Parigi, estate 1942, una Francia sotto l’occupazione tedesca, con il governo collaborazionista di Vichy del maresciallo Petain, una pagina nera della storia francese, una macchia che resta per molti indelebile. Le vite dei francesi che scorrono lente, nella paura e nel sospetto del tradimento, molte che incappano in avventure che salveranno altre vite. Il caso di Edmond Batignole, simpatico macellaio titolare dell’omonimo negozio, che viene suo malgrado coinvolto dal futuro genero, arrogante e attivo collaborazionista, nell’arresto della famiglia ebrea dei Bernstein, suoi vicini di casa.
Simon, uno dei giovani figli dei Bernstein, riesce a scappare ma, presentatosi alla soglia di casa, convinto di trovarne i genitori, scopre che Edmond e la sua famiglia ne hanno preso possesso e vivono lì. Edmond, sentendosi in colpa, decide di nascondere il ragazzo, il quale viene presto raggiunto da due cuginette i cui genitori sono stati a loro volta deportati. La permanenza dei ragazzini nella soffitta del palazzo si protrae per lungo tempo, finché Batignole decide di aiutarli nella loro fuga di salvezza verso la Svizzera, con l’aiuto dei soldi ricavati dalla vendita di un quadro di valore appartenuto al padre di Simon.
Le avventure saranno tante, con screzi, incomprensioni e divergenze ma anche con tanti divertenti scambi di battute ironiche e pungenti fra un ragazzino colto dell’alta borghesia parigina (figlio di un noto medico, Simon parla tedesco, inglese e russo, oltre a suonare benissimo il violino) e un bottegaio sempliciotto. Un film che, per certi aspetti, assomiglia a “La Vita è bella”, una tragi-commedia che sa parlare di un dramma come l’Olocausto con toni leggeri che arrivano ogni tanto anche ad avere il sapore della farsa. Simon non è in realtà la classica vittima, ma un ragazzino saccente e petulante, a volte troppo conscio della sua superiorità culturale rispetto a Edmond.
L’originalità del film sta anche nell’affrontare il tema della Shoah non dal di dentro, come spesso avviene, ovvero dalla parte del popolo ebreo, ma dal di fuori, con lo sguardo di quella piccola e media borghesia francese che vi rimase indifferente, che scelse di non voler sapere, che restò a guardare silente per non perdere i propri privilegi, preoccupata solo del quieto vivere e di mantenere una sorta di tranquillità apparente. Se Edmond era uno di loro, il film è però la storia della sua trasformazione, della sua presa di coscienza, del suo riscatto. Un eroe per caso, come ve ne sono stati tanti. Con un lieto fine e una mano leggera che risparmia sentimentalismi e immagini forti o violente.
“Monsieur Batignole”, di Gerard Jugnot, con Gerard Jugnot, Michele Garcia, Jules Sitruk, Jean-Paul Rouve, Francia 2002, 100 mn.
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Simonetta Sandri
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