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Scacciare i sudditi-consumatori per riappropriarsi del bene comune

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“Il bene comune: politiche pubbliche e interessi collettivi” è stato il tema d’esordio. Con il nuovo anno è arrivato anche il nuovo ciclo di “Chiavi di lettura – Opinioni a confronto sull’attualità”, gli incontri di approfondimento su questioni di rilievo locale o nazionale organizzati da Ferraraitalia per leggere il presente e fornire elementi di conoscenza e comprensione. Il primo appuntamento di questa terza serie si è svolto lunedì pomeriggio nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea con la modalità della “tavola rotonda”, quanto mai adatta al argomento trattato:
“A cosa facciamo riferimento quando parliamo di beni comuni?”, ha domandato al pubblico il direttore di Ferraraitalia, Sergio Gessi, nella propria introduzione: “a ciò che è di proprietà pubblica o di pubblica utilità e a ciò che è condiviso dalla comunità”, sia in termini di beni materiali sia in termini di beni intangibili (il patrimonio valoriale: pace, salute, cultura…). Poi ha fatto riferimento alle istituzioni preposte alla tutela e alla salvaguardia di tali beni e al testo predisposto nel 2007 dalla Commissione Rodotà per la modifica delle norme del codice civile in materia di beni pubblici, mai mai approdato nelle aule parlamentari, in cui è scritto:
“1) I beni ad appartenenza pubblica necessaria sono quelli che soddisfano interessi generali fondamentali, la cui cura discende dalle prerogative dello Stato e degli enti pubblici territoriali. Non sono ne’ usucapibili né alienabili. Vi rientrano fra gli altri: le opere destinate alla difesa; le spiagge e le rade; la reti stradali, autostradali e ferroviarie; lo spettro delle frequenze; gli acquedotti; i porti e gli aeroporti di rilevanza nazionale ed internazionale. La loro circolazione può avvenire soltanto tra lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali”.
e subito dopo:
“2) Sono beni pubblici sociali quelli le cui utilità essenziali sono destinate a soddisfare bisogni corrispondenti ai diritti civili e sociali della persona. Non sono usucapibili. Vi rientrano tra gli altri: le case dell’edilizia residenziale pubblica, gli edifici pubblici adibiti a ospedali, istituti di istruzione e asili; le reti locali di pubblico servizio. E’ in ogni caso fatto salvo il vincolo reale di destinazione pubblica. La circolazione è ammessa con mantenimento del vincolo di destinazione”.

Per questo al tavolo dei relatori si sono alternati Marcella Ravaglia del Comitato Acqua Pubblica di Ferrara, Diego Carrara, direttore di Acer Ferrara, Loredana Bondi, già direttrice dell’Istituzione servizi educativi, scolastici e integrativi del Comune di Ferrara e oggi componente del Gruppo Nazionale Nidi Infanzia, e Tito Cuoghi esperto del settore ambiente.

Ravaglia ha ricordato che i movimenti per la difesa dell’acqua sono nati “nel Sud del mondo” per combattere imprese multinazionali “spesso con sede nel mondo sviluppato, anche qui in Europa”, che agivano e agiscono in modo predatorio. Per quanto riguarda l’Italia, uno dei momenti fondamentali è stata la “legge di iniziativa popolare” del 2006, con la quale il Movimento proponeva di superare il partenariato pubblico-privato ma non per tornare al modello gestionale “clientelare” e “disfunzionale” precedente: si suggeriva “un modello nel quale gli enti locali si riprendevano la proprietà e la gestione della risorsa acqua in senso partecipativo”, cioè che permettesse “alla popolazione di intervenire e di decidere insieme non sulle scelte tecniche, ma sugli indirizzi politici del servizio”. Ravaglia ha poi sottolineato che “ in questi anni si sono susseguite le iniziative governative, senza distinzioni, contro il grande risultato referendario del 2011: l’ultima in ordine di tempo è stata il decreto Madia bocciato dalla Corte Costituzionale”.

Carrara ha parlato dell’edilizia residenziale pubblica come di “un pezzo di patrimonio pubblico dimenticato negli ultimi vent’anni”, ma “senza il quale non si riuscirebbe oggi a dare una risposta” a “quattro milioni e mezzo di persone” che versano in condizioni di povertà relativa, “circa sette milioni se si contano anche quelli in povertà assoluta”: per quanto riguarda Ferrara si parla di “7.000 nuclei famigliari che non hanno accesso alla casa”, ha sottolineato il direttore di Acer.
È dunque evidente che sarebbe necessario “ripensare le politiche abitative di questo paese”.

Come bisognerebbe ripensare anche le politiche riguardo i “servizi educativi” perché, come ha affermato Loredana Bondi, “oggi se ne parla solo in termini di costi per la società”. In passato la nostra regione, insieme ad altre come Toscana e Liguria, ha raggiunto punte di eccellenza, mentre ora c’è una certa “superficialità”: i servizi educativi però non riguardano solo la cura dell’individuo o la risposta ai bisogni degli adulti che lavorano, hanno un ruolo fondamentale per “la crescita delle persone” che diventeranno i cittadini del futuro.

Tito Cuoghi ha osservato come “tutto ciò che è stato detto durante il confronto sia in contrasto con il pensiero unico propugnato da un establishment economico che vuole i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”.

A questo proposito Gessi ha citato il Rapporto elaborato dalla ong Oxfam con i dati del 2016 e appena pubblicato: i primi 7 miliardari italiani posseggono una ricchezza superiore a quella del 30% più povero dei nostri connazionali, perciò l’1% più ricco del Paese può contare su oltre 30 volte le risorse del 30% più povero.

L’unico modo per contrastare questo circolo vizioso che aumenta le diseguaglianze a discapito del bene comune e del ben-essere collettivo, a parere di tutti i relatori, è smettere di essere quelli che Chomsky ha definito “sudditi consumatori” e tornare a chiedere una maggiore partecipazione dei cittadini e della società civile alla gestione della cosa pubblica.

“Chiavi di lettura”, come ha spiegato il direttore, proseguirà fino a maggio con un incontro al mese, sempre di lunedì alle 17 e sempre in Sala Agnelli: “quest’anno abbiamo scelto i punti interrogativi, perché coltivare il dubbio rende elastica la mente”. Ecco il calendario dei prossimi appuntamenti: il 27 febbraio “Ferrara violenta? La criminalità fra realtà e suggestione”, il 27 marzo “Moriremo moderati? Il ritorno della Balena Bianca”, il 24 aprile “Ma la coop sei veramente tu? Cooperazione e impresa ai tempi della collera”, e infine il 29 maggio “Uomini o caporali? Storie di dignità e vassallaggio”.

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Federica Pezzoli



PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)