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Da BERLINO – La relazione tra tragedia e la sofistica di Gorgia, il famoso oppositore e interlocutore di Socrate, è stata il punto di partenza per una brillante conferenza, come spesso capita, tenuta all’Institute for Cultural Inquiry Berlin, del famoso filosofo Simon Critchley, grande divulgatore della decostruzione in America.

La storia della filosofia comincia con la famosa lotta per la supremazia tra la sofistica, incentrata sul “no”, un nichilistico “no” a tutto e la filosofia che è una affermazione della verità e del rigore argomentativo. Il platonismo poi diffuso nelle sue varie mutazioni si fonde tanto sull’esistenza della verità e su una salda ontologia: dalla combinazione dei due si è sviluppata una filosofia fortemente normativa e moralista.

Filosofia come attività tragica è invece ciò che Critchley propone sulla scia del primo Nietzsche, quello dell’inizio della Origine della Tragedia, che propone la “non verità” come la fonte della vita.
La lezione è cominciata con il famoso detto che “l’uomo è misura di tutte le cose” per cui, per converso, il filosofo è colui che si occupa delle cose divine. Ma è soprattutto l’arte sofistica della contraddizione, quella non ancora infusa della moralità (o moralismo) di Socrate, che Critchley avvicina al linguaggio della tragedia. La tragedia è infatti caratterizzata da enormi ambiguità morali che costituiscono appunto una sorta di “versione teatrale” della sofistica: l’ambiguità del resto è il grande nemico della filosofia e, implicitamente, della democrazia.

Il vero nocciolo della disputa tra filosofia e sofistica è il fatto che noi abbiamo solo linguaggio ma il linguaggio è precisamente, concretamente e tragicamente qualcosa di diverso dalla realtà, per cui si hanno le tre famose leggi della sofistica, una sofisticata (e crudele) satira del pensiero filosofico e della sua pretesa di dire la verità:

1. niente esiste;
2. se qualcosa esiste, è inconoscibile;
3. se è conoscibile, è incomunicabile.

La sofistica si oppone alla filosofia, appunto con argomenti capziosi, confondendo piani del discorso, appunto sofismi.

Ma se si getta un altro sguardo alla sofistica si può trovare anche qualcos’altro: il tentativo di praticare una sorta di “pensiero femminile” che si oppone a quello che Derrida avrebbe chiamato “fallo-logocentrismo”, cioè l’idea che il discorso filosofico debba assolutamente essere fertile, fecondo, produttivo, stabilendo una discendenza di “opere,” cioè libri, opere, testi e così via…

Cosa però possa essere una filosofia consapevolmente conscia della sofistica, Critchley non lo dice. Evidentemente è, ironicamente, un’opera ancora tutta da scrivere. O, meglio, ancora tutta da dire.

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Federico Dal Bo

È giornalista pubblicista e traduttore, dottore di ricerca in Ebraistica, dottore di ricerca in Scienza della traduzione, residente a Berlino


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it