LA RECENSIONE
Jeeg Robot, cuore, acciaio e un pizzico di trash
Funziona la versione italiana del ‘superhero movie’
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La nostra generazione è cresciuta con gli episodi di Mazinga, Goldrake e Jeeg Robot e per questo non poteva non essere incuriosita da questa produzione italiana del 2016 che ha sbaragliato ogni concorrente e sconvolto ogni più rosea previsione.
‘Lo chiamavano Jeeg Robot’, di Gabriele Mainetti, infatti, nel 2016 ha incassato oltre 5 milioni di euro e vinto ben 7 David di Donatello. Diciamo che non è forse una delle pellicole migliori dell’anno ma, quanto meno, ha rappresentato un’autentica rivelazione. Se non altro perché, in una Roma di emarginazione e attentati, racconta storie di uomini e di mostri o meglio di uomini che assomigliano a mostri e mostri che si trasformano in uomini. In questo clima di violenza e tentativi spesso falliti di emergere, un ladruncolo del popolare quartiere di Tor Bella Monaca, Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), viene rocambolescamente inseguito per le strade della capitale da due poliziotti per il furto di un orologio. Per scampare agli inseguitori, Enzo si getta nel Tevere, all’altezza di Ponte Sant’Angelo. Qui, venuto a contatto con strane sostanze radioattive depositate sul fondo del fiume, acquisisce forza e resistenza sovraumane. Ora Enzo può davvero tutto. Cerca di vendere l’orologio rubato a Sergio, uno dei membri della banda criminale guidata da Fabio Cannizzaro, detto lo Zingaro (interpretato da un grande Luca Marinelli), il cattivo del film, figlio del trash moderno, amante della musica di Anna Oxa e ossessionato dall’ambizione di diventare qualcuno di importante all’interno della malavita capitolina, che però lo coinvolge in un’operazione di cocaina che, finita male, lo porterà alla morte.
Rientrato a casa solo, Enzo incontra Alessia (Ilenia Pastorelli), la figlia di Sergio, una ragazza con problemi psichici ossessionata dal suo lettore dvd su cui girano in continuazione le avventure del suo unico eroe ‘Jeeg robot d’acciaio’, il cui mondo confonde con quello reale. A lei, indifesa e spaventata, se pur bella, tormentata e sensuale, Enzo non riesce a confessare la verità. Scoperta la sua forza sovrumana, inizia ad approfittarne, svaligiando un bancomat e diventando presto l’eroe del quartiere. Da qui si innestano le sfuriate de lo Zingaro, un vero personaggio a metà tra il Joker di Batman e un tronista di ‘Uomini e Donne’, la lotta per la cocaina con la banda di camorristi guidata dalla sanguinaria donna boss Nunzia Lo Cosimo e la caccia alla forza di Enzo per portarlo nel suo gruppo. Recatosi da Alessia alla ricerca del padre Sergio, che lo Zingaro pensa fuggito con la sua cocaina, lo sventurato cattivo si imbatte però in Enzo che, sentendo le urla della ragazza, dopo essersi coperto il volto, interviene e la salva. Lei lo riconosce e lo soprannomina Hiroshi Shiba, come il protagonista del suo Jeeg Robot. Le avventure continueranno, con molta (troppa) violenza, fino alla bomba allo Stadio Olimpico. Un punto positivo, però. La morale? Forse semplice: essere eroi significa essere pronti a cambiare.
Lo Chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, con Antonia Truppo, Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Daniele Trombetti, Francesco Formichetti, Gianluca Di Gennaro, Ilenia Pastorelli, Italia, 2015, 118 mn.
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Simonetta Sandri
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