Tra i calciatori che hanno vestito le maglie di Barcellona e Real Madrid, Michael Laudrup è probabilmente l’unico ad aver lasciato un bel ricordo in entrambe le tifoserie. Il giudizio unanime sull’ex giocatore danese rappresenta una curiosa anomalia, specialmente se consideriamo il fatto che lo stesso Laudrup è passato da una squadra all’altra: un evento, questo, che il più delle volte lascia degli strascichi – basti pensare ai trasferimenti di Figo o Luis Enrique – e può “macchiare” la legacy di qualsiasi atleta. Non è stato il caso di Laudrup, al quale sono bastate due partite per conquistarsi l’affetto più o meno incondizionato di Barcellona e Madrid, la cui accesissima rivalità dà vita all’incontro denominato El Clásico.
Centrocampista o all’occorrenza trequartista, l’ambidestro Laudrup si distingueva per l’eleganza e l’imprevedibilità del suo dribbling, nonché per la precisione nell’ultimo passaggio. Dopo aver trascorso cinque stagioni a Barcellona (1989-1994), nel biennio successivo vestì la camiseta blanca della capitale spagnola, continuando a collezionare trofei e riconoscimenti individuali. Tuttavia, aver vinto da protagonista due Clásicos memorabili, caratterizzati dallo stesso identico risultato e dal suo cambio di maglia, ha elevato ulteriormente il suo status di giocatore determinante. E tutto ciò nel giro di un anno, cioè dal 5-0 dell’8 gennaio 1994 al 5-0 del 7 gennaio 1995: due partite che hanno segnato la fine e l’inizio di due cicli vincenti, seppur molto differenti tra loro.
Highlights del primo dei due Clásicos: all’ultimo anno in maglia blaugrana, Laudrup entra al 47′ al posto di Stoichkov e serve l’assist del 4-0 a Romario. (Clicca sull’immagine per vedere il video)
Il Barcellona di Cruijff era all’apice della sua parabola: in quella stagione segnò addirittura 91 gol – 20 in più del secondo miglior attacco, cioè quello del Real Saragozza – e vinse la sua quarta Liga consecutiva in un modo piuttosto palpitante. Fu infatti l’errore dal dischetto di Miroslav Djukic, difensore del Deportivo La Coruña, a decidere il duello a distanza dell’ultima giornata di campionato. Nonostante ciò, il rendimento di Laudrup subì un lieve calo, e il centrocampista danese venne escluso più volte dalla lista dei convocati, specialmente in Champions League. Il passaggio al Real Madrid di Jorge Valdano arrivò quindi al momento giusto: sia per avviare una nuova fase della propria carriera – Laudrup aveva appena compiuto 30 anni – che per guidare l’ascesa di una squadra ambiziosa e in cerca di riscatto. La scelta si rivelò più che azzeccata, e il primo Clásico in maglia bianca è lì a dimostrarlo.
Highlights del secondo 5-0: Laudrup stavolta è titolare, gioca una gran partita e mette a referto un altro assist, cioè quello del 3-0. (Clicca sull’immagine per vedere il video)
Insomma, quella sconfitta segnò l’evidente declino del Barça di Crujif e, allo stesso tempo, l’inizio di un piccolo ciclo vincente del Real Madrid, che vinse due campionati e una Champions League negli anni successivi al trasferimento di Laudrup. Difatti, la sua prima stagione nella capitale spagnola coincise con la fine del quadriennio di vittorie blaugrana (1990-1994) e il 26º titolo di Campione di Spagna del Real Madrid. Grazie a questo successo, l’ex centrocampista danese è diventato, ed è tuttora, l’unico giocatore ad aver vinto cinque campionati spagnoli consecutivi vestendo più di una maglia: un record che la dice lunga sull’impronta lasciata dallo stesso Laudrup nel calcio iberico. È inevitabile, quindi, che il pubblico della Liga mostri da più di vent’anni un’ammirazione trasversale e sincera nei suoi confronti, e, a tal proposito, l’ex centrocampista di Barcellona e Real Madrid ricorda con piacere un episodio avvenuto qualche anno dopo il suo ritiro.
“All’aeroporto di Valencia un padre con un figlio di circa 10-12 anni si è avvicinato a me chiedendomi una foto. Ho detto di sì, e, mentre ci facevamo la foto, il padre ha cominciato a parlare di me a suo figlio raccontandogli la mia carriera e le mie vittorie, ma prima che potesse terminare la frase il bambino lo ha interrotto dicendo “5-0, 5-0″. Ed è stata l’unica cosa che ha detto, non ha neanche menzionato il mio nome.”
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Paolo Moneti
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