Un singolare nanismo demografico nei sei Comuni dell’Unione “Terre e Fiumi”, può rappresentare anche una sfida ad una diversa crescita, per evitare la desertificazione delle terre “alte” di mezzo del ferrarese.
Se dal totale generale dell’ultima colonna togliamo gli stranieri residenti, che sono circa 1.700, il dato ultimo subisce una contrazione dei residenti indigeni di quasi 4.500 copparesi dell’Unione in dodici anni. Le proiezioni, a fine anno 2030, possono essere quantificate, stante la forte crescita, in valore assoluto, della parte alta della bottiglia demografica, in una perdita di oltre 6.000 indigeni, andando vicini ai 29.000 residenti. Cifre, quindi, molto preoccupanti, un’area, questa, unica e singolare, che perde continuamente colpi; il resto della provincia, invece, cresce o è stabile, sia nella classe prima di età che tra le forze attive, e con un buon livello di stranieri tra 8/10%.
Se poi entriamo nei dettagli dei sei Comuni del Copparese, analizzando le frazioni, in 14 piazze su 26 incontriamo piccolissimi numeri di una singolare demografia, dove solitudini, isolamenti, abbandoni sono i risultati di una politica priva di iniziative di sostegno e di promozione dei borghi e dei mini agglomerati rurali. Delle citate 14, almeno 8 agorà saranno composte da poche decine di abitanti e prive di relazioni di convivenza.
Una decina di anni fa, una ricerca promossa dall’Ulivo nel ferrarese orientale, ed in particolare nel Copparese, evidenziò detti squilibri e propose anche alcune azioni che oggi non vediamo e che rimangono non solo attuali ma da percorrere. Per evitare di incrinare il modello attuale, andando sotto il minimo dei piccoli numeri si diceva:
1) le reti di protezione sociale dovranno essere assistite da luoghi di prossimità, dando peso alla sussidiarietà orizzontale;
2) attorno agli anni 2015/16 è probabile la rottura del sistema locale d’area;
3) serve rafforzare i nodi forti dei centri capoluogo, restringendo le maglie dei nano luoghi di cintura;
4) le persistenti debolezze strutturali portano ad una decrescita generalizzata;
5) la fortissima denatalità rende minimi i numeri nella sopravvivenza della corte 0-24;
6) la terza età diventa sempre più corposa e nella quarta età è elevatissima la presenza di nuclei mono-persona.
In questo tendenziale e consolidato quadro di contesto, occorre attivare politiche innovative, sia per rafforzare la natalità che per fare rete nelle piccole imprese, rilanciando alcune specificità produttive di territorio (pereti, riso, ortofrutta, agroalimentare, piccolo turismo rurale e d’acque, mercati di piazza, micro-meccanica e nanotecnologie, centri storici e borghi con un commercio di servizi, e altro).
Corre anche voce che di questo territorio serve farne un “grande parco”, uno sguardo del fuori porta della città, nelle terre “alte” di mezzo, tra il grande fiume e il Po di Volano. Non ci pare la risposta giusta, anzi una spinta nel senso opposto, verso la crescita della denatalità, con il conseguente impoverimento del territorio.
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Enzo Barboni
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