m3, derivati dalle radiazioni provenienti da Chernobyl). Nel Mediterraneo i valori di Cesio radioattivo sono quasi il doppio di quelli dell’oceano Indiano, ma circa 10 volte inferiori a quelli dell’Irlanda.

Stato di salute delle risorse ittiche dell’oceano Pacifico
“Ma allora posso mangiare il pesce del Pacifico?” La risposta data dagli esperti per la maggior parte delle aree analizzate è “si!”. Alcune pescherie nel nord del Giappone sono ancora chiuse a causa della contaminazione radioattiva. I pesci che vivono sul fondale sono direttamente esposti alla contaminazione in quanto il fallout si raccoglie sul fondo. I pesci contaminati non dovrebbero superare i severi controlli sulla contaminazione radioattiva effettuati nei mercati ittici. Non è possibile tuttavia garantire l’assenza di pesce contaminato.

L’acqua di percolazione della centrale nucleare contiene Stronzio e Trizio che sono più problematici del Cesio-137. Ma sembra che lo Stronzio si accumuli specialmente nelle lische ed il problema della contaminazione sussiste quindi se mangiamo i piccoli pesci, come le sardine (ed affligge le sardine pescate vicino al Giappone in quanto esse sono principalmente stanziali). I 95 TBq di Cesio radioattivo accumulati nei sedimenti attorno a Fukushima, luogo ancora molto problematico per i pesci che vivono sui fondali, rendono l’area off-limit per le pescherie giapponesi. Per rendere più tranquille le nostre frequenti cene nel sushi bar preferito, Fisher et al. [vedi] hanno analizzato esattamente quanta radiazione riceveremmo mangiando 100 chili di maki-sushi di tonno. I pescatori di tonno nei supermercati riceverebbero 0.9 microSiever di radiazioni, mentre i pescatori dell’oceano ne riceverebbero 4.7 microSv.

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Radiazioni che si ricevono quotidianamente

Questi valori sono circa gli stessi o poco inferiori alle quantità che riceviamo giornalmente dalla sorgente naturale. Per un adulto il rischio relativo di contrarre un tumore a seguito di contaminazione da Cesio 134-137 è di 4.1-4.8% per Siever di dose di radiazione. Quindi un buon gustaio di pesce fresco che mangia circa 124 kg di pesce contaminato proveniente da Fukushima riceverebbe una dose di 4.7 microSiever. A seguito di una lastra di raggi-X al torace eseguita all’ospedale, riceviamo circa 50 microSiever per volta, mentre per un esame gastro-intestinale riceviamo circa 600 microSiever. L’aumento di probabilità di contrarre un tumore per il buongustaio di pesce sarebbe di 0.00002% (cioè 2 nuovi casi di tumore per 10 milioni di abitanti; Fisher et al., 2013).

“Ma allora a che punto siamo?” I fondali prospicenti la centrale devono essere depurati; non si sa ancora come, quando e chi lo farà. A tre anni dal disastro sociale, ambientale ed economico creato dallo tsunami, i ritardi burocratici, i compromessi politici, il dispendio di mezzi ed energie hanno mantenuto l’instabilità sociale nella zona colpita. Molti bambini hanno avuto anni scolastici interrotti, molti non proseguiranno gli studi normalmente. Esiste la generazione Chernobyl (i bambini bielorussi ospitati dalle famiglie ferraresi); ci sarà una generazione Fukushima.
Non mi sembra ci sia tanta differenza fra questa astenia politica giapponese e quella italiana. A due anni dal terremoto dell’Emilia, non si sono avute le idee (e le forze politiche) per ridurre gli effetti che provocherà il prossimo terremoto.

Le domande che hanno accompagnato questa breve analisi dei danni e delle conseguenze dello tsunami del marzo 2011, iniziano con una congiunzione semplice: “ma”. Questa è usata per collegare situazioni che si trovano sullo stesso piano logico. Quindi vorrei che ci ponessimo, per logica, quest’altra domanda: “Ma è possibile ridurre al massimo i danni e le conseguenze del prossimo tsunami?” È certo che non possiamo evitarli.

Davide Bassi è ricercatore e professore aggregato in Paleontologia e Paleoecologia del Dipartimento di Fisica e scienze della terra dell’Università degli studi di Ferrara. A Sendai è visiting professor presso la Tohoku University Museum (Institute of Geology and Paleontology, Graduate School of Science).

Approfondimenti:
fukushimaupdate.com
http://radioactivity.mext.go.jp/en/
http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1221834110
http://deepseanews.com/2013/11/true-facts-about-ocean-radiation-and-the-fukushima-disaster/
http://en.wikipedia.org/wiki/Three_Mile_Island_accident
WHOI: http://www.whoi.edu/oceanus/feature/japan-triple-disaster
http://kansasmeadowlark.com/blog/2011/03/21/background-radiation-is-normal-in-overland-park/
Fisher et al. (2013): http://www.pnas.org/content/110/26/10670.full.pdf+html
Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI): http://www.whoi.edu/page.do?pid=83397&tid=3622&cid=94989

Ocean Radiation Map: http://www.whoi.edu/page.do?pid=83397&tid=3622&cid=94989
Radiation in daily life: http://www.pref.kyoto.jp/visitkyoto/en/radial-ray/

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Davide Bassi

È Professore di Paleontologia e Paleoecologia presso il Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Ferrara. Amando l’Arte si occupa di paleoecologia e sistematica delle comunità bentoniche fossili del Giurassico e del Cenozoico. La ricerca scientifica universitaria e l’Arte lo hanno indirizzato verso il Giappone dove è stato visiting professor presso il Tohoku University Museum (Institute of Geology and Paleontology, Graduate School of Science) e l’Università di Nagoya.


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