Smart working da remoto … remotissimo
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Lezione dalla pandemia e dopo pandemia: lo smart working piace, è utile e salutare e fa bene all’ambiente, alle tasche oltre che al bilancio vita professionale-vita privata. Anche ibrido va bene. Basta che sia flessibile. Oggi è stato scelto già da migliaia di aziende e lavoratori nel mondo, si è rivelato, specialmente per la Generazione Z e i Millennial, una modalità di grande importanza e opportunità, come emerge da tutti i report e studi di questi ultimi mesi.
Un recente studio di Lenovo ha evidenziato come quattro persone su cinque tra i 18 e i 40 anni ritengono che lavorare da qualsiasi luogo sia vantaggioso per la società, le comunità, i datori di lavoro e i dipendenti, mentre il 61% (che sale al 68% della Gen Z e al 67% dei Millennials) dichiara che offrire qualcosa in cambio e avere un impatto positivo sulla comunità locale sia molto importante. Tra gli altri principali risultati della ricerca: Il 91% dei Millennial afferma che è molto importante incentivare l’economia locale in modalità “Work from Anywhere”; il 60% degli intervistati ritiene che la tecnologia attuale abbia permesso loro di lavorare in modo più flessibile, aumentare la produttività e raggiungere il pieno potenziale (salendo al 67% della Gen Z e al 66% dei Millennial). Tra gli intervistati italiani, in particolare: il 76% è entusiasta della nuova tecnologia emergente che renderà più semplice la modalità “Work from Anywhere” in modo efficace; oltre il 70% afferma che “lavorare da qualsiasi luogo” migliorerebbe le proprie relazioni personali; il 63% ha dichiarato di essere disponibile a lavorare da qualsiasi parte del mondo, e quasi i due terzi (65%) sono felici di lavorare più ore se ciò significa poterlo fare da una postazione remota. Sulla base di tale analisi, tempo allora di esperimenti sociali/sociologici e tecnologici.
In tale direzione, è di qualche giorno fa la notizia che sono stati selezionati (e sono in partenza) i volontari che parteciperanno al progetto Work For Humankind, lanciato, a dicembre scorso, proprio da Lenovo, insieme a Island Conservation e la comunità (di meno di mille abitanti) dell’Isola di Robinson Crusoe, la seconda più grande dell’arcipelago delle Isole Juan Fernández, a ovest di San Antonio, nella regione di Valparaiso, in Cile, nell’Oceano Pacifico meridionale. Uno dei luoghi ecologicamente più ricchi del pianeta. Si tratta di lavorare da un’isoletta sperduta e silenziosa, un esperimento di smart working da remoto, da remotissimo.
Il progetto ha ricevuto migliaia di candidature e i 9 fortunati selezionati – in base a una serie di competenze, background e specializzazioni – sono pronti. Fra di loro anche un italiano, Simone Canova, copywriter digitale. Gli altri partecipanti da tutto il mondo: Ligia Santos, analista settore sostenibilità (Brasile), Cynthia Mayer, product manager e communication specialist (Francia), Simon Wehner, strategist settore sostenibilità e future energy (Germania), Vivian Garcia, docente, esperto di benessere degli animali (Messico), Kay Bromley, IT specialist e solution architect (Regno Unito), Clinton Harmon, ricercatore scientifico e consulente comunicazione in ambito medico-sanitario (Stati Uniti). Durante il soggiorno su quella che il governo cileno ha ribattezzata come Isola di Robinson Crusoe, in riferimento alla sua eredità letteraria di ispirazione per il romanzo di Daniel Defoe, i volontari svolgono la propria attività lavorativa e proseguono gli studi grazie a uno spazio di lavoro dotato della tecnologia (presenti alcuni tra i migliori dispositivi e soluzioni dell’azienda, per l’intero portfolio Lenovo, PC, laptop, workstation portatili e server, un vero hub tecnologico).
Per il progetto viene impiegato il servizio CO2 Offset che consente a consumatori e aziende di compensare le emissioni di carbonio e aiutare l’ambiente sostenendo uno dei progetti parte della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change). Ciò significa che il programma, oltre a sostenere la comunità locale attraverso il volontariato e il supporto tecnologico, contiene un progetto ambientale dedicato a ridurre le emissioni di gas serra in altre parti del mondo. L’isola oggi affronta molte sfide: accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria, degradazione dell’habitat e l’impatto delle specie invasive. La comunità locale, Island Conservation e il governo cileno hanno avviato una serie di progetti nell’ultimo decennio, che spesso sono ostacolati da sfide presenti nel campo delle telecomunicazioni e della tecnologia. La comunità dell’isola è però impegnata nella protezione del proprio patrimonio naturale e culturale e intende raggiungere gli obiettivi di sostenibilità in modo indipendente, mantenendo la rotta sulla soddisfazione del proprio fabbisogno alimentare ed energetico e la conservazione del proprio patrimonio naturale e culturale. Infine, va detto, che lo spazio di lavoro messo a disposizione da Lenovo comprende la connessione Internet che è stata notevolmente migliorata, da 1 Mbps fino a 200 Mbps, la prima connessione Internet ad alta velocità sull’isola di Robinson Crusoe.
Operazione di marketing? Poco importa, vista la sfida e i risultati promessi. Perché il digitale resta centrale nella trasformazione e nella flessibilità lavorativa. Provare per credere.

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Simonetta Sandri
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani