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Il titolo del libro allude alle favole, ma la storia che Maura Franchi e Augusto Schianchi ci raccontano ha molto a che fare con le nostre vite e la realtà dell’Italia di ieri e di oggi: con “C’era una volta il ’68, prima e dopo” (Rubbettino editore) gli autori (entrambi docenti all’Università di Parma) conducono una ricerca – e coerentemente sviluppano una riflessione di alto profilo – sui presupposti che hanno originato il movimento che ha squassato tutto il mondo occidentale, e ne valutano gli effetti attuali.

A base della rivolta indicano “un vago senso della giustizia sociale” saldato a “un forte desiderio di libertà”. Ricordano le gesta di una generazione “che pensava davvero di fare storia”, e che in parte, nel bene nel male, c’è riuscita. “Non era una domanda di sicurezza né tantomeno di benessere a guidare le attese future, ma un generale bisogno di una verità diversa che consentisse di descrivere il mondo con un linguaggio originale”.
Ecco perché anche semplici marcatori di stile, come il vestiario e gli atteggiamenti, risultavano fondanti dell’identità di quella generazione. La giovinezza era un valore in sé perché si contrapponeva all’obsolescenza della tradizione. E così la contestazione del principio di autorità significava il rifiuto di accogliere la lezione e i valori dei padri. Lo stesso impulso si traduceva nel respingimento del nozionismo scolastico, nell’esaltazione della democrazia diretta priva di capi e fondata su ascolto, partecipazione ed egualitarismo…
La strenua difesa dei diritti civili e l’insofferenza verso qualsiasi forma di gerarchia sono il collante che tiene insieme un movimento in sé variegato, al punto da esplodere negli anni seguenti in tanti rivoli orientati verso differenti approdi. Ma, appunto, quella che si può definire spinta alla libertà è il legame forte che tiene salda l’unione fra le giovani generazioni protagoniste della fase nascente di un movimento che, già agli albori del ’68, comincerà ad essere percorso da aneliti contraddittori, come la simultanea esaltazione del collettivo e insieme della soggettività; la domanda di partecipazione e la strenua difesa della libertà individuale, il noi e l’io.

A consentire l’affermazione del protagonismo di quella generazione, e il tentativo di compiere un salto in avanti, è il potente sviluppo economico che l’Italia conosce nel decennio precedente. Giovani e donne sono i principali protagonisti della fase nascente della nuova stagione, che lascerà tracce incancellabili nei decenni seguenti.
Il cinema, la musica, la narrativa non solo accompagnano ma spesso trascinano, con la loro forza evocativa e suggestiva, la marcia verso il cambiamento. Le avanguardie intellettuali, che si esprimono attraverso le poliedriche forme dell’arte, accendono la luce che rischiara il movimento, di cui il libro traccia i più significativi passaggi.

Tra le positive eredità che il ’68 ci consegna, Franchi e Schianchi indicano l’universalizzazione dei diritti, l’autodeterminazione degli individui (in particolare in riferimento agli stili e alle condotte di vita), la trasformazione dei modelli familiari e dei rapporti di coppia, la liberazione dai tabù sessuali, la spinta verso modelli inclusivi (specie nell’ambito del sistema scolastico ed educativo), la tutela di diritti fondamentali quali la salute e la parità di genere, la ricerca e la creazione di canali di controinformazione, il rifiuto dell’autoritarismo.
Fra le negative ricadute, gli autori indicano anche l’attuale deriva populista, intesa come moderna e deviata riproposizione dell mito della democrazia diretta. In ogni caso, affermano, “il 68 segna un prima e un dopo, per cui niente resta più com’era”.

Il volume di Maura Franchi e Augusto Schianchi “C’era una volta il ’68. Prima e dopo” sarà presentato domani alle 17 all’Istituto di Storia contemporanea di Ferrara, in vicolo Santo Spirito 11. Interverranno l’autrice Maura Franchi, Fiorenzo Baratelli direttore dell’istituto Gramsci di Ferrara. Introduce Sergio Gessi direttore di Ferraraitalia

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada


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