Rossi ma di vergogna
Pepito Rossi non l’ha presa bene la sua esclusione dal gruppo azzurro. “Io fuori forma? Me la rido”, ha detto con amaro sarcasmo.
Di lui Prandelli aveva affermato: “E’ un esempio. La sua radiosità, la sua serenità, la sua classe sono un messaggio bello per tutto il calcio”. Non è uno sprovveduto e neppure un uomo privo di sensibilità il ct della nazionale. Ha regole e principi che rispetta e fa rispettare. Ha persino introdotto un codice etico che sanziona con l’esclusione protempore della maglia azzurra i calciatori colpiti da provvedimenti disciplinari: un buon segnale, benché non sempre applicato con rigore. Però nel caso di Rossi prima di decidere avrà certamente soppesato tutti i pro e i contro.
Al riguardo la stampa è abbastanza abbottonata, prima di esprimersi attende di vedere come va a finire l’avventura brasiliana: un atteggiamento al solito dettato dal coraggio delle proprie idee.
Ma quel che stupisce, al di là del singolo caso Rossi, sono le scelte fatte dal selezionatore per l’attacco azzurro. Solitamente la classifica cannonieri è dominata dagli stranieri. Quest’anno, invece, non solo un italiano è arrivato in cima alla graduatoria, ma ce ne sono tre fra i primi quattro e sette fra i primi dodici: Immobile, Toni, Di Natale, Berardi, Rossi, Gilardino e Paulinho (brasiliano col passaporto italiano). Solo campioni del calibro di Tevez, Higuain, Palacio, Llorente e Callejon si sono inframmezzati ai nostri. Insomma, una volta tanto, fra esperti e giovani c’era solo l’imbarazzo della scelta.
Prandelli invece, a parte il capocannoniere Immobile, è andato a pescare nelle retrovie della classifica. Per carità, mica brocchi: Balotelli (che però non è in perfette condizioni atletiche), Cerci (che però ha accusato un evidente calo di condizione e soprattutto di capacità realizzativa nel girone di ritorno), Cassano (talentuosissimo ma incostante, intemperante e per questo spesso fuori dal giro della Nazionale), infine Insigne (un virtuoso che la porta però la vede proprio poco: 3 gol appena…). Insomma, non sono convinto e lo dichiaro prima, a costo d’essere smentito (speriamo!).

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Sergio Gessi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)