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di Federica Mammina

Quello che sto per raccontarvi non è una novità, ma purtroppo si tratta di un fenomeno tornato alla ribalta in questi ultimi mesi, forse complice anche la sciocca moda del selfie.
In diversi luoghi esotici del mondo è possibile, in alcuni zoo, scattarsi fotografie con animali che sarebbero altrimenti inavvicinabili. È da diversi anni che molte associazioni hanno denunciato questo tipo di attività e definito questi zoo, non a caso, come luoghi di tortura. Già, perché lo sconsiderato turista non riesce evidentemente a partorire la banalissima considerazione che quegli animali debbano essere quantomeno soggetti a sedazione per poter essere addirittura abbracciati senza incorrere in alcun pericolo, e forse agisce con la consapevolezza della sua specialità e che l’animale sia stato sedato solo per pochi minuti e solo per lui, e non che viva costantemente in quello stato per poter essere sfruttato il più possibile. Figuriamoci poi se, date le premesse, il nostro brillante turista, sia capace di ipotizzare che gli animali vengano perfino torturati: gli elefanti ad esempio per poter essere cavalcati vengono cresciuti in gabbie dove non possono muoversi e seviziati per prostrarne la volontà, mentre ai serpenti si staccano con le pinze i dotti velenosi per renderli innocui e le tartarughe, animali timidissimi che non amano essere toccati, quando vengono presi in mano, si agitano al punto da fratturarsi da soli le zampe.
Ebbene, caro turista, voglio credere che tu lo faccia ignorando completamente le sofferenze che le tue azioni provocano a questi innocenti animali, perché a pensare che tu lo faccia consapevolmente c’è da ritenerti, se possibile, ancor più mostro di chi li sfrutta per denaro.

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Redazione di Periscopio



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