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Pablo Picasso è uno dei più coraggiosi ‘partigiani’ della ribellione artistica contro l’impressionismo, a favore della conoscenza dei volumi. Osservando un oggetto non possiamo vederne se non i lati e i piani esposti prospettivamente al nostro occhio; ma perché non vedere anche i lati di quell’oggetto, nascosto alla nostra vista? Sarà proprio muovendo da questa considerazione che Picasso escogita una nuova maniera pittorica, capace di tradurre gli esseri e gli spettacoli naturali nella loro totalità.

‘Parade’ è la più grande opera realizzata da Picasso, un sipario di 17 x 10 metri. La mostra a Capodimonte in occasione del centenario del suo viaggio in Italia nel 1917, sarà un appuntamento unico per scoprire la storia di questa stupenda opera: un balletto, uno spettacolo, una musica, una visione, un’opera d’arte.

Dal Centro Nazionale d’ Arte e di cultura Georges Pompidou di Parigi, giungerà nel museo napoletano ‘Il sipario per Parade’, quadro dipinto da Picasso nel 1917 durante un periodo in cui si trasferì a Roma, che rappresenta un circo con pagliacci, ballerine ed animali. Picasso, per rappresentare ‘Il sipario’ fu ispirato proprio da un viaggio a Napoli fatto assieme a Stravinsky, in cui visitò anche Pompei. Saranno ospitate altre 68 opere, tra disegni, pittura e scultura.

Il lavoro è una perfetta fusione di pittura, danza, drammaturgia e musica. Il balletto risente fortemente di un nutrito gruppo di proposte avanguardistiche-musicali, pittoriche e letterarie, che spaziano dal cubismo al futurismo al surrealismo. La scena e i costumi per i due manager rimangono il più importante esempio di arte cubista mai visto in teatro.
‘Parade’, nacque a Roma: questa immensa tela dipinta con colori a tempera, con la collaborazione del pittore italiano Carlo Socrate, è un’opera straordinaria, lirica e malinconica assieme, di grande intensità emotiva.
Nel ‘sipario’ vi sono due manager cubisti, un prestigiatore cinese, una ragazzina americana, una coppia di acrobati che eseguono salti mortali e un buffo cavallo. Anche i costumi, sempre firmati da Picasso, vengono realizzati con materiali vari quali latta,stoffa e legno. Gli studi a tempera per le scene e i costumi, rivelano la magia che Napoli suscitò in lui e di quanto rimase colpito dal teatro popolare italiano.
Ritornando indietro nel tempo, dal 1901 fino agli anni’ 30, Picasso ha dipinto dozzine di Arlecchini: azzurri, rosa, cubisti, neoclassici, simbolisti, incompiuti. Ha dipinto come Arlecchino anche se stesso e suo figlio, i suoi amici e i suoi nemici.
La prima di ‘Parade’ fu il 18 maggio 1917 in un teatro parigino dove riuscì ad entrare nella storia dell’avanguardia, sconvolgendo l’estetica del balletto.

Alcune note curiose sul carattere di questo artista: Picasso dipingeva in piedi, con pochi colori sopra una vecchia tavolozza, con pennelli qualunque e un diluente purchessia. D’estate se ne stava nel suo studio, completamente nudo, dove riceveva gli amici più intimi.
A chi gli faceva notare che il nome Picasso fosse italiano, probabilmente genovese in origine, egli rispondeva che il suo nome, originariamente “Picazo”, fu poi italianizzato da un suo antenato spagnolo che viveva in Italia.
Vi sono moltissimi dipinti picassiani, tutti di diverso genere, tutti pieni di pregi, tutti simpatici, interessanti, ma” l’opera di Picasso non esiste”, affermava Soffici, o per meglio dire: in tante opere diverse e contraddittorie non si riesce a scoprire la vera profonda personalità di quest’artista: i prodotti di un periodo negano e annullano quelli di un altro, di tutti i periodi precedenti.

“Picasso sembra un padre che, a ogni nuova nascita ripudia i figli già nati e cresciuti”.

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Laura Rossi

Curatrice e insegnante d’arte. Ha recensito vari libri e ha collaborato con alcuni mensili curandone la pagina dell’arte come “la cultura e l’arte del Nord-est” e la pagina dell’arte di Sport-Comumi. Ha curato la Galleria Farini di Bologna e tutt’ora dirige e cura a Ferrara la Collezione dello scultore Mario Piva. Ha ricoperto per circa dieci anni la carica di presidente della Nuova Officina Ferrarese, con decine di pittori e scultori fino agli inizi degli anni duemila. Sue critiche d’arte sono pubblicate sul “Dizionario enciclopedico internazionale d’arte contemporanea” 1999/2000


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