Salone del restauro di Ferrara: il restauro della villa romana di Silin a Leptis Magna, ovvero una bella storia di cooperazione italo-libica
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E’ in programma per questa mattina, alla sala Marfisa, la presentazione dei progetti internazionali dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr): esperienze di conservazione, restauro e formazione tra Mediterraneo e Medio Oriente, tra cui il progetto di restauro della villa romana di Silin a Leptis Magna, realizzato grazie alla cooperazione delle istituzioni culturali italo-libiche.
Quando, nel 2012, ho visitato per la prima volta Leptis Magna, sono rimasta colpita dalla bellezza del luogo ma anche, e soprattutto, dalla sua storia e dai colori quasi conturbanti, dominati dall’azzurro intenso del cielo che si perde in un amoroso, profumato e lungo abbraccio, con quello del luccicante mar Mediterraneo. Nessuna nuvola all’orizzonte, nessuna ombra intorno, ero circondata solamente da una luce abbagliante e accecante e dalla forte impressione di calcare, orme di dignità imperiale. Solo io e il passato, il mio, il vostro, il loro-nostro.
Durante una successiva visita al sito, conservatosi perfettamente perché rimasto coperto di sabbia per secoli, mi hanno portato a scoprire la villa di Silin, a circa 15 km di distanza da Leptis, un edificio da sogno, degno dell’ambientazione di un romanzo storico dalla trama intrecciata e viva, un luogo di primaria importanza per il patrimonio archeologico, storico e culturale della Libia, in considerazione dell’unicità del complesso, per stato di conservazione, articolazione architettonica ed estensione degli apparati decorativi, oltre che per sinuosa bellezza oggettiva. Un gioiello.
L’aria profumava di salsedine, fiori colorati abbracciavano il complesso, la generosità del mare Nostrum ci portava un altro dono da riscoprire insieme ad amici e colleghi che mi accompagnavano. La villa, a quanto mi dicevano gli archeologi con i quali ho avuto la fortuna di collaborare in passato su progetti in Libia ma anche in Algeria, era la spettacolare residenza di uno dei facoltosi notabili locali di estrazione punica, “romanizzati” nei gusti e nei costumi del vivere quotidiano.
Lo scavo del complesso residenziale è stato condotto dal Dipartimento delle antichità della Libia in anni relativamente recenti. Il vasto edificio – circa 50 gli ambienti coperti – risale al II sec. d.C. La fronte a mare appare articolata in portici colonnati e giardini. L’impianto è suddiviso in due settori: uno, di rappresentanza, a occidente, l’altro a oriente, gravitante su un vasto giardino al quale è collegato il nucleo circolare delle terme. Quasi tutti gli ambienti recano decorazioni pavimentali, musive o in marmi commessi, e intonaci dipinti parietali.
Ancor oggi memore di tanta bellezza, che rimane fra i miei ricordi più belli, scopro, con gioia e soddisfazione, che il progetto di restauro della villa Silin viene presentato proprio a Ferrara, la mia città. Che coincidenza e che legame per me! Non potevo, allora, non tentare di contagiarvi col mio entusiasmo e di condividere con voi, attenti lettori, questa meraviglia che, fra l’altro, testimonia una forte e storica collaborazione fra le nostre istituzioni culturali più prestigiose e quelle libiche. Conoscendo poi, personalmente, il livello di competenza, preparazione, impegno e passione tanto di Barbara Davidde (direttore del Nucleo interventi di archeologia subacquea dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro, ISCR), di Luisa Musso (professoressa all’Università di Roma Tre) che di Giabar Matug e di Adel El Turki (del Dipartimento delle antichità della Libia, DoA), senza dimenticare quello del loro giovane ed entusiasta gruppo di studiosi e restauratori, mi pareva un’ottima occasione per parlarvi del progetto di Silin.
Da molti anni, infatti, l’Università degli Studi Roma Tre, con la missione archeologica diretta dalla prof.ssa Musso, ha condotto studi e interventi conservativi volti ad assicurare l’integrità di alcuni dipinti murali e mosaici della villa, poiché la sua posizione in riva al mare e i restauri, condotti con metodi non all’avanguardia alla fine degli anni ’70, ne avevano compromesso gli apparati architettonici e decorativi. La situazione della struttura a fine 2011 era tale da richiedere la formulazione di un nuovo piano organico d’interventi, il monumento era a grave rischio di perdita. Pertanto, nell’aprile del 2012, il DoA, l’Università degli Studi Roma Tre e l’Iscr hanno firmato un accordo di collaborazione per restauro della Villa di Silin. Ad essi si sono affiancati l’Università di Ferrara e quella di Roma La Sapienza, ognuna con specifiche finalità.
La relazione, presentata alla sala Marfisa, illustra le fasi del cantiere pilota, iniziato nel 2012 e ancora in corso, finanziato dal Mibact e diretto dall’archeologa dell’Iscr, Barbara Davidde. Nella prima fase del progetto, sono stati intrapresi studi e analisi dello stato di conservazione della villa e dei fattori di rischio ambientale e antropico che ne mettono a rischio l’integrità. Tali studi hanno portato alla realizzazione di un rilievo laser scanner di tutto il complesso, allo studio del degrado biologico e ambientale e all’individuazione di metodologie d’intervento adeguate. Con questo primo finanziamento è iniziato anche un cantiere pilota di pronto intervento conservativo, dove tali metodologie sono state applicate su un campione di pavimenti musivi e affreschi. Nella primavera del 2013 è partito un secondo cantiere di restauro, che ha visto realizzarsi il pronto intervento conservativo dei pavimenti musivi del peristilio della villa.
Ad una formazione sul cantiere, sono seguiti, nell’estate 2013, corsi di formazione per operatori tecnici per il restauro riservati al personale del Dipartimento delle antichità della Libia, organizzati insieme all’Unesco. Per cinque settimane, sono stati formati 35 conservatori e tecnici delle sezioni del Dipartimento di tutto il Paese (Sabha, Sabratha, Tripoli, Leptis Magna, Benghazi e Shahat), su alcune aree prioritarie: mosaici, affreschi murari, collezioni di artefatti (bronzi, ceramiche e vetri), pietre. Con l’occasione è anche partito il laboratorio di conservazione a servizio e beneficio futuro dell’intero territorio libico, e sono stati restaurati alcuni pezzi provenienti dalla collezione del museo di Bani Walid, gravemente danneggiati durante la recente rivoluzione.
Insieme all’Università La Sapienza, si è, poi, dato inizio alla sperimentazione di nuovi materiali per il restauro dei mosaici allettati su cemento armato, che ha previsto lo smontaggio di un settore del pavimento del peristilio, da riposizionare, nella primavera del 2014 (sicurezza-paese permettendo), con malta idraulica e speciali fibre di basalto. Tale tipo di materiale viene utilizzato, per la prima volta, per il restauro dei mosaici, possibile valido esempio per pavimenti musivi con analoghi problemi conservativi, per la presenza di cemento e ferro, come in molte aree archeologiche del Mediterraneo. L’esperienza ha permesso la redazione di un Piano conservativo generale, che potrà essere esteso al restauro dell’intera villa romana, che richiede un intervento complessivo; per questo, sono in corso di progettazione le nuove coperture che sostituiranno le attuali, ormai in degrado, in collaborazione con la Facoltà di architettura dell’Università di Ferrara.
Vista l’importanza del monumento, il prestigio e l’esperienza delle istituzioni coinvolte, la realizzazione del restauro e la valorizzazione della villa di Silin potrebbe essere un intervento di grande impatto mediatico e, soprattutto, rappresentare, dal punto di vista scientifico, un’importante occasione di studio e di messa in opera di metodologie e materiali all’avanguardia. Non andrebbero sottovalutate nemmeno le ricadute socio-economiche del progetto, poiché nel corso dei lavori di restauro si potrebbe realizzare una vera e propria riqualificazione tecnico-scientifica del personale locale, con la possibilità di partecipare a corsi di formazione e aggiornamento professionale, anche in Italia. La formazione del personale locale è di primaria importanza per la corretta gestione e la manutenzione del sito archeologico, negli anni successivi al restauro. Queste attività potrebbero favorire l’occupazione nel territorio e incrementare le opportunità di scambio culturale fra Italia e Libia, che oggi, purtroppo, soffre ancora di gravi problemi di stabilità e sicurezza.
La nostra speranza va a una Libia riappacificata, capace di accogliere le più belle aspettative.
Per vedere il sito di Leptis Magna [vedi il video] e [leggi]
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Simonetta Sandri
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