Se avessero un po’ riflettuto su quei due sms, forse non saremmo a pretendere che un elefante nella cristalleria non possa non provocare un qualche sconquasso, meglio un inizio di rivoluzione. Mi riferisco ai due sms di cui uno inviato a Franceschini e Castagnetti nella circostanza delle dimissioni dell’on. Veltroni da segretario del Pd, in cui era scritto chiaramente “serve un segretario dirompente”; il secondo, inviato ai medesimi, in relazione ai litigi dei quattro “cespugli cattolici” nel Pd (Franceschini – Bindi – Letta – Fioroni) che hanno di fatto annullato la presenza del cattolicesimo democratico nel Pd.
Stiamo parlando ancora del Pd e di quel convegno preparatorio di Orvieto, dove il monito del professor Pietro Scoppola non era stato ben raccolto, anche come risposta a quelle due sigle di partito che non sono riuscite a stare nei nuovi ranghi del dopo ‘900.
Che servisse un’anima, una passione, un sentimento, un percorso del cambia verso era, ormai, nelle cose; il non averlo colto fu un grave errore di cui la politica tutta dovrà rispondere anche per gli effetti che ha prodotto. In politica o si coglie l’attimo e il nuovo clima o tutto diventa più difficile, complicato e critico, soprattutto per il Paese.
Un ragionamento che è trasversale, anche nei campi avversi, anche nelle diversità, negli steccati e nelle profondità dei solchi dove dimora la fragilità dei comportamenti delle persone e delle politiche.
Sul “dirompente” (e parliamo di una figura fuori dagli schemi) ci sono stati moltissimi dubbi, anche dei no e non poche resistenze, più perché rompeva ed andava oltre il sistema, quello dell’ultimo decennio del novecento (il più complicato della storia italiana dal secondo dopoguerra), dove la figura proposta non stava dentro le corde.
Il Matteo correva troppo, troppo forte e non guardava in faccia a nessuno, come in Africa tra il leone e la gazzella, dove la sopravvivenza e la fame sono l’indispensabile per correre. Noi però siano in Europa, meglio in Italia, e qualcuno doveva arrivare e, dopo lo scavalco del secolo, si è presentato. Dell’Africa resta solo l’elefante.
I “cespugli”, almeno i quattro i rimasti, quelli che Andreatta chiamava la siepe dei cattolici in politica, che nei popolari si era ridotta ad un nanismo impensabile, hanno più flirtato, in forme alterne e uno contro l’altro, con lo schieramento diessino già a partite dal duemilasette in ogni appuntamento con le primarie, quasi ad autolesionarsi per interessi di piccolo giardinetto.
Ora non ci sono più, quello che manca non è la loro presenza ma l’aver buttato al macero un’idea di alta politica che il “cattolicesimo democratico” ha espresso, esprime e continuerà a fare, se ne saranno capaci gli eventuali eredi.
L’elefante non ha solo corso e correrà ancora nella sua dirompenza ma, come l’acqua sporca da ricambiare, si è accorto che anche una parte del bambino non c’è più, anzi non la si ritrova più.
Forse abbiamo aperto un discorso ormai lontano e sconosciuto per la nuova generazione che avanza; se poi chiedi a un giovane sotto i trent’anni chi è Aldo Moro e cosa sono le Brigate Rosse, non sa rispondere e potrebbe dirti: un industrialotto e, per il secondo, un brand. Peccato.
Non ci resta, forse, che guardare cosa resta nella cristalleria e provare a raccogliere quei brillantissimi vetri di una vicenda storica che non c’è più.
Non ci piace, però, che questo pezzo del passato, di un’idea, sia visibile solo in un museo, ma sappiamo che la storia potrebbe lasciarci anche questo amaro in bocca.
Ci proviamo, ma sarà difficile e complicato.
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Enzo Barboni
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