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Orari improponibili, paghe ridicole, richieste assurde. Questo è ciò a cui vanno incontro i giovani oggi quando cercano lavoro. Ci sono ragazzi che appena si laureano, dopo tre anni di università, pretendono di trovare subito un impiego, lamentandosi se entro breve tempo non vengono assunti da qualche parte; e ci sono quelli che invece dopo la triennale si iscrivono alla magistrale e, possibilità economiche permettendo, fanno un master o cercano uno stage nel loro campo di interesse, al fine di mettere in pratica ciò che per anni hanno studiato sui libri, sapendo che l’esperienza è fondamentale.
Sarebbe giusto, onesto, che il nostro Paese premiasse tutti quegli individui che con pazienza e tanta volontà cercano di acquisire più competenze possibili in modo da avere un numero superiore di sbocchi professionali.
Studiare e lavorare sono sia doveri che diritti di ogni cittadino, peccato che le possibilità che vengono offerte ai giovani oggi siano sempre meno.
Pur di racimolare qualche soldo, si accettano lavori sottopagati, lavorando un numero di ore superiore rispetto a quelle che vengono effettivamente retribuite. Spesso il datore di lavoro richiede al giovane dipendente di lavorare in orari straordinari, con tempistiche e scadenze che vengono imposte e che devono venir rispettate senza peró ricevere una paga adeguata. Perché è di questo che si parla; è inutile credere che le aziende assumano i giovani con contratti temporanei, orari assurdi e paghe minime per far si che “si facciano le ossa”. Lo fanno esclusivamente perché loro ne traggono vantaggio. Chiaramente la crisi economica ha aggravato la situazione dell’intero mercato del lavoro. L’Italia è infatti uno dei Paesi con il più basso tasso di occupazione giovanile.
Per fortuna però la maggior parte dei ragazzi cerca di far fronte al problema, adattandosi come meglio può e accettando impieghi lontani dai propri sogni e dalle proprie aspettative. L’Istituto Toniolo, attraverso l’indagine “Rapporto Giovani”, ha infatti evidenziato che solamente il 20% dei giovani con un impiego è pienamente soddisfatto di ciò che fa. Da un lato vi è la voglia di fare esperienza, di iniziare a guadagnare per non dover sempre appoggiarsi ai propri genitori; dall’altro la rassegnazione, l’accettare quel poco che attualmente il mercato italiano offre.
Non è giusto. Non è giusto mettere da parte i propri sogni per colpa di un Paese che non sa ricompensare i propri cittadini. Non è giusto dover optare per l’estero perchè spesso sembra essere l’unica scelta, l’ultima spiaggia.
Spesso, dopo essersi laureati, i giovani passano mesi alla ricerca di un impiego, utilizzando soprattutto il web; quando peró, dopo aver filtrato infiniti siti internet, valutato le proposte, spedito curriculum e sostenuto colloqui inconcludenti, non trovano niente di vantaggioso, iniziano a pensare a ció che l’estero puó offrire.
Ci sono giovani che salutano la propria casa con entusiasmo: per loro lasciare il proprio paese e andare a vivere altrove è un’esperienza unica, un’avventura, un’occasione di crescita.
Ci sono giovani invece che detestano talmente tanto sia il proprio paese sia chi lo governa, che vedono l’estero come una vera e propria “fuga” di salvezza.
E infine ci sono quei giovani che credono che l’Italia sia il Paese piú bello al mondo, ma che sia stato da troppo e per troppo tempo nelle mani sbagliate. Per questi ragazzi lasciare i propri parchi, i propri monumenti storici, le proprie abitudini, per raggiungere nuove mete europee, o addirittura un nuovo continente, costituisce una grande sofferenza, tante rinunce e sacrifici. L’andare all’estero dovrebbe essere un’opzione, ma sempre piú spesso sembra essere una “scelta obbligata”.
I giovani temerari, quelli che non vogliono farsi schiacciare dal sistema, cercano di reinventarsi, ma sono pochi quelli che riescono ad avere idee davvero vincenti. Molti aprono un proprio blog, altri si dedicano all’ecosostenibile e ai prodotti biologici che oggi vanno tanto di moda; c’è chi opta per il mondo dell’arte e dello spettacolo e chi invece sceglie di seguire le orme dei propri genitori. Sta di fatto che trasformare una passione in un business è difficile. Oggi vanno ricercate le nicchie inesplorate.
La prima parte dell’articolo 1 della nostra Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Io coreggerei la frase così: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla ‘ricerca’ del lavoro”. Studiare, diplomarsi, laurearsi, specializzarsi e poi? E poi sperare. E’ questo che oggi noi giovani facciamo, ma come recita il noto proverbio: “Chi vive sperando muore…” e il finale lo conosciamo tutti.

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Silvia Malacarne



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