Il 13 Dicembre è Santa Lucia.
Una santa particolare per i Pontalbesi e per i Lombardi in generale. Lucia porta i regali ai bambini “buoni” ed è più importante di Babbo Natale e della Befana. La grande festa dei bambini è questa. Santa Lucia arriva la notte tra il 12 e il 13 dicembre “con un asinello alato e un carretto fatato e deposita regali e doni a tutti i bimbi buoni”. Ai bambini cattivi porta il carbone, ma questo di fatto non succede mai, non esistono bambini sempre e solo cattivi.
Qualche settimana prima i bambini scrivono una lettera a Santa Lucia nella quale elencano i regali che vorrebbero e i genitori si incaricano di consegnarla direttamente alla Santa oppure a un postino che recapiterà la missiva. Insieme ai regali arrivano caramelle, pasticcini e cioccolato. Tra i dolci ci sono quasi sempre: i fruttini di zucchero duro, il marzapane, i mandarini di caramello trasparente, le gelatine di frutta, i torroncini e la liquirizia.
Ci sono diverse poesie della tradizione popolare lombarda che servono a celebrare la Santa e ad aumentarne il fascino e l’aspettativa. La più conosciuta recita più o meno così:
“Santa Lucia Bella/dei bimbi sei la stella,/per il mondo vai e vai e non ti stanchi mai. Porti regali e doni/a tutti i bimbi buoni/col tuo cestin dorato/ e l’asinello alato./
Santa Lucia bella, dei bimbi sei la stella,/tu vieni a tarda sera/quando l’aria si fa nera./ Tu vieni con l’Asinello/al suon del campanello,/e le stelline d’oro/che cantano in coro.”
La tradizione vuole che Santa Lucia sia cieca perché le sono stati estirpati gli occhi. Se ne va in giro di notte, vestita di bianco candido, con un piattino in mano dove sono depositati i suoi poveri occhi velati.
In realtà, Lucia di Siracusa, conosciuta come Santa Lucia, è stata una martire cristiana vissuta all’inizio del IV secolo a.c. durante la persecuzione ai cristiani voluta dall’imperatore Diocleziano. E’ venerata come santa sia dalla chiesa Cattolica che da quella Ortodossa. E’ una delle sette vergini menzionate nel canone romano ed è considerata protettrice della vista per l’etimologia latina del suo nome (Lux, luce). Le sue spoglie mortali si trovano nel santuario di S. Lucia a Venezia. Un luogo di culto molto conosciuto è anche la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro a Siracusa.
Enrico ha messo nella sua lista di Santa Lucia: una pista per le macchine, un robot, un pupazzo, i pennarelli, la plastilina e … un cane vivo. Ha proprio specificato “vivo”. Si sa mai che la Santa fraintendesse e gliene portasse uno di pezza.
Devo dire che questa ultima richiesta mi ha molto divertito, non altrettanto vale per mia sorella (sua madre).
Gli ho chiesto:
“Enrico perché vuoi un cane?”
“Perché un cane è mooorbido!”
“Mooorbido con tante o?”
“Si con tante o!”
“Non so se Santa Lucia ha cani vivi, magari ti porta la pista per le macchinine che è bella lo stesso” gli dico.
“No, tu dille che preferirei il cane. Lo voglio marrone, con il pelo riccio, la lingua lunga e rosa così mi lecca. Gli do da mangiare io, può dormire nel mio letto, tanto io sono piccolo, ci stiamo tutti e due.”
Aiuto. Abbiamo una “gatta da pelare”. Cosa diciamo adesso alla Santa? Sia mai che Lucia gli porti davvero un cane vivo. Cosa facciamo? Abbiamo già tre gatte arancioni che abitano da noi da diversi anni e che considerano casa nostra il loro territorio d’adozione. Dormono d’estate sulla catasta di legna e d’inverno sul divano della cucina. Amano miagolare sul tetto insieme agli altri gatti di via Santoni e sonnecchiare sul tappeto, oppure giocare con i gomitoli di lana di mia madre. Amano anche stare nell’orto sotto il pesco, oppure arrampicarsi sui suoi rami e guardare il mondo da lassù. Insomma casa nostra è anche casa loro. Cosa farebbero se arrivasse un cane?
Credo si debba trovare il modo di comunicare a Santa Lucia di soprassedere su questa storia del cane vivo. Almeno per quest’anno. Dobbiamo pensarci con calma e, eventualmente, organizzarci, non so esattamente come.
“Dai Enrico, sei piccolo, magari la Santa ti porta il cane il prossimo anno”
“Noooo tu devi convincerla a portarmi il cane. Io lo voglio. Anche Angelo lo vuole (Angelo è un suo amichetto dell’asilo, devono aver condiviso il desiderio di questa impresa ultraterrena).”
Non resta che cambiare discorso, per questa via non ho alcuna possibilità di arrivare a una soluzione pacifica della questione. Se continuo a digli di no, fra un po’ si mette a piangere.
Santa Lucia arriva di notte con il carretto pieno di regali trascinato da un asinello. L’Asinello fa tanta fatica a consegnare tutti quei doni e quindi bisogna rifocillarlo. Ogni bambino prepara un mazzetto di fieno che depone davanti alla porta di casa e che l’animale mangerà intanto che la Santa entra in casa e sistema i doni sul tavolo della cucina. A volte al fieno si aggiungono carote e mele o qualche altra vivanda più bizzarra. Poi si mette una ciotolina d’acqua. Metti caso che l’asino abbia sete. La mattina seguente di tutto questo non resta niente. Quell’asino fa, in una notte sola, una scorpacciata degna di una balena.
Provo a distrarre Enrico con la storia del fieno.
“Enrico dobbiamo preparare un bel mazzetto di fieno per l’asinello alato”
“Si prepariamolo, io voglio metterci anche i biscotti e il succo di frutta alla pera. Sono buoni. Io voglio daglieli.” Dice.
“Va bene ci possiamo pensare”.
Ci sono anche varianti sceniche, pittoresche e fantasiose, che mi hanno sempre divertito: ad esempio in alcuni casi la Santa lascia il suo autografo. Scrive il suo nome con dei brillantini luccicanti incollati su un foglio da disegno e lo deposita sul tavolo insieme ai doni. Oppure lascia una striscia di polvere bianca che va dal tavolo alla porta dalla quale è entrata. La polvere che usa sembra farina bianca, ma in realtà è una polvere magica che solo lei possiede, è fatta con i resti di una nuvola.
Guardo Enrico ma non gli dico più nulla. Speriamo stia pensando al fieno.
Enrico che è seduto su una sedia, si alza, si toglie le scarpe e poi si accovaccia e comincia a muoversi per la stanza a quattro zampe.
“Ma Enrico, alzati. Sporchi tutta la tuta appena messa!”. Niente, lui imperterrito se ne va in giro a quattro zampe. Si sposta sotto il tavolo, si ferma, alza un braccio e si gratta un orecchio. Poi si rannicchia, mette la testa nascosta sotto le braccia e gira un po’ la faccia in modo da vedermi almeno con un occhio. E poi fa: “Bau bau”.
Il cane. Sta facendo un cane. Cosa faccio ora? Provo a far finta di non capire.
“Ma Enrico alzati da lì, sembri una delle nostre gatte!”
“Non sono una gatta, sono un cane!. Lo vedi come sono bravo? Puoi dire a Santa Lucia che se mi porta un cane io con lui sarò buonissimo. Sarò come suo fratello. Lo vedi che sono capace?”.
Oddio, non ne usciamo più. Bisogna prendere tempo. Ci ripenseremo per il prossimo anno, con calma.
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Costanza Del Re
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