Rompere la criminale inerzia: i soldi per il risanamento ambientale si devono trovare
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Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha invocato un “Piano Marshall” per intervenire contro le calamità naturali in tutte le regioni. Il deputato Ermete Realacci (Pd) presidente della Commissione Ambiente della Camera, ha chiesto “un’inversione di rotta nelle politiche del governo e delle istituzioni” rispetto alla “manutenzione del territorio, alla messa in sicurezza ed alla qualificazione del patrimonio edilizio esistente”, ricordando che la Commissione da lui presieduta ha chiesto all’unanimità di “stanziare almeno 500 milioni annui per la difesa del suolo, ben più dei soli 30 milioni previsti allo scopo nella legge di stabilità per il 2014”. L’Anbi, l’associazione nazionale delle bonifiche, ha presentato da tempo al governo un piano di salvaguardia dell’assetto idraulico italiano, senza aver avuto alcuna risposta.
Secondo Giampiero Maracchi, ordinario di climatologia all’Università di Firenze, negli ultimi 15 anni l’intensità delle piogge è aumentata fino a 9 volte rispetto al trentennio precedente, a causa del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta. Gli allagamenti le frane e le inondazioni in ogni parte del Paese, dal Piemonte alla Sicilia passando per Roma sono sotto gli occhi di tutti. Fanno paura i fiumi, i torrenti, persino fossati che d’estate sono secchi. Le nevicate nelle zone alpine non sono mai state così copiose come quest’anno. I danni sono ingenti, i disagi per migliaia di persone sono enormi.
L’Italia frana. Il nostro Paese è uno “sfasciume pendulo sul mare”, per ripetere ancora una volta la definizione dell’illustre meridionalista Giustino Fortunato (1848 – 1932). Ma ad ogni evento calamitoso, dopo gli interventi di primo soccorso, segue una spaventosa lentezza nelle opere di prevenzione, nel risanamento delle ferite del territorio, nel cambiamento delle norme edilizie, nel risarcimento dei danni. Ai drammi seguono il silenzio e l’inerzia.
Siamo di fronte ad un conclamato allarme ambientale ed a fenomeni estremi che ogni volta che accadono costano vite umane, distruzioni ambientali e miliardi di euro. Allora si smetta di dire che lo Stato non ha soldi per intervenire. I soldi si devono trovare. Per tener puliti gli alvei dei fiumi e controllarne le arginature. Per assicurare difese idrauliche stabili dove sono necessarie. Vietando e perseguendo con estrema severità gli interventi e gli insediamenti edilizi nelle zone di rispetto. Costruendo le opere infrastrutturali che decine di piani, documenti, progetti hanno già previsto, calcolato, misurato e quantificato economicamente. Imponendo, con una legislazione d’urgenza, che i lavori e le opere di tutela territoriale siano considerati socialmente utili, utilizzando anche in maniera straordinaria, che so, i cassintegrati, le persone in mobilità, persino i detenuti, con gli opportuni controlli. E così via, creando tra l’altro lavoro per decine di imprese.
Si può fare? No: si deve fare. Attendere ancora sarebbe criminale.
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Franco Stefani
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