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Inizialmente, pensavo di trovarmi di fronte a una storia in qualche modo legata alla Russia, che mi incuriosiva visti i tempi, invece no, nulla a che fare. L’unico legame con il politico della perestrojka e della glasnost è la vistosa voglia sulla fronte del protagonista, Marino Pacileo (per questo nominato Gorbaciof), il cassiere corrotto del carcere di Poggioreale, uomo con il terribile vizio del gioco d’azzardo, che sopravvive in un ambiente spesso squallido e violento.

gorbaciof
La locandina del film

Un grande Toni Servillo interpreta questo personaggio solitario e peculiare, una vera tigre fra le scimmie, titolo con il quale il film è uscito in Francia, nel 2011 (Un tigre parmi les singes).
La sua mimica, i suoi gesti, le sue pose sono uniche, parlano da sole, come sempre.
Un lupo solitario che brancola fra le vie illuminate di una Napoli confusa e multietnica.
Il messaggio universale che esce da questa pellicola è, sicuramente, quello di una forzata schematicità di molti gesti quotidiani (Pacileo vive sempre nello stesso percorso lavoro-ristorante cinese-casa), dell’incomunicabilità dei nostri giorni, dell’esistenza di barriere e di solitudini fra le persone, testimoniata dalla quasi totale assenza di dialoghi. Una sceneggiatura asciutta, un film quasi muto, questa la sua peculiarità, dove la comunicazione passa solo per sguardi e gesti. La diversa lingua di appartenenza (italiano e cinese) non facilita, poi, il linguaggio verbale tra Gorbaciof e la sua Lila (l’attrice Yang Mi, tra l’altro, ha recitato la sua parte senza capire una sola parola d’italiano, rafforzando così il messaggio d’isolamento che si crea durante il film).
Il regista gioca, dunque, come dicevamo, sulla gestualità, sull’espressione facciale, sulla liricità delle immagini, sulla pantomimica. Una scelta sicuramente difficile ma originale.

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Lila, lo co-protagonista

Ma in tutto questo, nello stupore e nella tragicità di molte situazioni (come l’angoscia legata alla perdita al gioco e alla necessità di trovare i soldi per pagare i debiti che crescono sempre più e che obbligano a sottrarre cifre importanti alle casseforti del carcere, fino a condurre a estorsioni e rapine), compare l’amore. L’amore che salva, che illumina giorni bui, tristi e tutti uguali. Giocando a poker in una bisca nel retrobottega di un ristorante cinese, infatti, Gorbaciof vi incontra Lila, figlia del gestore del ristorante. Se lui è affascinato da questa bella, dolce e giovane ragazza (bravissima), che spia spesso per la strada, anche Lila è attratta da questo strano individuo e, dopo che egli l’ha difesa dall’aggressione di due ragazzi, i due iniziano a frequentarsi. Gorbaciof dona al padre della ragazza una forte somma per pagare i debiti di gioco da lui contratti, per impedire che la giovane si debba prostituire per aiutare il genitore.
Anche senza dialogo, l’animo tenero e sorprendentemente romantico di Gorbaciof potrà essere capace di proteggere e amare. “In mancanza di leoni, le scimmie si ergono tali ma sempre scimmie rimangono. E tu sei una tigre”, dirà Lila nella sua unica battuta del film, mentre lo strano corteggiatore, che non capisce quella dolce frase in cinese, la porta allo zoo, le compra occhiali da sole all’aeroporto, qui facendola volteggiare su un argentato carrellino per i bagagli, le regala un uccellino cinguettante in gabbia, senza chiedere nulla in cambio, se non sguardi, complicità e tenerezza. Servillo, essenziale, ironico, tragico, magico e perfetto, ha ammesso, in alcune interviste, di essersi ispirato a quel Charlie Chaplin che, in Luci della città, vagabondava senza meta tra le strade della sua città, come Gorbaciof fra quelle di Napoli (e se l’osservate attentamente, da dietro, mentre cammina, non potete non accorgervene).
Lontano da immagini di una cinema chiassoso ormai spesso simile a fiction televisive, riviviamo il cinema delle origini, carico di suggestioni, di sentimenti personalizzati e personalizzabili.
Il finale, un destino beffardo di un dramma che certe volte sa di favola, lascerà un po’ d’amaro in bocca, mentre Lila attende, invano.

Gorbaciof, film di Stefano Incerti, drammatico, Italia (2010), Devon Cinematografica, Surf Film, Bottom Line, The, Teatri Uniti, 85 mn. Con Toni Servillo, Mi Yang, Geppy Gleijeses, Nello Mascia, Gaetano Bruno, Salvatore Striano, Salvatore Ruocco.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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