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Quel giorno Ferrara era avvolta da un clima mite e piacevole di fine ottobre. La gente era ancora seduta fuori dai bar della città e faceva quello che è solita fare nelle tarde ore del mattino. Beveva un aperitivo, una coca-cola, un espresso. Anche un mio caro amico ferrarese era seduto in un bar, all’ombra dell’imponente Castello e protetto dalla statua del Savonarola. Gli occhiali oscurati dal sole e la barba grigia ed elegante gli conferivano un fascino senza tempo. Mi invitò a sedere e bere qualcosa con lui. Per decenni aveva lavorato in un liceo, inizialmente nella sua città d’origine Piacenza, poi a Bologna e infine a Ferrara. È un grande esperto di storia italiana e per questo ogni conversazione con lui si rivela sempre molto istruttiva. Si destreggia nella lingua italiana con invidiabile ironia e un’immensa ricchezza lessicale. Grazie alla sua esperienza decennale di lettore della stampa italiana e conoscitore di numerose biografie di protagonisti della politica attuale, sa usare perfettamente il linguaggio delle allusioni e delle bizzarre teorie del complotto per spiegare a uno straniero tutti i segreti della politica italiana, davanti e dietro le quinte. Per essere più precisi, dovrei meglio parlare al passato. Dalla sua ironia, una volta così colorita, è scomparsa oggi ogni traccia di amenità e fantasia. Guarda al mondo attorno a sé solo con pessimismo e quando parla della “Sinistra” lo fa solo con parole furibonde e piene di sarcasmo. Di Renzi non vorrebbe nemmeno parlare; al solo pensiero gli viene la nausea. Secondo lui non è altro che un giovane fiorentino fascista da salotto e discepolo modello di Berlusconi. Per consacrarsi al potere ha tradito tutti gli ideali e i valori della Sinistra, continua con un tono molto amareggiato. Cosa potevo replicare a questo così disilluso profluvio di parole sulla rovina in corso? Il mondo di Matteo Renzi e dei suoi seguaci non è mai stato il mio. La sgarbatezza, l’arroganza e la sfacciataggine con le quali mandano alla rottamazione la generazione precedente alla loro, della quale faccio parte anch’io, sono difficili da tollerare. Il “sogno ingenuo di un mondo del lavoro di soli vincenti, tutto energia, ottimismo e sorrisi, una specie di Truman Show che tiene fuori dalla porta, e lontano dalle telecamere, la durezza del conflitto e l’umiliazione di tante vite a perdere” (Michele Serra ) è per me un vero e proprio incubo. Dopo la ‘lectio magistralis’ di sinistra del mio amico ferrarese, seduto al tavolo di un bar ai piedi del Castello, riesco tuttavia a comprendere ancora meglio perché questa tradizionale Sinistra italiana arranca e brontola in un angolo morto della storia, come dice una tipica espressione bavarese. Durante questi incontri con i ‘compagni di strada’ della Sinistra, sempre più frequenti negli ultimi anni e segnati da note di sarcasmo e scoraggiamento, penso sempre a una conversazione tra Vittorio Foa e la sua amica Natalia Ginzburg (“È difficile parlare di sé”, Einaudi, 1999). Nel maggio 1990, per quattro domeniche consecutive, Natalia Ginzburg partecipò a un ciclo a lei dedicato della trasmissione radiofonica ‘Antologia’ in onda su Radio Tre. Uno dei partecipanti alla trasmissione era Vittorio Foa, suo caro amico dagli anni delle lotte antifasciste. Alla fine della trasmissione fra di loro si è sviluppata una breve, amichevole ma anche emblematica divergenza di opinioni sul futuro a venire. Marino Sinibaldi, il conduttore della trasmissione di allora, bene sintetizza il giudizio di Foa su di lei: “Probabilmente Vittorio Foa pensa ci sia in lei un pregiudizio, come dire, nel guardare il mondo, ci sia uno schermo di pessimismo e di tristezza. Di questo credo la accusi, affettuosamente e amichevolmente, immagino.” Poi la Ginzburg: “Sì, sì, sì… Può darsi che io abbia del nero, della malinconia… Però il mondo non è allegro, il mondo in cui viviamo non è allegro.”
“No, neanche per idea,” risponde Foa “ma Natalia, i bambini nascono. I bambini nascono”. La laconica risposta dell’eterno ottimista Vittorio Foa non mi incita ad applaudire Renzi e il suo “Truman Show”. Ma neanche una Sinistra politica che, come il mio amico, intelligente ma così pessimista, si rinchiude nelle segrete del Castello di Ferrara, riesce a dare speranza ai bambini di oggi. Se gli intellettuali un tempo membri fedeli della ‘Comunità della Sinistra’ non fanno altro che, in tempi di crisi economica e repentini cambiamenti a livello globale come quelli odierni, parlare del tradimento dei loro “sogni di sinistra” (ma ci ricordiamo quali erano questi sogni?), allora i bambini di oggi presto si scorderanno persino della loro esistenza.

Traduzione a cura di Paola Baglione

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.


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