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RiunioneChiunque lavori in gruppo, che si tratti di aziende, redazioni o attività commerciali, si è confrontato con la questione “riunioni”. Tavoli di discussioni che iniziano e non finiscono mai, colleghi e collaboratori che intervengono a sproposito, che escono dal seminato, dall’oggetto della riunione, interlocutori che si perdono a parlare a sé stessi. Si passano ore in interminabili e inutili riunioni e spesso non si perde troppo tempo a chiedersi come migliorarle. Qualche tempo fa, il Wall Street Journal ha pubblicato una ricerca secondo la quale gli amministratori delegati passano circa 17 ore la settimana in riunioni, i senior manager in media 23 e i middle manager 11. Questi ultimi indicano poi che la metà delle riunioni è improduttiva e che almeno il 25% di esse può essere sostituita da una telefonata o da una nota-memo. Se si fanno poi quattro calcoli in termini di costo-lavoro orario di manager impegnati, si possono arrivare a cifre molto alte per il tempo speso. Nemmeno il digitale ha aiutato, recentemente. Tavoli affollati, molte videoconferenze con partecipanti non richiesti e crollo del tasso di attenzione (con molti che mandano messaggi email o sms).

Ma quali sono i difetti e i sintomi di una riunione male organizzata? Solitamente si tratta di mancanza di un obiettivo specifico o di preparazione anche in termini di organizzazione del processo della discussione, che non vada aldilà di agenda e tempi, di rinvio delle decisioni a tempi migliori (o ad altre riunioni…), di scarso livello di partecipazione, di predominanza da parte delle personalità più forti, di frammentazione e creazione di sotto-comitati e sotto-gruppi decisionali, di mancanza di follow up effettivo dei risultati degli incontri precedenti, di errore nella definizioni dei tempi di durata (quanto tempo è davvero necessario?), di una riunione dopo l’altra … Ci si domanda perché molti restino in ufficio fino a tardi, caso tipico della realtà italiana. Anche per questo. Spesso ci si ferma a pensare e lavorare dopo incontri fiume che hanno occupato gran parte della giornata. Bisogna essere più sintetici e incisivi, oltre a prendere decisioni rapide e che permettano di avanzare. Ma come? Si è scritto molto sul tema, anche se credo che il buon senso sia sempre il migliore maestro.

1007558_1423319621_riunioneSi deve cercare di chiarire subito la reale necessità della riunione, il suo scopo, il risultato che si vuole ottenere, comprendere che essa fa parte del processo di business (e in quanto tale contribuire effettivamente al processo decisionale) e non rappresenta solo un momento per sedersi attorno a un tavolo e discutere, discutere e ancora discutere… Utile poi utilizzare varie tecniche, metodi, processo e strumenti che coinvolgano attivamente gli interlocutori, creare appuntamenti “creativi” dove si possa immaginare e partecipare. Anche qui va instillata energia, coinvolgimento attivo che porti a una decisione condivisa, in tempi ragionevolmente rapidi. Chi conduce la riunione deve essere energizzante, non noioso e ripetitivo, capace di adattare il linguaggio all’interlocutore e alle sue esigenze. Soprattutto rapido e conciso. Così Toyota ha proposto d’incontrarsi in piedi per focalizzare gli obiettivi più importanti della giornata, Ford ha ridotto da cinque a una giornata al mese il tempo speso negli incontri tra manager, General Electric punta al risparmio dimostrando quanti soldi si perdono con quell’inutile confabulare. Secondo alcuni consulenti aziendali l’antidoto sarebbe quello di preventivamente valutare il peso economico: calcolare la spesa della riunione significa considerare l’impegno orario dei partecipanti, i costi per gli spostamenti e il ritorno economico finale. E allora? Punta su una formula nuova l’American Express dove la maggior parte delle decisioni strategiche non avvengono in sala riunioni ma durante incontri informali. Per questo si è investito su spazi comuni, di collaborazione, focus room e aree di concentrazione che stimolano di più rispetto al tavolo. Nei nuovi uffici di Roma più del 50% degli spazi è dedicato ad aree informali. Cool, direbbero i più giovani.

Vedremo se questa nuova idea possa aiutare, in Italia rischia di diventare un ulteriore e altro boomerang, un’arma a doppio taglio. Ci piace così tanto chiacchierare…

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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