Beppe Ruzziconi, il giro del mondo in e-book di Mister Mobilità
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I suoi viaggi hanno il valore quasi etnografico di chi parte alla scoperta di qualcosa e poi la racconta al ritorno, arricchito dalle emozioni dei ricordi. Beppe Ruzziconi, ferrarese, segretario Cgil e poi dirigente di Ami, coltiva una passione che amplia gli orizzonti del perimetro urbano entro il quale spazia il ragionamento nel suo quotidiano lavoro all’Agenzia per la mobilità. E ha documentato i suoi itinerari in giro per il mondo dopo avere visitato, negli anni, Cina, Giordania, Turchia, India, Nepal, Cambogia, Vietnam. Un racconto che potrebbe non interrompersi mai tra un viaggio e l’altro, perchè se anche la meta si rinnova ogni volta, il fascino attraente di qualcosa di lontano da capire è sempre lo stesso.
Beppe Ruzziconi ha pubblicato una serie di ebook sul sito ilmiolibro.it che raccolgono l’esperienza personale e del gruppo che ha condiviso il progetto e tutte quelle migliaia di chilometri. Ogni partenza, ciascuna tappa è documentata dallo stato d’animo con cui viene affrontata, gli occhi incontrano cose mai viste, le impressioni sono la prima chiave di lettura di fronte al nuovo, gli interrogativi non mancano e vengono posti agli autoctoni, alla guida, ai luoghi nello loro bellezza e unicità. Una curiosità antropologica che spinge a conoscere i villaggi sperduti della Cina, a vedere l’alba sul Gange e a entrare nel mondo sotterraneo delle gallerie costruite dai vietnamiti.
Ruzziconi, un modo di viaggiare sui generis. Perchè?
“Non ci basta l’itinerario che la guida ci propone, chiediamo varianti che ci portino nei villaggi, tra la gente, in mezzo alla loro cultura. Il senso del viaggio alla fine è quello, sta negli incontri che si fanno e nelle emozioni che si provano. In ogni luogo abbiamo recepito insegnamenti da portare a casa”.
Come, ad esempio, l’esperienza nelle gallerie in Vietnam?
“Quando ci fu la guerra in Vietnam, ero un adolescente e mi era rimasto il desiderio di capire i luoghi della resistenza vietnamita. Siamo riusciti, nella zona di Cu-Chi, ad avvicinarci al mondo sotterraneo che era stato costruito e dove si era sviluppata una vita civile inimmaginabile, dove, insomma, la lotta di un popolo per difendersi aveva superato l’offensiva e la tecnologia americana. Ho provato a percorrere alcuni metri nei cunicoli, ma poi sono tornato indietro”.
Dell’India, a cui pure hai dedicato pagine nei tuoi ricordi di viaggio, cosa ti è rimasto?
“L’India si mostra nella sua povertà più cruda, più abietta. Ti chiedi come sia possibile che esista per le strade quella miseria e, allora, ti rendi conto che non c’è una ridistribuzione della ricchezza, pensi alla divisione sociale in caste e a tutte le contraddizioni di questo paese che è sulla via dello sviluppo”.
Lei racconta le situazioni, i luoghi, soprattutto le emozioni sue e della comitiva. Qual è stata una delle sensazioni più intense?
“In India, a Varanasi, gli induisti praticano un rito sacro di purificazione nelle acque del Gange, noi partimmo prestissimo per essere all’alba in barca sul fiume e assistere alle abluzioni. Ma Varanasi è anche il posto delle pire, della cremazione dei corpi che diventeranno cenere da spargere nello stesso fiume. Anche il Tibet è stato di forte impatto per il misticismo e il silenzio, così estranei al nostro modo di vivere occidentale”.
Da uomo dell’occidente, che idea si è fatto dell’uomo dell’oriente?
“Credo che in quei paesi ci sia una propensione all’autoaiuto che noi abbiamo perso da molto tempo, da quando cioè non soffriamo la povertà che, invece, ancora là c’è. Da noi manca anche la coesione sociale, manca energia nei giovani che, come nota Michele Serra, se ne stanno più che mai sdraiati”.
La prossima meta?
“Tra la via della seta e il Perù alla scoperta delle civiltà precolombiane”.

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Riccarda Dalbuoni
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani