Riscaldamento globale o cambiamento climatico?
L’importanza del framing
Tempo di lettura: < 1 minuto
Siamo nel 2002, George W. Bush è arrivato da un anno alla Casa Bianca e ha un problema: come minimizzare la questione ambientale.
Il riscaldamento globale era stato infatti al centro della campagna elettorale del suo sfidante, Al Gore, e anche se era stato sconfitto, il tema si era ormai radicato nel discorso pubblico.
È quindi il momento di entrare in azione per il mago delle parole Frank Luntz. Repubblicano, consulente politico e di comunicazione, maestro del framing. Si tratta dell’azione di creare frame, ovvero cornici mentali cariche di significato che inquadrano i concetti; il formato nel quale ci viene presentata una determinata informazione incide sulle nostre decisioni. Una volta inoculata la cornice nel discorso pubblico, essa sarà il nuovo “campo di gioco”.
L’idea geniale di Luntz è la seguente: il Presidente, i suoi collaboratori e, con l’effetto domino, anche chi è politicamente più distante non dovranno parlare di “riscaldamento globale”, bensì di “cambiamento climatico”.
L’espressione “riscaldamento globale” richiama immediatamente il nocciolo del problema: la temperatura globale si sta alzando, ciò porta e porterà a disastri naturali, l’essere umano è responsabile. Parte della strategia infatti è deresponsabilizzare l’uomo, facendo leva sulle incertezze scientifiche (per quanto invece esista un generale consenso da parte della comunità scientifica).
Al contrario, l’espressione “cambiamento climatico” è apparentemente neutra e, come ha notato il linguista George Lakoff, la parola “clima” è capace di suscitare alla mente qualcosa di piacevole, come una spiaggia o delle palme al mare.
Sostieni periscopio!
Vittoria Barolo
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it