Sabato 14 novembre a Bondeno incontro-dibattito sull’infiltrazione della cultura mafiosa nel tessuto sociale italiano
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da: Stefano Gamberini
“La mafia uccide, il silenzio pure…” La voce di tutti per una nuova cultura della legalità
Questo il titolo del prossimo incontro del ciclo “Beati chi?” Riflessioni su un mondo che cambia. Protagonisti del nostro tempo, che si terrà sabato 14 novembre alle ore 16,30 presso la Sala 2000 di V.le Matteotti 10 a Bondeno (Fe).
Beati chi? è un’ idea nata più di sei anni fa da un gruppo della Parrocchia di Bondeno e che ha visto via via tante persone accostarsi e partecipare a questo progetto, che ha ottenuto anche il patrocinio del Comune, convinti che un libero spazio di ascolto e di confronto tra le persone, sui tanti temi che attraversano oggi la società, fosse utile ed urgente.
Anche questa volta si partirà dalla storia degli ospiti, dalle loro scelte di vita e dal loro impegno, per poi allargare la riflessione ed il dialogo, su un tema, in questo caso estremamente complesso come la mafia, la cultura mafiosa e le sue dinamiche di infiltrazione nel tessuto sociale.
Margherita Asta era una bambina di dieci anni, quando un’ autobomba piazzata lungo la strada che da Pizzolungo porta a Trapani, il 2 Aprile del 1985, straziò la mamma Barbara ed i suoi fratellini gemelli di sei anni, la cui unica colpa fu di passare nello stesso momento in cui transitavano il giudice Carlo Palermo e la sua scorta, cui la bomba era destinata. La loro auto fece da scudo per il giudice che si salvò, mentre della loro auto e dei loro corpi rimasero solo pezzi sparsi per molte centinaia di metri. Per Margherita furono lunghi anni di sofferenza, di impossibilità di comprendere perché qualcuno l’ avesse privata degli affetti più cari e forse anche di rabbia verso la persona destinataria dell’ attentato che fortunatamente si era salvata e che, successivamente, decise di lasciare la Sicilia e le indagini per dedicarsi ad altro incarico.
“All’ inizio l’ ho ritenuto colpevole del mio dolore, ma col tempo ho capito che siamo stati entrambi vittime della stessa violenza. Ci siamo incontrati poco tempo fa, grazie a Don Ciotti: ho sentito tutta la sua sofferenza e solitudine. Spero che il libro che ho scritto aiuti anche lui a ritrovare un po’ di pace”.
Margherita, infatti, ha raccolto tutto in un bellissimo libro uscito quest’ anno: “Sola con te in un futuro aprile”, dove racconta il percorso di elaborazione e di crescita che, in particolare dopo la perdita anche del padre, l’ ha trasformata in una donna, pure dolcissima, ferma nell’ intenzione di perseguire la giustizia e la verità, di combattere la mafia con la forza della sua testimonianza e della sua incrollabile fiducia nella legalità. Oggi, sposata, vive a Parma ed è una delle più autorevoli rappresentanti dell’ associazione Libera.
“Tu sei una ricchezza per tutti noi e per me sei la prova che la vita è un mistero, che il dolore è un mistero, che la morte è un mistero; che hanno un senso nella dimensione storica dell’ umanità … e la tua dolcezza e il tuo equilibrio sono di per sé un miracolo altrimenti inspiegabile …”.
E’ Antonella De Miro, ex Commissario straordinario a Castellammare del Golfo, che con queste parole descrive Margherita, nella post-fazione del libro.
Filippo Palmeri, che oggi vive in provincia di Bologna e pure fa parte di Libera, ha perso il padre il 17 giugno del 1991 in un attentato mafioso nei pressi di Corleone (Pa).
Assieme ad altre tre persone stava tornando di notte in auto dopo aver assistito ad una partitella di calcio organizzata tra colleghi della guardia forestale.
Un gruppo di fuoco mafioso crivellò la loro macchina senza lasciare scampo agli occupanti. Si scoprì poi che chi si voleva colpire era uno dei colleghi, cognato di un noto personaggio locale affiliato ad una cosca della zona. Ma la mafia, se mai ci fosse stato bisogno di una ulteriore conferma, dimostrò, una volta di più, che non guarda in faccia a nessuno ed è disposta a tutto pur di perseguire i suoi fini.
Anche per Filippo e la sua famiglia sono stati anni terribili, alla ricerca della verità, dovendosi anche difendere dal sospetto che il padre, in qualche modo, potesse essere coinvolto in affari sporchi. Solo nel 2003 la magistratura chiarì definitivamente tutta la storia e liberò Filippo e la famiglia dal sospetto, restituendo alla memoria del padre la dignità che meritava e trasformandolo in un simbolo, vittima innocente della violenza mafiosa.
“Mi è costato 22 anni di vita accettare la morte di mio padre; solo dopo aver conosciuto la grande famiglia di Libera ho trovato il coraggio di parlarne. Oggi so che lo devo a lui e lo devo ai giovani a cui dobbiamo pure dare una speranza e un futuro”.
Parteciperà all’incontro Mara Biondi, responsabile del presidio di Libera di Cento-Pieve di Cento che proprio a Barbara e ai fratellini Giuseppe e Salvatore Asta è intitolata e sarà pure l’ occasione per conoscere le attività dell’ associazione anche nel nostro territorio. E’ necessario capire che serve l’ impegno di tutti, di quella parte attiva della società, di tutti quelli che non si rassegnano, in Sicilia, in Emilia, così come in tutta Italia, alla cultura della mafia. Fatta di sopraffazione, violenza, affari sporchi e presa in ostaggio dei territori che avvelenano alla radice la qualità della nostra vita.
Seguiremo, quindi, l’ invito del giudice Paolo Borsellino che non si stancava di ripetere che di mafia bisogna parlare. Perché il silenzio è il suo più fidato alleato e complice.
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