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13 Gennaio 2014

Tornando a casa

Tempo di lettura: 2 minuti


treno-pendolari

Da qualche tempo, chi si trova ad attraversare il settore arrivi e partenze della stazione ferroviaria di Roma Termini, nel pomeriggio di un giorno feriale, incontra un gran numero di persone in attesa di fronte alla testa dei binari centrali. Sono i pendolari, che aspettano di sapere da dove partirà il treno regionale che li riporterà a casa. I loro sguardi scrutano con un misto di impazienza e rassegnazione i tabelloni elettronici, fino al momento in cui alla destinazione e all’orario (spesso indicativo), si aggiunge finalmente il numero del binario. Allora, con una manovra fulminea, degna di uno squadrone di cavalleria napoleonica, i viaggiatori che hanno ricevuto la rivelazione si staccano dalla massa e muovono verso il proprio treno, sperando di trovare un posto a sedere.

Spesso bisogna raggiungere uno dei lontani binari esiliati in fondo a quelli “normali” per far posto alle “frecce”. Cinquecento metri da percorrere a passo molto svelto, anche perché non è infrequente che il tempo a disposizione, tra l’“apparizione” del binario e la partenza del treno non superi i venti minuti. Eppure abbiamo visto persone solidali e dignitose, che raramente perdono la pazienza nonostante la stanchezza e i disagi; nemmeno quando i convogli sono – e accade spesso – molto o troppo affollati. Trenitalia, dal canto suo, vive da tempo una sorta di fascinazione futurista per l’alta velocità e sembra interessata soprattutto a stabilire nuovi record “casello-casello”. Poco si cura, la nostra “compagnia di bandiera” del trasporto locale, delle cui inefficienze accusa, non sempre a torto, le regioni. Resta il fatto che lo stato delle cose peggiora ogni anno come testimonia il recente rapporto di Legambiente “Pendolaria 2013” (vedi). Nel nostro Paese si invoca spesso la certezza del diritto; per i pendolari di Roma Termini non c’è più nemmeno quella del binario.

Ascolta il commento musicale: Bruce Springsteen, “Downbound train”

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Gianfranco Maiozzi



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