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di Francesca Ambrosecchia

“L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art.1, Costituzione della Repubblica Italiana)

Nell’ambito del ciclo di incontri promossi dal Dipartimento di giurisprudenza alla libreria Ibs+Libraccio ‘Futuro anteriore, sguardi sull’Italia di ieri e domani’, la democrazia affronta i suoi limiti grazie al testo edito da Mondadori di cui Sabino Cassese è l’autore. Il giurista, celebre accademico e giudice emerito della Corte Costituzionale, presenta il punto di vista dell’uomo di legge.
Il libro di Cassese espone tutti i pregi ma anche i limiti dell’assetto democratico del nostro paese, anch’essi parte integrante di esso: l’eccesso di democrazia corrisponderebbe alla sua stessa negazione, si arriverebbe al “fondamentalismo populistico”. La democrazia non è solo volontà popolare. La democrazia non solo si deve chiedere a chi spetta governare, significa anche che si deve porre il problema di come controllare chi governa. L’ottica dell’autore è ancora più ampia: il comportamento democratico deve essere inquadrato tenendo conto anche del fenomeno della globalizzazione.

Questa analisi attenta e dettagliata, che ci porta nell’ambito dell’alta divulgazione, è in realtà combinata a uno stile chiaro e piacevole, rivolto anche a chi “non è del mestiere”. Gli argomenti trattati sono molteplici: crisi dei partiti, sistemi elettorali, rapporto della politica con l’amministrazione, la natura dei contropoteri, le riforme costituzionali possibili e auspicabili per il futuro, il rapporto con l’Unione Europea, la tematica degli integralismi religiosi e del ruolo della democrazia davanti al terrorismo.
Giuditta Brunelli – costituzionalista dell’Università di Ferrara – definisce il libro “un testo straordinariamente ricco guidato da un filo conduttore: i punti di tensione che caratterizzano la situazione italiana”. I partiti politici perdono dimensione e di conseguenza la democrazia perde uno dei suoi strumenti per il controllo del governo, la tensione esiste anche tra il corpo politico e la giurisdizione e vige incertezza nella distinzione tra sfera pubblica e formule privatistiche. “Cosa può fare direttamente lo Stato?” Le aspettative dei cittadini nei confronti del rendimento delle istituzioni sono sempre maggiori perché regna la sfiducia nei confronti di chi governa. In ottica democratica è necessario capire quale sia il modo migliore di organizzazione e gestire l’intervento del popolo. Nel lungo dibattito che ha visto protagonisti anche Andrea Pugiotto – costituzionalista dell’Università di Ferrara e ideatore del ciclo di incontri – e lo stesso Cassese, temi di grande importanza sono stati riproposti in ottica trasversale, tra passato e futuro.
Il G7 che si sta svolgendo attualmente a Taormina è una delle venti riunioni che si svolgeranno nel corso di quest’anno tra ministri e rappresentanti di importanti organizzazioni internazionali e globali. Uno degli argomenti oggetto di discussione è l’ambiente e il clima: c’è da chiedersi perché non sia di pertinenza della democrazia nazionale. Perché il nostro Stato cede delle sovranità? Nessun paese potrebbe risolvere in autonomia una problematica riguardante tutto il pianeta. Con ciò la democrazia non viene meno! I rappresentanti dei singoli Stati lavorano collegialmente per prendere decisioni che saranno poi sottoposte agli elettorati nazionali. La democrazia viene arricchita dalla necessità di rendere conto agli altri. La bilancia non deve quindi pendere necessariamente a favore o della democrazia nazionale o di quella globale: “non sempre il saldo è positivo solo per l’una o per l’altra”.

La democrazia diretta è una minaccia? Il popolo non è infallibile, può prendere decisioni sbagliate e i referendum, per esempio, vengono utilizzati a scopo di plebiscito. Cassese afferma che la democrazia diretta presenta tre inconvenienti: “i cittadini non possono, non sanno e non sanno fare”. Ogni italiano dovrebbe prendere ogni giorno una serie di decisioni riguardanti la collettività (cosa impensabile, dato che i nostri stessi rappresentanti faticano a farlo), ma non sa e non sa fare, se si pensa che in quasi tutti i referendum vengono date risposte non attinenti alla domanda che ne è oggetto. L’ultimo referendum avvenuto ne è un esempio: ci è stato per caso chiesto se volevamo o meno una data modifica costituzionale o che il capo del governo Renzi rimanesse in carica o meno? Ecco il rischio che porta all’ottenimento di un plebiscito. Credere che la democrazia diretta possa sostituire quella attuale rappresentativa è sbagliato e non bisogna farsi abbindolare dall’apparenza di maggiore democrazia offerta da alcuni esponenti politici: “altro non è che apparenza”.
La situazione che vive attualmente il nostro sistema, afferma Cassese, è “una situazione di stallo”: la riforma costituzionale è stata bocciata ma il popolo, sostiene l’autore, “probabilmente non vuole avere due camere che svolgono le stesse funzioni in Parlamento”. Forse l’esistenza di due leggi elettorali permetterebbe ai cittadini di esprimersi in modo diverso. Forse questa può essere una delle letture del periodo storico e politico che stiamo affrontando ma precisa il giurista “non ho detto che la condivido”.

Questo è il presente, ma chiedersi come sarà l’Italia del futuro è possibile? Come la immaginiamo? Nel rispondere a questa domanda si può essere razionali, analizzare il presente e fare il punto della situazione; oppure ci si può far trascinare dai propri desideri e dalle proprie speranze. Cassese razionalmente afferma che “un accordo effettivo con lo Stato non si è ancora realizzato, non è ancora stata trovata la corretta formula elettorale”. Alle riunioni del Consiglio Europeo ogni due, tre anni vi è una persona diversa a rappresentarci e ciò è sempre più un costo per l’Italia: siamo rappresentati con minor efficacia rispetto agli altri paesi dato che i nostri governi non durano nemmeno cinque anni. L’Italia che l’autore spera di vedere in futuro è “quel paese in cui la legge elettorale dura un secolo, in cui i governi hanno una buona stabilità e in cui la politica si rende più visibile, più chiara sulle sue posizioni agli stessi cittadini”: c’è bisogno di competizione in ambito politico, l’alternanza è necessaria per mettere a paragone le diverse scelte e opportunità per il nostro Stato.

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Redazione di Periscopio


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