“Sognavo di immortalare gli orsi che catturano i salmoni”. Milko Marchetti, il fotografo della natura
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Prima di farsi intervistare Milko Marchetti ha voluto mostrarmi le sue videoproiezioni sonorizzate. Quelle raccolte rivelano molto del loro autore. I suoi ritratti fotografici sembrano veri e propri dipinti.
Milko, nato a Ferrara nel 1968, da più di 27 anni è fotografo naturalista; oltre a questo lavora per un’azienda di Bologna dove realizza fotografie industriali, collabora con numerose riviste del suo settore, tiene corsi di Photoshop e organizza workshop di fotografia naturalistica in Italia, Europa, America, Canada e Africa. Un uomo estremamente impegnato, pluripremiato, che declina il suo talento in un’infinità di modi differenti.
Sono tanti anni che si dedica a questa passione che rappresenta una vera e propria forma d’arte. Com’è nato l’amore per la fotografia? E cosa l’ha spinto a diventare propriamente un fotografo naturalista?
Ho sempre amato stare in mezzo alla natura. Un giorno un amico mi disse di andare con lui a fare bird watching; per l’occasione comprai un binocolo-giocattolo e successivamente uno vero. Mi iscrissi alla Lipu (Lega nazionale protezione uccelli, ndr) e pensai di acquistare una macchina fotografica. Nel frattempo frequentavo la biblioteca dove andavo a studiare sui libri le specie di volatili che vedevo. Dopo un anno di risparmi, a 16-17 anni non ricordo precisamente, comprai la mia prima macchina fotografica. Nel 2000 sono passato, come la maggior parte dei fotografi, al digitale con la triste consapevolezza che scattare sarebbe si diventato più facile, ma anche meno personale.
Si sente più fotografo, più naturalista, o sono due aspetti che non può proprio separare?
Non posso scindere le due cose perchè per essere fotografo naturalista devi essere prima di tutto naturalista. Bisogna conoscere alla perfezione l’ambiente che si vuole visitare e l’etologia degli animali che si vogliono immortalare; solo così saprai come avvicinare una determinata specie, limitando al minimo ogni forma di disturbo nei confronti della stessa.
Ha fotografato decine e decine di specie diverse, dalle più “innocue” come i fenicotteri, a quelle che generalmente vengono considerate più pericolose, come leoni, ghepardi, orsi. Come riesce a immortalare questi animali da così vicino?
Bisogna conoscere la linea invisibile che separa il fotografo dall’animale e che non deve mai essere superata. Occorre mimetizzare se stessi e l’attrezzatura per eludere l’attenzione degli animali che non devono mai riconoscere la figura umana. Si devono sempre ricordare tre punti fondamentali: primo, gli animali non si mettono in posa; secondo, non stanno fermi; terzo, non vogliono essere fotografati da noi. E’ per questo che bisogna diventare invisibili ai loro occhi.
Ha mai avuto incidenti di percorso?
Si, quando sono stato per la prima volta in Africa. I ranger ti permettono di arrivare a pochi metri di distanza dagli animali perchè questi non percepiscono le macchine come una minaccia. L’importante è non alzarsi mai in piedi, nè muovere velocemente le braccia. Mi trovavo in Tanzania per fotografare gli ippopotami nel loro habitat ideale, le cosidette “hippo pool”, una sorta di piscine che assomigliano più che altro a delle latrine. Ero con altri 7/8 fotografi concentrati sulla lotta che due ippopotami avevano intrapreso per conquistare la femmina. Ho scattato 14 foto a raffica. Quando abbiamo alzato gli occhi dalle nostre fotocamere ci siamo resi conto che gli animali ci stavano correndo incontro ed erano arrivati a pochi metri da noi. Per fortuna si sono fermati in acqua, ma abbiamo comunque rischiato molto. Forse non tutti sanno che l’ippopotamo è l’animale che provoca più morti in Africa.
A parte paesaggi, animali e persone, molte delle sue numerose fotografie ritraggono dettagli. Cosa le piace dei particolari?
Amo ritagliare pezzetti di ciò che vedo perché “nel guardare voglio riuscire a vedere”, cogliere particolari che possono diventare interessanti.
Predilige il colore o gli scatti in bianco e nero?
La vita è a colori, però mi piace molto anche il bianco e nero perché credo che alcune fotografie rendano di più, che siano in grado di trasmettere meglio l’emozione che io ho colto attraverso quello scatto. Certe foto possono essere veramente dinamiche e, personalmente, non apprezzo troppo il dover leggere la didascalia che le accompagna. Mi piace molto questa affermazione: “Una bella fotografia è come una bella barzelletta, se non ridi subito non è una bella barzelletta”. Perché una foto sia davvero riuscita deve colpirti subito, in un istante. Ogni giorno siamo martellati da milioni di immagini e diventa sempre più difficile catturare l’attenzione. Bisogna ricercare foto estreme, ma in natura sono rare e difficili da realizzare.
Può svelarci il segreto per scattare una buona fotografia?
Due cose sono essenziali: padroneggiare la tecnica e avere una buona conoscenza di ciò che si vuole immortalare.
Utilizza specifici programmi di grafica per “sistemare”o ritoccare i suoi scatti?
Uso Photoshop, il software per antonomasia che permette di lavorare sulla fotografia in maniera localizzata.
Tra tutti i servizi fotografici che ha realizzato, ve n’è uno che ha amato più di tutti gli altri?
Ultimamente è stato un susseguirsi di emozioni che hanno sempre superato quelle precedenti. Fin da piccolo ho avuto un preciso desiderio: vedere gli orsi che catturano i salmoni. Da poco sono stato nella wilderness dell’Alaska dove ho finalmente realizzato questo sogno.
Fare il fotografo la porta a viaggiare molto. E’ un aspetto che apprezza del suo mestiere?
A Bologna lavoro per un’azienda per la quale realizzo fotografie industriali. Sono scatti molto lontani da quelli che solitamente ricerco io, ma mi permettono di trovare il bello in qualcosa che solitamente non è associato ad esso. Questo lavoro in parte mi limita perché posso viaggiare solo nei periodi di ferie o chiedendo permessi. Amo viaggiare, sono appena tornato dalla Croazia, un’esperienza meravigliosa. Ad ottobre, per l’ottava volta, sarò in Islanda a vedere l’aurora boreale: penso sia la cosa più bella che la natura ci possa offrire.
Sono tanti anni che si dedica alla fotografia sotto diversi aspetti. Ha vinto numerosi premi e ottenuto diverse certificazioni. Qual è la stata la più grande soddisfazione che ha avuto?
Il mettermi continuamente alla prova. Vincere per otto volte consecutive la coppa del mondo regala grandi soddisfazioni. Ogni Stato organizza la propria nazionale ed essere campione del mondo significa che l’Italia stessa vince con i suoi partecipanti. In questa competizione, che si tiene ogni due anni, vengono valutate sia la qualitá delle fotografie che la coerenza, ovvero il tema che lega le varie foto. Nella sezione stampe vi sono dieci immagini, il che significa che ogni fotografo partecipa con una sola fotografia; nella sezione file invece, che comprende venti fotografie, ogni fotografo puó presentarne piú di una.
Anche ottenere le certificazioni Qip (Qualified italian photographer) e Qep (Qualified european photographer) é stata una grande soddisfazione personale.
Vi è un premio, un riconoscimento particolare a cui tiene di più in assoluto?
Collaboro con Oasis, anni fa era la rivista di fotografia più patinata d’Italia, ora è un po’ decaduta. Era il mio target ideale, mi dicevo che il giorno in cui avesse pubblicato un mio scatto allora sarei arrivato all’apice. Un giorno andai in edicola, acquistai la rivista e mentre la sfogliavo una fotografia mi colpì, realizzai che l’avevo scattata io. Una gioia immensa, solo il ricordo mi emoziona ancora.
Chiaramente anche la prima coppa del mondo é a me molto cara. La soddisfazione piú recente risale a 2/3 anni fa, quando una mia fotografia, arrivata quarta, è stata pubblicata su National Geographic.
Oltre alla fotografia, ha altre passioni?
Fotografare è un modo per viaggiare e scoprire, ma una vita sola non basta. Viaggiare mi permette di conoscere nuovi mondi, nuove persone, nuovi usi e costumi; voglio continuare a visitare luoghi che trasmettono emozioni diverse, che regalano attimi vissuti unici. Una volta mi è stato chiesto se osservare sempre la realtà attraverso un obiettivo non limiti il mio “vero guardare”; al contrario, l’obiettivo mi permette di amplificare tutto ciò che vedo. Per me un fotografo è colui che è in grado di fermare il tempo e immortalare un singolo attimo, un istante.
Credo che ognuno di noi, nel corso della vita, si chieda “e se l’avessi fatto?”: c’è qualcosa che rimpiange? Ad esempio un servizio fotografico che le era stato proposto o che avrebbe potuto fare, ma che per un motivo o per l’altro alla fine non è stato realizzato?
Giornalmente può capitare di dover scegliere e non sempre si prende la decisione giusta. E’ dal 1988 che faccio fotografie naturalistiche e nel mio mestiere capita di frequente rimpiangere di non aver fatto un determinato viaggio.
Trascorro tantissimo tempo appostato per rubare alla natura precisi scatti e spesso nell’attimo in cui decido di andare via, ecco che succede ciò che aspettavo da ore. Al contrario, ci sono state volte in cui mentre contavo quegli ultimi 10 secondi, è accaduto qualcosa di inaspettato che sono riuscito ad immortalare.
Ha un sogno nel cassetto, qualcosa che avrebbe sempre desiderato fare, ma che ancora non ha realizzato?
Vorrei che scattare fotografie diventasse un lavoro full time, ma al giorno d’oggi è molto difficile vivere solamente di questa mia passione, come di molte altre forme d’arte. Continuo a dire “da grande voglio fare il fotografo”.
Ha già raggiunto molti traguardi, ottenuto tante soddisfazione, ma per il futuro che progetti ha?
Di progetti ne ho tanti. Mi piace moltissimo insegnare, ci metto l’anima. Molti apprezzano il fatto che durante i corsi che tengo racconto “perle” che non si apprendono dai libri, consigli pratici derivati da anni di esperienza. Amo trasmettere tutto ciò che so.
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Silvia Malacarne
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