Al ristorante ci vado di rado. Niente palestra: colpa della pigrizia. Al cinema quando c’è qualcosa di veramente imperdibile.
Non sono insomma tra i più colpiti dall’ultime draconiane disposizioni governative. Ma capisco bene la “rabbia popolare” che sta montando nelle piazze d’Italia.
Il governo Conte – me la prendo con questo perché è in carica, sapendo che con Salvini e Meloni sarebbe molto peggio – ha dormito tutta estate e si è trovato del tutto impreparato di fronte alla recrudescenza del Covid-19. L’esempio più chiaro riguarda il trasporto pubblico, là dove il contagio era in agguato e dove solo oggi si stanziano milioni per nuovi autobus. Per non dire dei ritardi sulla organizzazione per la riapertura in sicurezza delle scuole.
Ma veniamo ad oggi. Il governo su una cosa non lesina: il Dpcm del 24 ottobre sostituisce quello del 18 ottobre, che a sua volta integrava e modificava quello del 13 ottobre.
Ristoranti, bar, palestre, cinema, teatri, concerti, iniziative pubbliche… erano già state oggetto di disposizioni utili al distanziamento sociale e alla messa in sicurezza. Erano norme precise, dure ma unanimemente seguite da gestori e clienti. Lo dimostrano la scarsità delle sanzioni irrorate. Misure che limitavano le attività, che costavano denari per mettersi in regola, ma che consentivano comunque di ‘tirare avanti’ in attesa di tempi migliori.
Tutto si basava sulla responsabilità, il senso civico, la prudenza dei cittadini. Alle forze di polizia spettavano i controlli e l’intervento dove si registravano assembramenti. Tutto sommato la cosa stava funzionando.
Con il ‘giro di vite’ del 24 ottobre tutte queste attività vengono colpite al cuore. “Non siamo gli untori”, gridano giustamente i ristoratori, costretti a chiudere le serrande alle 18,00. La domanda sorge spontanea: perché una cena (in sicurezza) al ristorante dovrebbe essere più pericoloso di un pranzo? E che succede di così grave dopo le 18,00, quando le persone si spostano con mezzi propri e non con i trasporti pubblici? In paesi europei con più contagi dell’Italia i divieti e il coprifuoco scattano alle 23,00.
Incomincio a pensare che il governo sia in preda alla confusione, forse allo spavento. Con le ultime disposizioni, invece di puntare sulla responsabilità individuale e sociale, oltre che ai necessari controlli, sceglie la strada dei divieti e delle chiusure di cui non si intuisce la ragione. E con conseguenze gravissime per un bel pezzo dell’economia.
Fatto sta che il disagio, la fatica di tutti questi mesi, si sta trasformando in dissenso, in protesta, anche in rabbia. Le manifestazioni di questi giorni – a Napoli come a Torino – saranno in alcuni casi infiltrate da mafie e gruppi estremisti, ma raccolgono ed esprimono la frustrazione e la rabbia di moltissimi cittadini. E sarà difficile fermarle.
Su questa rabbia occorre riflettere. Abbandonare la strada della responsabilità non è solo un errore ma può generare mostri.
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Francesco Monini
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