TERZO TEMPO
Arrivederci a Tokio 2021: ma l’emozione olimpica vive nei ricordi
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A causa della pandemia le Olimpiadi si terranno il prossimo anno. Nel vuoto momentaneo trova spazio qualche ricordo in attesa dei nuovi che verranno...
Rinviati al 2021. Per la prima volta nella storia i giochi olimpici, previsti a Tokio in questi giorni, sono stati rimandati di un anno.
In passato erano stati annullati tre volte in concomitanza dei conflitti mondiali, una delle quali nel 1940 quando, coincidenza curiosa, si sarebbero dovuti svolgere a Tokio. Però rinviati mai.
Dal 22 luglio al 9 agosto 2020, chi li ama avrebbe organizzato le giornate in funzione di dirette e differite, ad ogni ora pronto a seguire le eliminatorie dello skeet fossa olimpica, dei 3000 siepi e di tutti quegli sport rispolverati con cadenza quadriennale dei quali si fatica a ricordare le regole.Qual era il bersaglio consentito nella sciabola? E nel fioretto? Il calcolo dei voti nei tuffi? La durata di una partita di pallanuoto? Ma come fanno gli arbitri a vedere i falli sotto l’acqua da bordo vasca? Quando si assegna un punto nella lotta greco-romana?
Negli anni ‘80 c’era un satanasso italiano, Maenza di Faenza, se ricordi il nome vien da sé la provenienza. Partecipò a tre olimpiadi, oro a Los Angeles ‘84 e Seul ‘88, argento alla terza, Barcellona ‘92, beffato da una scorrettezza dell’avversario, disperato per l’ingiustizia e tu con lui, anche se l’avevi visto dieci minuti in otto anni.
Era l’estate di Falcone e Borsellino, di Luna rossa e del Dream team, dell’infinita e sfiancante finale Italia-Spagna di pallanuoto, dei tuffatori che al Montjuïc si lanciavano nello spazio sopra la città catalana. Perché legati a trionfi e delusioni eccoli, implacabili in questi quindici giorni riaffiorano i ricordi, e dove non arrivano i tuoi ci sono quelli di tuo padre, così sai già di chi si tratta quando, in Marrakech Express, Paolino grida a Cedro “Ma chi ti credi di essere, Abebe Bikila?”.
Quegli atleti arrivati da ogni angolo del pianeta saltano, boxano, corrono, sparano, duellano, nel tempo di un battito di ciglia danzano fra la gloria imperitura e l’argento, e tu resti sospeso con loro in istanti che diventano istantanee che puntuali si ripresentano.
Ogni quattro anni ti ritrovi con Sara Simeoni mentre passa sopra l’asta e con Bubka che non ce la fa, puoi sentire ancora il senso della beffa, lo stesso che hai provato anni dopo con l’Italvolley ad Atlanta ‘96. Ancora sei sospeso con Louganis prima dell’entrata perfetta e con Chechi quando ha lasciato gli anelli, e hai pregato dieci volte in un secondo – anche se matematicamente pare impossibile – che l’atterraggio venisse perfetto come l’entrata di Louganis.
Anche sport di cui capisci poco diventano l’argomento dominante delle conversazioni e sei di nuovo pronto a trascorrere gli stessi torridi pomeriggi a tifare e soffrire perché, lo sai, per arrivare fin là quelle donne e quegli uomini si sono allenati con costanza maniacale lontano dai riflettori, e adesso stanno per giocarsi tutto in una mano, un centimetro, un secondo, sopra o sotto il podio potrebbe essere questione di un attimo. Dall’abisso di Ben Johnson alla parabola mirabile di Anthony Ervin, dal rettilineo di Mennea a Mosca ‘80 alla maledizione di Matthew Emmon,
i giochi regalano memorabili storie individuali, mentre vanno a braccetto con la grande storia del mondo fin dall’antica Grecia.
Basta rievocare in rapida successione Berlino 1936, Hitler, Owens e Long, Roma 1960, Wilma Rudolph e Berruti, Cassius Clay e Nino Benvenuti nell’Italia pronta al boom, Tokio 1964 i primi giochi via satellite, il podio Smith-Norman-Carlos a Messico 1968, la strage di Monaco 1972, il boicottaggio americano del 1980 e quello sovietico del 1984, fino a Tokio 2020 rinviata per Covid, per dare la misura di come le Olimpiadi siano un riassunto sportivo ed emotivo delle storie dei popoli e degli individui pressoché unico.
Fra le tante, dovendo sceglierne una, la vita di Nadia Comaneci è forse la sintesi perfetta: il primo 10 della storia della ginnastica è stato per lei delizia e croce, le ha dato la fama a Montreal 1976 e l’ha gettata in pasto alla propaganda del regime in Romania, da dove, dopo anni di angherie, era riuscita a scappare giusto un mese prima della caduta del muro di Berlino.
Quell’anno si chiudeva un’era e sembrava l’inizio di una nuova, ma vorrà dire qualcosa se il simbolo di Tokio 2020, Harmonized Checkered Emblem, ha l’intento di richiamare l’armonia che dovrebbe esistere fra tutti i Paesi. L’Olimpiade ancora ci prova e in quelle due settimane spesso riesce ad essere una parentesi felice. Pandemia permettendo… “See you in Tokio 2021”.
Cover: Sara Simeoni, il salto del record mondiale
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Fabio Palma
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