Il Campionato di calcio riparte, fuori stagione,vedremo se sarà uno spettacolo. E da questo lunedì, tutti i lunedì, parte Terzo Tempo, la rubrica sullo sport e sul mondo che gli gira attorno. Che è poi TUTTO il mondo: bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne, vecchietti e vecchiette. E naturalmente: soldi, sponsor, televisioni, le belle e le brutte storie, le foto, il milione di parole scritte e parlate. E. finalmente: il gioco per il gioco, il divertimento, la passione, il sogno. Su Ferraraitalia si parlerà di sport, ma in modo diverso dagli altri, alla nostra maniera. Fischio di inizio: si comincia!
È quel periodo dell’anno in cui solitamente tiriamo le somme di un’intera stagione, e, soprattutto, cominciamo già a pensare al calciomercato o alle principali competizioni internazionali. Insomma, non è soltanto il giro di boa dell’anno solare, è uno spartiacque della nostra percezione del tempo: l’estate – specialmente se sei tifoso, o anche un semplice appassionato – porta con sé nuovi obiettivi o nuove speranze. Abitudini, queste, che adesso sembrano sempre più lontane e sfocate. Non ci resta che esorcizzare l’attesa prendendo spunto dal passato, domandarci cosa ci è mancato di più della Serie A in questi mesi,e come ci aspettiamo di vivere il futuro prossimo, fatto di partite ravvicinate, stadi vuoti e caldo estivo.
La redazione sportiva di Ferraraitalia: Marcello Bergossi, Paolo Moneti, Fabio Palma
La stagione fuori stagione
C’è un tempo per tutto, o forse c’era una volta, come le mezze stagioni, la frutta e il campionato di calcio. Il cocomero è estate, i fichi settembre, la stagione del calcio finisce sempre in giugno come le fragole, anche se non resistiamo a comprarle in febbraio (pare arrivino dalla Spagna) e se pure sono buone, non è la stessa cosa, non è il loro momento.
Così il campionato di calcio ripartirà nel periodo in cui i calciatori dovrebbero occupare social e giornali con le foto delle vacanze da Formentera e posti simili; dovranno invece tornare in campo per finire il torneo. Si giocherà sempre di sera, fino al 2 agosto, tredici partite più la coppa Italia in uno scenario che si immagina surreale, fra stadi vuoti e procedure da reparto COVID per i trecento addetti ai lavori, non di più, che potranno accedere agli impianti.
Tutto è stato codificato: la squadra ospite dovrà utilizzare due pullman per garantire l’adeguato distanziamento – una volta in campo poi chissà …- e negli hotel avrà sistemazioni che sanno di isolamento. Gli spogliatoi andranno sanificati, niente strette di mano, non si potrà parlare né protestare con l’arbitro, le interviste saranno concesse solo da studio e con auricolari sanificati monouso. E se per l’arbitro è un sogno che si realizza, il resto è un incubo ad occhi aperti, un passo verso la normalità senza nulla di normale, l’asettico che diventa regola per poter ripartire e rassicurare gli abbonati alle Tivù a pagamento, che in piena emergenza si domandavano cosa ne sarebbe stato delle partite pagate e non trasmesse.
Rieccole finalmente, nel vuoto e nel silenzio si giocheranno, a porte chiuse come il celebre quanto singolare Juventus-Verona del 1985, ritorno degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni. Punita con due turni a porte chiuse dopo i fatti dell’Heysel, la Juve ospitò il Verona di Bagnoli, fresco campione d’Italia, in un Comunale deserto dove, raccontò Platini, tutti sentivano le parolacce e le minacce di regolamento di conti fra i giocatori.
Ora che i riflettori si riaccenderanno è tempo di conti anche per i tifosi, il mondo è andato avanti come sempre, forse qualcuno se n’è accorto e si è chiesto che cosa gli è mancato del calcio in questi tre mesi. La passione vissuta dalla curva o divano e birra? Poterci giocare o gli stucchevoli salotti-saloon sul calcio che non parlano di calcio?
Forse sarà dimostrata la teoria ultras per cui il calcio senza tifosi è noia, forse qualcuno riscoprirà la bellezza di un campo dopo anni di divano, forse fra qualche mese tornerà tutto come prima. Una volta ho letto in un forum che i soldi spesi per un concerto, uno spettacolo o una partita, sono un investimento in emozioni, così, più alte sono le nostre aspettative di viverne, maggiore è la cifra che siamo disposti a sborsare. La stagione che ripartirà fuori stagione si preannuncia meno saporita, tanto dovere e poco piacere, per il quale per fortuna continua a bastare poco, giusto un pallone e un prato, perché come diceva Pasolini “io, su questo, sono rimasto all’idealismo liceale, quando giocare al calcio era la cosa più bella del mondo”.
(Fabio Palma)
Lo Sport contro il Covid-19: niente sarà più come prima
Ho un ricordo degli stadi chiusi di molto tempo fa. Il motivo principale era lo scontro tra tifoserie avversarie. In alcuni casi si limitava la chiusura alle curve, occupate solitamente da frange del tifo organizzato. Il caso più eclatante fu la morte dell’ispettore di Polizia Filippo Raciti, durante gli scontri tra tifosi del Palermo e tifosi del Catania, a seguito dei quali il campionato fu sospeso e il club rossoblù, dopo la ripresa, fu costretto a giocare le partite di casa a porte chiuse fino alla fine del campionato, per lo più in campo neutro.
Tornando ai giorni nostri, la pandemia ha costretto tutto il mondo a sospendere, in certi casi definitivamente, le attività sportive per la stagione 2019/20, proprio nel momento in cui si cominciavano ad avere i primi verdetti stagionali: i primi scudetti vinti in anticipo, le squadre qualificate ai playoff, le prime finali delle varie coppe nazionali, e così via. Fino ad ora nulla di tutto questo c’è stato. La notizia, arrivata negli ultimi giorni di maggio, è quella della ripartenza del campionato di calcio di serie A con le dovute restrizioni e gli stadi chiusi al pubblico. La Germania ha preceduto di un paio di settimane il resto dell’Europa, facendo ripartire la stagione con tante partite concentrate in un paio di mesi. Per la grande maggioranza degli sport e dei grandi eventi sportivi è tutto rimandato alla prossima stagione; gli europei di calcio e le Olimpiadi estive sono slittate al 2021.
Con ogni probabilità dovremmo abbandonare, almeno per un po’, le nostre abitudini sportive. Il Covid-19 ha stravolto le nostre esistenze e cambiato il nostro modo di vivere e lo sport non è da meno. Andare allo stadio e aspettarsi il tutto esaurito per la partita di cartello della giornata di campionato è impensabile, o andare al Palazzo dello Sport per vedere una partita di Basket o Pallavolo ancora meno. Forse all’inizio ci sembrerà tutto finto, tutto poco credibile. La curiosità però avrà la meglio e sono sicuro che anche una partita di Coppa Italia, o un match di qualificazione agli Internazionali di Roma, diventerà qualcosa per cui varrà la pena aver aspettato 4 mesi.
(Marcello Bergossi)
L’attesa del piacere è essa stessa il piacere
Prima degli spot pubblicitari, ci aveva pensato l’illuminista Gotthold Ephraim Lessing a far pronunciare questa frase nella commedia Minna Von Barnhelm (1767), in cui l’omonima protagonista era una donna ricca di sfaccettature che si adoperava ingegnosamente per reagire alle avversità. Ebbene, in quest’ultimo periodo, ‘fare di necessità virtù’ e assaporare l’attesa sono diventate attività più o meno indispensabili per la nostra salute. Io, da inguaribile e fantasioso ottimista quale sono – almeno così dice chi mi conosce – ho affrontato l’astinenza da calcio giocato con un’ulteriore dose di positività.
Sta di fatto che la mia attesa ha creato un’ulteriore forma di piacere: un misto di nostalgia e immaginazione, dove le partite del passato hanno alimentato la curiosità per quelle future. Davanti ai miei occhi è passata più volte la mostruosa prestazione individuale di Zidane in Francia-Brasile del 2006, così come l’attesissima, e purtroppo un po’ strozzata, gioia che i tifosi del Liverpool proveranno nel vedere l’undici di Klopp alzare al cielo questa benedetta Premier League – basti pensare che l’ultima volta che il Liverpool ha vinto il campionato inglese si chiamava ancora First Division. Inoltre, ho letto un sacco di storie sull’evoluzione tattica degli ultimi anni, nonché sulle tifoserie e sulle loro abitudini.
Insomma, mi sono reso conto che a mancarmi non è stato il calcio in sé, ma il suo racconto quotidiano, fatto di voci, articoli e sentimenti. Mi è mancata quella componente umana che rende il calcio un fenomeno un po’ più complesso – perdonami Max, so che a te piace definirlo “semplice” – e allo stesso tempo più vicino. Adesso, data l’assenza dei tifosi e la sensazione un po’ alienante dettata dall’attualità, quella componente umana verrà un po’ meno, e dovrò abituarmi a mettere da parte l’immaginazione. Eppure, il mio inguaribile ottimismo mi dice che, anche stavolta, il piacere sarà all’altezza dell’attesa.
(Paolo Moneti)
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