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Parlerò di infermieri e industriali, di medici e imprenditori, di posti letto e capitalisti italiani, ma proprio quelli più forti, quelli che dettano la linea in Confindustria. Cosa c’entra un infermiere con il re della nutella? Proverò a mostrarlo.

Angeli. Così vengono definiti medici e infermieri, in Tv e sulla stampa, dai pubblicitari commissionari delle grandi imprese italiane. Sono angeli, o eroi. Gli stesse e le stesse che alcuni mesi fa avevano l’immagine dei parassiti, che timbravano il cartellino in pigiama e poi andavano a fare la spesa, o tornavano a casa. I fannulloni. Gli altri, quelli che a lavorare ci andavano, spesso ammazzavano la gente in corsia, o in reparto. La maggior parte di loro sono dipendenti pubblici, la peggior specie. I medici d’urgenza o di malattie infettive o pneumologia, peraltro, vengono saltuariamente investiti (succedeva anche prima del Covid19) di un’autorevolezza scientifica che consente ad alcuni di loro di parlare della loro trincea attraverso le televisioni: ma perché sono medici, appunto (non parliamo dei virologi, i nuovi Aruspici).

Gli infermieri di intensiva e semintensiva, il personale infermieristico incaricato di gestire le emergenze anche dal punto di vista logistico-organizzativo, oltre che sanitario; gli ausiliari, le assistenti domiciliari. Loro, invece, sono i veri negletti, elevati all’improvviso, beffardamente e gratuitamente, al rango di eroi. Non hanno voce, sono sottopagati (alcuni in maniera scandalosa, visto che hanno letteralmente in mano la vita delle persone molto più dei loro responsabili di reparto o primari), fanno spesso turni massacranti (anche prima del Covid19), non hanno un’organizzazione che li tuteli dall’ errore, sempre in agguato. E hanno paura, esattamente come tutti noi, con la differenza che molti di loro, la paura, la respirano e toccano tutti i giorni dietro allo scafandro che indossano a inizio turno e tolgono a fine turno, senza poter andare in bagno, bere, mangiare. Quelli che ce l’hanno, lo scafandro. Altri hanno ricevuto le mascherine ben dopo che le hanno avute alcuni giornalisti ed assessori, che ne fanno sfoggio in tv come si trattasse di un accessorio fashion. Però sono “angeli”, e ti commuovi guardando il video edificante e strappacuore del loro reparto – tranne se abitano nel tuo stesso condominio. In quel caso sono untori.

Parliamo anche del contesto. Posti letto per abitante pre Covid19: Italia 2,6 (3,1 coi privati) ogni 1.000 abitanti.  Germania e Francia sono messe molto meglio, Regno Unito e Spagna come noi, Svezia e Danimarca addirittura peggio. Quindi una aurea mediocritas, si potrebbe dire. No, purtroppo. Intanto abbiamo la popolazione più anziana d’Europa, ed una nazione con una anagrafe simile alla nostra, il Giappone, di posti letto ne ha 7,8 per 1.000 abitanti. Inoltre il filtro della medicina non ospedaliera altrove funziona, da noi meno, e non perché i medici sul territorio siano incapaci o menefreghisti, ma perché sono stati privi di mezzi di protezione adeguata; infatti molti di loro si sono ammalati. La grande ospedalizzazione dei malati italiani purtroppo dipende anche da questo, oltre che dalla creazione tardiva (e a volte puramente propagandistica, vedi Lombardia) di strutture dedicate all’ isolamento. Altrove requisiscono gli alberghi, noi isoliamo le persone in casa loro, facendo ammalare tutti i conviventi. Ultima notazione, che chi lavora in sanità conosce bene: blocco delle assunzioni, mancata sostituzione in turn over, diminuzione posti letto (in assoluto ma non per addetto), spesa sanitaria in percentuale calante sul PIL negli ultimi vent’anni. Colpa, si dice, (anche) del nostro elevato debito pubblico, che non ci consente di spendere abbastanza.

Parliamone. Il bilancio dello Stato è fatto di uscite e di entrate. Un livello di entrate adeguato al PIL della nazione, e quindi adeguato anche ai servizi pubblici da finanziare con queste entrate (la sanità per tutti, tra i primi) sarebbe quindi fondamentale. Indovinate chi fa mancare alle entrate fiscali dello stato, secondo una recente stima, circa 6,5 miliardi di euro in un anno, ovvero l’equivalente del 5% della spesa sanitaria: i nostri capitani d’industria. I più grandi, i più famosi. Hanno spostato tutti o quasi la sede legale in una strada a 4 chilometri dal centro di Amsterdam, dove ha sede la Intertrust, società olandese specializzata nella creazione di sedi legali. La cosa bella è che tutto avviene entro i confini della legge: infatti non si chiama evasione, ma elusione. La praticano, con assoluta serenità, Eni, Enel, FCA, Mediaset (attraverso MediaforEurope) , Luxottica, Ferrero, Telecom Italia, Cementir eccetera.

Però così fan tutti, no? Mica solo gli italiani. E poi in fondo, se risparmi tasse sui profitti d’azienda, puoi avere più denaro da reinvestire nell’ impresa. Peccato che il grosso della sottotassazione in Olanda (e Irlanda e Lussemburgo e Svizzera) riguardi i dividendi, cioè gli utili distribuiti agli azionisti. Quindi non un premio fiscale alla produzione, ma alla rendita finanziaria.

Sono un mucchio di schei. Talmente tanti che l’AD di Banca Intesa ha dichiarato che se gli Agnelli, i Perfetti, i Ferrero, i Garavaglia eccetera li facessero rientrare dall’ estero, l’economia italiana ne trarrebbe notevole giovamento. Invece il loro presidente designato, Bonomi, nemmeno eletto già dichiara che bisogna mettere mano ai contratti collettivi di lavoro per derogare alle norme di tutela valide per tutti. Ecco la sua ricetta per la crisi. I soldi dei suoi associati possono rimanere all’ombra di un paradiso (fiscale), o di un campo di tulipani. 

Non lo faranno. Preferiranno mettere il loro logo su un milione di mascherine o su mille macchinari acquistati per un ospedale, e continuare a far chiamare “angeli” gli infermieri. La carità è sempre più conveniente della giustizia.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it