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Spirito libero. Un giornalismo senza padrini né padroni” è il titolo del libro di cui è autore il direttore e fondatore di Ferraraitalia, Sergio Gessi. Martedì prossimo, alle 17, il volume sarà presentato in biblioteca Ariostea dalla giornalista Dalia Bighinati, direttore del tg di Telestense, e dalla professoressa Lucia Marchetti, docente a riposo di sociologia e scienze umane. Il testo, pubblicato da FaustEdizioni, sarà in libreria dalla prossima settimana e disponibile anche sui principali circuiti di vendita online.
Proponiamo qui di seguito la prefazione a Spirito libero scritta da Paolo Pagliaro, editorialista e autore (con Lilli Gruber) di Otto e mezzo, in onda tutti i giorni su La7. “Punto” è il titolo del suo più recente e apprezzato volume, secondo classificato al Premio Estense 2017.

di Paolo Pagliaro

Nel libro che state per leggere, a un certo punto Sergio Gessi – che fu mio capace collega tanti anni fa al quotidiano La Cronaca di Verona e che ho ritrovato ora come insegnante all’Università di Ferrara – sostiene che “il punto di ripartenza, per un umano consorzio che intende recuperare i caratteri di civile e solidale convivenza, può essere la città”. Perché la città “è il luogo in cui i rapporti personali in parte si alimentano ancora della fiducia che scaturisce dalla conoscenza e il legame sociale, per questo, non si è del tutto dissolto”. C’è molto di questa convinzione nel lavoro di Gessi e nel suo modo di intendere il giornalismo.
Nel libro sono raccolti articoli, commenti, interviste che affrontano diverse questioni di interesse generale: dal tramonto delle ideologie alla rivoluzione digitale, dall’Islam alle migrazioni. Ma sullo sfondo o al centro c’è quasi sempre Ferrara. Un luogo dell’anima, si direbbe, ma anche l’archetipo della città mutevole, che si lascia amare ma non possedere. Che sorprende, scuote, tradisce.
La rivoluzione di cui Gessi è testimone – e in fondo anche vittima, come molti della sua generazione e della sua educazione – non è solo quella politica, raccontata qui nelle pagine dedicate all’uragano elettorale del 4 marzo 2018 e alla cavalcata trionfale delle “valchirie leghiste”. C’è molto di più a monte di quel sommovimento. C’è che mentre una dozzina di anni fa, sui giornali nazionali e in tv, di Ferrara si parlava essenzialmente a proposito di vivibilità urbana, mostre, arte, piste ciclabili, sostenibilità ambientale, “oggi – osserva Gessi – il suo nome è invece assurto alla ribalta principalmente associato a crimini e delitti”.
Non è solo questione di criminalità e di degrado. “E’ il tessuto socio-economico della città che mostra lacerazioni evidenti. Il comparto produttivo è in crisi, di fatturati e di idee. Il lavoro scarseggia, la disoccupazione aumenta di pari passo con la sfiducia. Anche le rappresentanze dei lavoratori sono in crisi, di identità, attrattiva e consenso. Per non parlar dei partiti. La popolazione invecchia (Ferrara ha un primato in quest’ambito), la natalità cala. I rapporti con una parte dei cittadini extracomunitari, qui come in molte altre città, da qualche anno sono divenuti tesi e complessi e le loro dinamiche condizionano anche gli orientamenti dei cittadini nei confronti della politica. E in questo fosco panorama si staglia il dramma dei risparmiatori rimasti travolti dalle macerie del fallimento della Cassa di risparmio di Ferrara, che da sempre appariva come una corazzata inaffondabile”.
E’ un paesaggio di macerie, e Gessi lo attraversa con lo sguardo del corrispondente di guerra, freddo e insieme partecipe.
Il mio amico non pensa che il giornalismo sia neutrale, come non lo era quello di Kapuscinski, uno dei suoi modelli. Ma pensa che debba essere attendibile, perché basato sul principio di veridicità, ossia di corrispondenza fra le cose riferite, le conclusioni tratte e gli elementi fattuali di cui si ha conoscenza. E’ il metodo che Gessi insegna ai suoi studenti e di cui si trova traccia in molti dei brani che qui leggerete. Godibili, oltre che attendibili, sono le pagine dedicate all’ascesa e caduta degli dei locali, da Roberto Soffritti a Dario Franceschini. Le inchieste sono documentate e le interviste non compiacenti, pure su questioni controverse come il tesoro del Pci o il vitalizio dei parlamentari (dove peraltro si racconta una verità diversa da quelle convenzionali). Incisive le pagine dedicate alla Chiesa estense e in particolare le dieci domande, rimaste senza risposta, al vescovo Luigi Negri.
Le radici di Gessi sono a Ferrara ma lo sguardo va oltre, scruta il deserto della politica alla ricerca di visionari e progetti che non trova e allora cerca conforto in Leopardi e Socrate (“C’è un solo grande bene, la conoscenza. E un solo grande male, l’ignoranza”). Come dire che quando la realtà è confusa e tutto sembra perduto, c’è pur sempre qualche bussola che indica la direzione giusta.

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